Con un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede di sabato 11 febbraio, la Segreteria di Stato vaticana ha reso noto che papa Francesco ha nominato l'Arcivescovo-Vescovo di Varsavia-Praga (diocesi che copre una parte del territorio di Varsavia, capitale della Polonia, corrispondente al quartiere “Praga”), mons. Henryk Hoser, quale inviato speciale del Papa a Medjugorje, la cittadina della Bosnia-Erzegovina croata dove, secondo la testimonianza di sei veggenti, la Vergine Maria appare quotidianamente dal 1981 con il titolo di Regina della pace.
Secondo quanto riporta il comunicato stampa, la missione di mons. Hoser «ha lo scopo di acquisire più approfondite conoscenze della situazione pastorale di quella realtà» e soprattutto «delle esigenze dei fedeli che vi giungono in pellegrinaggio» nonché «di suggerire eventuali iniziative pastorali per il futuro». Si prevede che il mandato di mons. Hoser sia completato entro la prossima estate, e nel frattempo il vescovo polacco continuerà a svolgere le funzioni di pastore della sua diocesi.
Va notato come, per la prima volta, una decisione ufficiale della Santa Sede esautori il vescovo di Mostar da una parte dei suoi poteri, e la questione dell’organizzazione della cura pastorale dei pellegrini venga affrontata e affidata a un'autorità direttamente nominata dalla Santa Sede e da essa dipendente.
Vale la pena tuttavia porsi alcune domande circa la reale portata della decisione del Papa, se cioè essa vada nella direzione di un primo riconoscimento, se non delle apparizioni in sé, almeno della bontà del fenomeno spirituale legato a Medjugorje, oppure preluda a una censura da parte della Santa Sede dello stesso fenomeno.
Non è facile prevedere le conseguenze di questa decisione. La Santa Sede, infatti, già dal tempo dei lavori della Commissione d’inchiesta istituita da papa Benedetto XVI e presieduta dal cardinale Camillo Ruini, segue da vicino la situazione pastorale a Medjugorje, e basterebbe attuare le proposte della Commissione medesima per risolvere molti problemi anche seri attualmente legati all’attività pastorale con i pellegrini che giungono nella cittadina dell’Erzegovina croata da tutto il mondo.
Secondo una nostra fonte vaticana solitamente bene informata, si tratterebbe di una decisione interlocutoria presa al solo scopo di smuovere in qualche modo una situazione di stallo e di incertezza che si trascinava ormai da troppo tempo. Ricordiamo che durante il volo di ritorno da Sarajevo, il 6 giugno 2015, papa Francesco aveva annunciato come imminente una decisione definitiva della Congregazione per la dottrina della fede sulla base dei risultati dei lavori della Commissione Ruini, decisione che tuttavia non c’è stata. E’ assai probabile quindi che la decisione di non decidere sia venuta dallo stesso papa Francesco.
L’attività dell’inviato speciale ora potrebbe aprire nuovi scenari, in quanto il Papa, informato direttamente da mons. Hoser sulla situazione in loco, potrebbe decidere autonomamente e non tenere conto delle proposte fatte dalla Commissione Ruini e dal giudizio complessivamente non negativo di quest’ultima sui fatti di Medjugorje.
Rimane ancora irrisolto il problema dello status giuridico da attribuire alla parrocchia di san Giacomo di Medjugorje, se dichiararla santuario, e se erigere una prelatura territoriale sul modello, ad esempio, dei santuari di Loreto e di Pompei, o staccarla dalla Diocesi di Mostar e unirla all’erigenda Diocesi di Trebinje-Mrkan, attualmente governata dal vescovo di Mostar-Duvno in qualità di Amministratore Apostolico, per la quale non si riesce a trovare alcun sacerdote croato disposto a guidarla (la diocesi è scarsamente appetibile, in quanto si troverebbe, per la quasi totalità, nel territorio appartenente alla Republika Srpska, l’entità territoriale serba della Bosnia, con una popolazione cattolica assai ridotta).
Vi è inoltre l’evidente scetticismo del Papa verso fenomeni mistici, apparizioni e rivelazioni private – lo scorso novembre ha ad esempio affermato che le rivelazioni private «sono come i fuochi d’artificio, che ti illuminano per un momento» e poi non rimarrebbe nulla, con esse «non c’è crescita, non c’è luce, non c’è niente: un istante». Dall’altra parte, nel prendere una decisione, egli non può non tenere conto dei frutti molto positivi di conversione, della portata mondiale del fenomeno, nonché della già forte irritazione dei cattolici croati per la sua decisione di rinviare sine die la canonizzazione del beato cardinale Alojzije Stepinac, con l’artificio della creazione di una commissione storica mista cattolico-ortodossa che indaghi sulla figura del beato arcivescovo di Zagabria.
Lo stesso comunicato della Santa Sede sulla missione di mons. Hoser rivela come tale incarico sia a tempo determinato e di brevissima durata – solamente fino all’estate di quest’anno – ed è improbabile che nel giro di pochi mesi si possano trovare soluzioni ai problemi provocati dal disinteresse ormai più che trentennale degli ordinari di Mostar con riferimento alla cura pastorale dei pellegrini. Per mons. Ratko Peric, attuale vescovo di Mostar, e per il suo predecessore, ora defunto, mons. Pavao Zanic, fortemente scettici nei confronti del fenomeno delle apparizioni, era come se i pellegrini non esistessero.
Va inoltre ricordato che la missione di mons. Hoser riguarda esclusivamente l’organizzazione della cura pastorale ai pellegrini, e non tocca il potere giurisdizionale del vescovo di Mostar, così che la sua circolare con la quale quest’ultimo ha stabilito che i divorziati e risposati che non vivono in continenza assoluta non possono accostarsi ai sacramenti (vedi qui l’articolo della Nuova Bussola Quotidiana a tale proposito, mentre qui è il documento originale in croato) rimane valida e vincolante per tutti i sacerdoti che si recano in pellegrinaggio nella cittadina dell’Erzegovina.
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