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lunedì 16 aprile 2018

La battaglia culturale e l’azione silenziosa


di Costanza Miriano
Per me Gaudete et exsultate è bellissima, è incoraggiante ed entusiasmante, è piena di spunti, densa ma semplice, un programma di vita impegnativo eppure allettante, insomma una misura alta della vita cristiana che mi fa venire voglia di mettercela tutta. Ci sono dei passaggi addirittura commoventi, e altri che mi hanno stupito per come traducono in parole cose che penso e che non mi ero mai chiarita. Ovviamente su pressoché tutti i punti devo lavorare, pur essendo preparatissima sulla teoria.
Vorrei però soffermarmi su una questione che mi ha provocato in particolare: intorno ai capitoli 100-105 il santo Padre parla del rischio che la nostra fede diventi un’ideologia, ciò che accade quando per difendere la vita dei non nati, si dimentica che è altrettanto sacra la vita dei poveri, che sono già nati. Mi sono chiesta se questo sia vero per me, e mi sono risposta che posso certo fare di più per i poveri, che possiamo, come famiglia, sicuramente imparare scelte ancora più sobrie, e fare molti passi avanti, in concreto. Credo che questo Papa sia per me occasione di conversione, e voglio ascoltarlo.
Vorrei anche spezzare una lancia a favore dei tanti amici che ho nel mondo pro life, e se io posso fare di più per i poveri, non posso dire lo stesso per loro. Ho amici che oltre a difendere la vita non nata, spendono concretamente la loro, e le loro risorse, per le madri in difficoltà, italiane e straniere, amici che danno parte dei loro averi ai poveri, che si giocano seriamente la vita su questo, persone che condividono in comunità risorse per le necessità di tutti. Vedo fiumi di carità scorrere intorno a me, spesso nel segreto. Amici che si tolgono non dico il pane di bocca – per fortuna nessuno muore di fame in Italia, neppure i barboni – ma il superfluo sì, quello se lo negano, o almeno il lusso. Sono gli stessi che poi magari marciano per la vita, Sentinelle in piedi o quelli del popolo del Family day.
Il punto è che per i poveri non serve fare una battaglia culturale rumorosa: la coscienza collettiva ha chiaro il principio che tutti hanno diritto a mangiare e a dormire al riparo. Ovviamente si tratta del principio. Che poi non lo si faccia sul serio è un dramma, davvero, e fa bene il Papa a provocarci continuamente all’azione, a me personalmente fa bene. Occorre continuare a dirlo, e occorre che noi ascoltiamo e che non dormiamo tranquilli. Occorre ragionare su come agire con intelligenza: penso sempre al buon samaritano, che è l’esempio massimo di carità citato da Gesù nel Vangelo, cioè qualcuno che si lascia provocare dalle circostanze, e che fa le cose in modo ordinato. Non annulla il suo viaggio, solo lo interrompe, e con i soldi guadagnati grazie alla sua attività paga qualcuno che si occupi dell’uomo ferito e bisognoso. Insomma: usare bene le nostre risorse e metterle in gioco quando la circostanza lo richiede. Nei nostri appartamenti spesso appena sufficienti per i nostri figli non possiamo accogliere il barbone, non è prudente né intelligente farlo, ma possiamo accompagnarlo nel ricovero più vicino – per esempio a Roma la Comunità di sant’Egidio distribuisce un libretto con gli indirizzi a cui portare le persone. Mi permetto di notare che ci sono un’infinità di strutture religiose vuote nelle nostre città: c’è un enorme seminario o collegio di qualche paese dell’est a pochi metri da casa mia, e tante volte coi bambini piccoli mi sono trovata a pensare che mi sarebbe piaciuto portarli a giocare in quei giardini. Adesso a volte penso che con le amiche sarebbe bello avere quei locali a disposizione e metterci a cucinare per i poveri, una sera per uno… Insomma anche la Chiesa potrebbe sicuramente fare di più, per quanto faccia già un fiume di bene sconosciuto ai più. Per fortuna, come dicevo, nel nostro paese nessuno muore di fame. Quanto a una vita più dignitosa della semplice sopravvivenza, lì è un po’ più difficile il primo aiuto, si tratta di cercare, muoversi, darsi da fare, e in quel caso a cercare sono spesso anche tanti italiani, non solo i migranti.
Però, come dicevo, su questo fronte non c’è nessuna battaglia culturale da fare, c’è da agire in concreto e da farlo molto di più. Ma il motivo per cui tanti di noi si sgolano a scrivere, manifestare, gridare in tutti i modi possibili sui temi della difesa della vita è che al contrario in Occidente l’aborto è un diritto, anzi, è considerato un progresso, un sinonimo di civiltà. Ci sono milioni di donne ferite, morte dentro, che camminano fra di noi, ingannate, senza che nessuno abbia mai detto loro la verità. Ci sono ospedali che assumono solo medici non obiettori, disposti a fare aborti. Centomila bambini all’anno vengono uccisi solo in Italia (mentre nessun povero muore di fame, ripeto). Siamo il paese al mondo che fa meno figli in assoluto. Della bellezza della sessualità vissuta secondo l’Humanae Vitae non parlano più manco i preti, senza contare che alcuni propongono la contraccezione, togliendo a tanti sposi la gioia e la bellezza. Ci sono sindaci che fanno rimuovere manifesti solo perché mostrano la foto di un feto a undici settimane (“potrebbe offendere chi ha abortito”: ma quelle donne sono già ferite dentro, dalla verità, non da una foto).
Le persone down vengono sterminate: in Italia quasi tutte, nei paesi scandinavi tutte. Spot che mostrano come anche loro possono essere felici vengono vietati. La gente che prega davanti alle cliniche viene arrestata. La diagnosi prenatale viene proposta a tutte le mamme, anche giovanissime, per “prevenire malattie del feto”, cioè per proporre alle madri di uccidere i loro figli come via più ragionevole. Ai bambini malati vengono sospese le cure, e ci sono corti di giustizia che sostengono queste scelte come “il miglior interesse”. L’eutanasia viene incoraggiata e promossa. La pillola del giorno dopo viene venduta senza obbligo di ricetta. Nelle scuole si va a insegnare la contraccezione ai nostri figli senza che noi ne siamo informati. Mentre la cultura dell’accoglienza e della cura del povero è un patrimonio comune e condiviso – ma certo, dobbiamo fare di più in concreto – la difesa della vita è un disvalore, un peso, un costo, un retaggio di una mentalità oscurantista e bigotta, e ci viene addirittura tolta la libertà di parola. È per questo che tanti di noi si sgolano per dire parole diverse da quelle del pensiero unico. Che poi tanti dei prolife facciano tanto, tantissimo anche per i poveri, io lo posso testimoniare. Solo che non finiscono sui giornali, perché “non sappia la tua destra…”

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