L’espressione "vita eterna" non significa
la vita che viene dopo la morte,
mentre la vita attuale è appunto passeggera e non una vita eterna.
"Vita eterna" significa la vita stessa,
la vita vera,
che può essere vissuta anche nel tempo
e che poi non viene più contestata dalla morte fisica.
È ciò che interessa:
abbracciare già fin d’ora la "vita",
la vita vera,
che non può più essere distrutta da niente e da nessuno.
J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, volume II
SUL GOLGOTA PER VEDERE IL GIORNO DI CRISTO RISORTO NELLA NOSTRA VITA
L’espressione "vita eterna" non significa
la vita che viene dopo la morte,
la vita che viene dopo la morte,
mentre la vita attuale è appunto passeggera e non una vita eterna.
"Vita eterna" significa la vita stessa,
la vita vera,
la vita vera,
che può essere vissuta anche nel tempo
e che poi non viene più contestata dalla morte fisica.
È ciò che interessa:
abbracciare già fin d’ora la "vita",
la vita vera,
abbracciare già fin d’ora la "vita",
la vita vera,
che non può più essere distrutta da niente e da nessuno.
J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, volume II
Il sacrificio di Isacco in un'antica pergamena islamica |
Chagall. Il sacrificio di Isacco |
Come ad Abramo, ci manca l'esperienza decisiva dell'amore pieno e incondizionato, frutto della notte oscura della fede, la più dura, l'unica nella quale si può "vedere" la luce della Pasqua che cancella per sempre la morte nel giorno eterno del Messia Gesù. La notte del Moria, nella quale Dio ha condotto Abramo quando gli ha chiesto di sacrificare Isacco. Mamma mia che crudeltà... Può Dio chiedere una cosa del genere? "Chi si crede di essere?" potremmo dire, come i giudei fecero con Gesù. E lo chiediamo eccome, e per questo vediamo ancora morte nella nostra vita. Ma coraggio, proprio oggi e in questi giorni che ci separano dalla Pasqua, possiamo fare la stessa esperienza di Abramo, e "vedere il giorno di Gesù”. Appoggiamoci alla Chiesa, confessiamo la nostra superbia, e cominciamo ad obbedire, a salire il Moria dove offrire a Dio il nostro Isacco. Tu sai che cos'è. Forse la tua speranza di guarire, o il desiderio di trovare lavoro. Prendi quello che ami, a cui tieni di più, che desideri più intensamente, e deponilo sull'altare. Lascia a Dio la tua vita "custodendo" la sua promessa che non vedrai più la morte. Perché così accadrà, come ha sperimentato Abramo, che ha imparato a “sorvegliare, proteggere, amare” la Parola e per questo ha riavuto Isacco. Quella relazione nuova e libera purificava il suo sguardo per vedere l'amore di Dio e non più la morte della paura, della gelosia, dell'affetto morboso. Dopo l’intervento dell’angelo, infatti, Abramo, secondo il Targum, ha chiamato quel luogo: "Qui il Signore fu visto". Al culmine dell'angoscia Abramo ha visto che "Dio è favorevole", ha visto il giorno di Cristo in quel giorno che doveva essere di morte. Ma era Abramo, per me è impossibile... Sì, è impossibile ma non a Dio che lo rende possibile nella sua Chiesa. In essa possiamo ascoltare e "custodire" la sua Parola che illumina i fatti e, chiamandoci, ci indica come e dove offrirci alla sua volontà. Mentre nelle celebrazioni facciamo memoria dell'amore che Dio ha sempre ha avuto per noi, e con la forza dei sacramenti possiamo balbettare il desiderio di obbedire, possiamo a poco a poco abbandonarci alla sua fedeltà. "Prima che Abramo fosse", infatti, prima del nostro matrimonio, dei figli, del lavoro, del nostro carattere e dei nostri difetti, del nostro corpo, "prima" ancora che peccassimo e di subire quell'ingiustizia, Gesù è "Io sono", ovvero amore incondizionato per ciascuno di noi. E se ci ha amato "prima" non ci amerà ora, e domani, e sempre, donandoci la sua vita immortale proprio dove e quando la morte ci fa più paura?
Nessun commento:
Posta un commento