Ci sono gli immancabili transgender, ma quelli ormai fanno parte del paesaggio. Al Santarcangelo Festival quest’anno c’è molto, molto di più. Per gli stomaci più adattabili c’è persino una sirenetta. O meglio: un sirenetto con tanto di pinna caudale con la quale lanciare messaggi all’insegna del che male c’è. E poi c’è l’attrattiva dell’ecosex. Che cos’è? E’ nientemeno che provare orgasmi con la natura, cioè con gli alberi e i gli arbusti. Ma come si farà mai? Se siete curiosi potete andare a scoprirlo fino al 16 luglio al festival della cittadina romagnola che quest’anno può vantare, tra le tante anche una collaborazione d’eccezione.
La parrocchia di San Michele Arcangelo infatti risulta tra i collaboratori della ricca performance, per aver prestato il salone parrocchiale per uno degli spettacoli, per la verità il più “normale”, anche se l’aggettivo in questo caravanserraglio dell’assurdo dove compaiono anche i pornoterroristi!, risulta alquanto inappropriato. Sì, proprio la parrocchia che ha nella sua effige il più forte degli angeli buoni che sconfigge il drago. Lui, che solitamente era abituato a sagre a base di piadine e salamelle e magari qualche processione in giro per il paese, dovrà quest’anno sorbirsi le astruse performance di artisti travestiti da sirenette o innamorati fino all’eccitazione di una quercia. Il tutto ovviamente nel segno della gender equality o della gender philosophy o della gender vattelapesca.
A dare fuoco alle polveri ci ha pensato un giovane consigliere comunale, Matteo Montevecchi, che, per nulla intimorito di avere di fronte il sindaco e il parroco, ha iniziato a fare due conti e a denunciare la cosa.
“800 mila euro spesi da Comune, Regione e Stato per una serie di iniziative oscene che di artistico non hanno niente. E il parroco che non trova neppure l’occasione per scusarsi”. Il sindaco, Pd, minaccia immancabilmente querela. Il riferimento al prete invece è a don Andrea Turchini che in un comunicato ufficiale si giustifica dicendo di avere prestato soltanto alcuni locali per far dormire i tecnici e un salone per la realizzazione degli spettacoli. Ma “è ovvio per tutti che la Parrocchia non viene né interpellata, né coinvolta nella definizione della linea culturale del Festival”, dice. Come si chiama? Concorso esterno in gender revolution?
O pilatismo del discernimento: “Non avevamo nessun desiderio di apparire tra i collaboratori – prosegue don Turchini – ma quando ci è stato proposto non ho trovato nulla in contrario in relazione a quanto offerto. Qualcuno lo considera inopportuno? Ci penseremo in vista di una prossima edizione e dopo un opportuno confronto, che potrà essere realizzato a Festival concluso, anche ad agosto, e anche in sede di Consiglio Pastorale”. Insomma, situazionismo spinto: c’è del male? “Sono stato impegnato e non ho guardato il programma”.
Inevitabile che oltre a Montevecchi anche altre compagini politiche locali iniziassero a borbottare, come ad esempio il Popolo della Famiglia di Rimini e a chiedere al parroco spiegazioni. I risultati sono questi.
E dire che bastava dare una veloce scorsa al programma per capire che una parrocchia non c’azzecca molto con travestiti, gender in tutte le salse e proposte sessuali che, non diciamo il Genesi, ma nemmeno la parrocchia più modernista che c’è in giro. Vediamone alcune: gli ecosessuali invitano a stimolare il superamento delle inibizioni. Leggiamo da Wikipedia e non dal direttorio romano: “la dendrofilia è una forma di feticismo che consiste nell'attrazione sessuale per gli alberi; essa può comportare il desiderio di congiungersi sessualmente, fisicamente, con gli alberi stessi, ovvero l'adorazione degli alberi come simboli fallici”.
Ma andiamo oltre. C’è un collettivo di estrema sinistra che si chiama Macao e che recentemente - denuncia il consigliere - ha organizzato un flash mob con una decina di attiviste che si sono presentate per la Festa della donna senza mutande, puntualmente mostrando le grazie.
E ancora: la compagnia Motus – ci informa sempre Montevecchi - fa propaganda gender. E poi c’è l’evento “Nonhumanity”, nella cui performance, tenuta a battesimo dall’ex ministro Cecile Kyenge, si supera il confine tra essere umano e animale
Oggi è in programma dall’ideatore di “Hacker Porn Film Festival” una conferenza volta a “usare il porno per scardinare i limiti di genere tra i corpi”. Nel programma è presentato così: “Il consenso è una pratica che si sperimenta con la relazione. Quali sono i piaceri e i rischi quando entriamo in relazione con l’altro diverso da noi, a noi sconosciuto? Che sia un’orchidea, un corpo umano o un animale, è necessario un rapporto consensuale? In che modo si costruisce il consenso?”. Ricordiamocelo quando sfogliamo i carciofi.
Insomma, tutto è incentrato sul sesso vissuto con paranoia e fobia, quasi maniacale. C’è Cock, Cock… Who’s There? Che cos’è? “Il titolo è un gioco di parole tra il toc toc di chi bussa alla porta e un termine gergale inglese che si riferisce all’organo sessuale maschile: Samira ha esplorato in prima persona il mondo degli incontri con sconosciuti tramite diverse piattaforme online costruendo un viaggio che esamina e racconta rapporti di potere, forme di espressione sessuale, tentativi di relazione con gli uomini”.
Ah, quasi ci dimenticavamo: c’è anche il concerto di Baby Dee, performer transgender, ex organista di chiesa. Effettivamente il parroco avrà avuto un bel daffare perché a guardare nelle pieghe del programma di elementi critici se ne sarebbero trovati. Invece, il reverendo, ha pensato bene di limitarsi a rampognare il povero Montevecchi, che non avrebbe agito come un cattolico e avrebbe dovuto mettere in pratica la correzione fraterna e non spiattellare tutto sui giornali. Si dà il caso però che Montevecchi sia anche un consigliere comunale e debba rendere conto anche ai suoi elettori. Accidenti, sempre questa politica di mezzo a rovinare il clima fraterno
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