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martedì 23 aprile 2019


Omelia di S.E. Mons. Mauro Parmeggiani alla S.Messa del Giorno di Pasqua



pasqua 3Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Domenica 21 aprile 2019

Carissimi fratelli e sorelle,
questa notte la Chiesa, dopo la celebrazione del Venerdì Santo e il silenzio del Sabato Santo si è riempita di luce, è ritornato il canto dell’Alleluia poiché Cristo è Risorto!
Anche questa mattina desideriamo celebrare questo passaggio dal buio alla luce, dalla disperazione alla speranza che nasce dalla certezza della fede in Cristo risorto, primizia di ciò che spetterà anche a noi dopo la morte: la vita eterna, la risurrezione dell’anima e del corpo, la partecipazione alla sua vittoria sulla morte.
Anche il Vangelo di stamattina parte da una situazione di buio.
Gesù era morto sulla croce in quel Venerdì Santo che apriva il grande Sabato di Pasqua. Era morto verso il tramonto del sole e i corpi degli uccisi non dovevano stare in mostra per non rovinare la festa ebraica della Pasqua che ricordava il passaggio del popolo eletto dalla schiavitù in Egitto alla libertà nella Terra promessa. Così fu sepolto in fretta, senza gli onori e le unzioni rituali.
I suoi discepoli erano nascosti. Solo il filo dell’amore tipico delle donne univa ancora alcune di loro e Maria di Magdala, quella da cui Gesù aveva cacciato sette demoni, e il discepolo amato – Giovanni –.
E così, quando era ancora buio – buio perché non era ancora sorto il sole della domenica dopo quel grande sabato di festa, ma anche buio perché non era sorta ancora la speranza che sarebbe venuta dal riconoscere i segni della sua risurrezione in anima e corpo – Maria di Magdala va al sepolcro con il coraggio tipico delle donne davanti alle difficoltà. E se le altre donne andarono per ungere il corpo di Gesù e completare i riti di sepoltura, di lei non si dice, probabilmente andò solo per amore, un amore purissimo, grato perché Gesù aveva ridato un senso alla sua vita e desiderava rivederlo di nuovo prima che la corruzione della morte lo rendesse irriconoscibile. Il buio non è soltanto esteriore ma per lei è anche interiore, è nel suo cuore triste, triste a causa della tristezza della sua non-fede, della sua incapacità di ricordare in quel momento quanto Lui aveva predetto ossia che il terzo giorno sarebbe risuscitato.
Va, dunque, e nel buio vede “che la pietra era stata tolta dal sepolcro”.
Smarrita pensa subito che abbiano rubato il corpo di Gesù e corre allora dagli altri discepoli rinchiusi ancora nella paura e annuncia: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”.
In quel giardino dove era il sepolcro di Gesù sarà poi consolata. Avrà la gioia di sentirsi chiamata per nome mentre in un angolo piangerà per la morte del suo Maestro, mentre ancora in ricerca di Colui che il suo cuore sapeva non la avrebbe abbandonata, l’ha trovata e per primo ha preso l’iniziativa di cercarla chiamandola: “Maria!”.
E così mossi dalle parole di Maria, Pietro, il primo degli Apostoli, colui al quale Gesù avrebbe affidato la sua Chiesa e Giovanni, il discepolo prediletto da Gesù, partono per il sepolcro. Giovanni corre. L’amore fa correre. Giunge per primo al sepolcro. Chinatosi vide le bende per terra ma per rispetto dell’autorità e dell’anzianità dà la precedenza a Pietro nell’entrare. Pietro allora entrò nel sepolcro e osservò le bende che avvolgevano il corpo di Gesù per terra e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende ma piegato, in un luogo a parte. Anche Pietro osserva tutto con attenzione ma rimane senza parole e senza spiegazione, ancora immerso nelle tenebre dell’incredulità.
“Allora entrò anche l’altro discepolo – Giovanni, quello che Gesù amava –, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”.
