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domenica 18 marzo 2018


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Dal «Commento sul libro dei Numeri» di san Cirillo di Alessandria, vescovo.


Cristo fu la primizia di questo frumento, egli che da solo sfuggì alla maledizione, proprio quando per noi volle farsi maledizione. Anzi, egli vinse perfino la forza della corruzione, tornando da sé all’esistenza «libero fra i morti». Infatti risuscitò sgominando la morte; anzi ascese al Padre, come dono offerto quale primizia dell’umana natura, rinnovata nella incorruttibilità. «Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9,24). Che egli sia quel pane di vita disceso dal cielo; che inoltre rimetta i peccati e liberi gli uomini dalle loro trasgressioni offrendo se stesso a Dio Padre in soave odore, lo potrai ben capire se con gli occhi della mente lo consideri come quel vitello sacrificato e quel capro immolato per la colpa del popolo. Cristo infatti ha offerto la sua vita per noi, per cancellare i peccati del mondo. Perciò, come nel pane vediamo Cristo, vita e datore di vita, nel vitello lo vediamo immolato mentre di nuovo offre se stesso a Dio Padre in odore di soavità, e nella figura del capro lo contempliamo divenuto per noi peccato e vittima per i peccati, così possiamo anche considerarlo come un manipolo di frumento. Che ciò sia vero, lo spiegherò brevemente.
Il genere umano può essere paragonato al grano nel campo: nascendo dalla terra, in attesa della sua conveniente crescita è strappato via via dalla morte lungo il corso del tempo. Così disse Cristo stesso ai suoi discepoli: «Non dite voi: ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna» (Gv 4,35-36). Perciò coloro che vivono sulla terra sono giustamente da paragonarsi alla messe dei campi. Cristo, nascendo dalla santa Vergine, è sorto in mezzo a noi come una spiga di frumento. Egli stesso anzi, si definisce come un grano di frumento: «In verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Perciò egli si è fatto davanti al Padre come un anatema, o come qualcosa di consacrato e immolato per noi, simile a un manipolo di spighe, primizia della terra. Un’unica spiga, ma considerata non sola, bensì unita a tutti noi, che, come un manipolo formato da molte spighe, siamo un solo fascio.
Questo esempio è necessario al bene e al progresso delle anime e chiarisce la figura del mistero. Cristo Gesù infatti è uno solo, ma può essere considerato, ed è realmente, come un manipolo compatto di spighe, in quanto contiene in sé tutti i credenti, in una mirabile unità spirituale. Altrimenti perché il beato Paolo avrebbe scritto: «Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli» (Ef 2,6)? Essendo egli uno di noi, siamo diventati concorporei con lui e mediante la sua carne abbiamo ottenuto l’unione con lui. Per questo, egli stesso, in un altro punto, rivolge a Dio Padre queste parole: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17,21).

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