Cosa ha visto per credere? Nulla di particolare se non una assenza che, riempita dall’amore, diventa per lui evocatrice di una Presenza. Del resto Gesù lo aveva detto: “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (gv 14,21) e così in questo legame di amore che unisce Giovanni a Gesù, il discepolo amato inizia ad intuire e a lasciar spazio nel proprio animo alla novità compiuta da Dio.
Ma non basta! Potrebbe essere sentimento, suggestione, desiderio di vedere ciò che uno vorrebbe ma non è più possibile vedere.
A quel segno per credere nel Risorto occorre credere a quanto testimoniano di Lui le Scritture. Dalla Pasqua verrà lo Spirito Santo, il Risorto tornato al Padre manderà lo Spirito affinché sia data l’intelligenza della Scrittura nella quale tutto si riferiva al Risorto. L’amore, la comprensione in profondità della Scrittura, insieme alle apparizioni del Risorto che ascolteremo narrarci dai Vangeli di stasera e nei prossimi giorni – penso ai discepoli di Emmaus, ai dodici riuniti una settimana dopo la Pasqua quando Gesù farà addirittura toccare le sue piaghe gloriose e il suo costato all’incredulo Tommaso, quando venendo sulle acque si fermerà sulla spiaggia a mangiare pane e pesce con i suoi … ci conducono alla fede nella risurrezione. Ci conducono a dire credo che Gesù Cristo ha vinto sulla morte, ha ingoiato per sempre il suo pungiglione ed è qui che si gioca lo specifico cristiano.
San Paolo ha scritto: “Se Gesù Cristo non è risorto, vana allora è la nostra fede … e i cristiani sono da compiangere più di tutti gli uomini” (cfr 1Cor 15,17.19).
Questo è il senso della grande festa di Pasqua.
Ora, noi, domandiamoci se crediamo che Lui è risuscitato?
Spesso nei momenti di buio della vita non lo andiamo a cercare, ci disperiamo e avviliamo. Non è forse perché non crediamo che sia risorto veramente? Non è forse perché non leggendo più le Scritture o leggendole ben poco non riusciamo a comprendere ciò che caso mai desidereremmo, ossia che fosse veramente Risorto?
La grande solennità della Pasqua ci invita a leggere le Scritture e a credere che il Figlio di Dio non poteva rimanere in dominio della morte. Ci invita a credere che quel Dio che in Gesù ha assunto un pezzettino della nostra umanità l’ha voluta portare in una dimensione eterna affinché tutta la nostra umanità dopo di Lui, che è la primizia, raggiunga la stessa dimensione di eternità: prima con l’anima e poi con il corpo, che sarà diverso da quello attuale ma anche esso, come tutta la creazione, sarà redento in Lui.
Se questo è vero noi dobbiamo camminare come con gli occhi uno rivolto verso l’alto e l’altro verso il basso. Quello verso l’alto perché come ci detto Paolo scrivendo ai Colossesi essendo anche noi risorti con Cristo perché aderendo a Lui nella fede battesimale anche a noi spetta la risurrezione, allora dobbiamo sempre cercare le cose di lassù, cercare la Sua volontà per praticarla e vivere da Risorti.
Ma poi, l’altro occhio, dobbiamo rivolgerlo verso il basso. Come Pietro nella prima lettura, con coraggio, a questo mondo a cui piacciono più le tenebre che la luce, dobbiamo – obbedendo al Risorto e non agli uomini – annunciare e testimoniare che egli, cioè il Risorto, è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. È entrato in quella dimensione dove la morte è vinta per sempre e da quella dimensione ci protegge, continua ad amarci, a volerci salvi dal peccato e dalla morte terrena.
A noi, oggi, spetta soltanto di credere per ricevere il perdono dei peccati per mezzo del suo nome.
Credere e come Pietro e tutta la Chiesa annunciare che ormai sepolti con Cristo nel Battesimo anche noi appariremo con Lui nella gloria.
È l’annuncio bello di questa giornata piena di luce pasquale, è l’annuncio che siamo chiamati a dare anche oggi non solo con le parole ma d’ora in poi con la vita che insieme a Risorto è chiamata a vincere e può vincere il buio di tanti egoismi, invidie, indifferenze, soprusi, intolleranze, inimicizie con l’amore che sgorgato dalla croce Cristo ci comunica con la sua Pasqua perché dopo essere passati grazie al Battesimo dalla schiavitù del peccato e della morte alla libertà portiamo altri fratelli e sorelle – a cominciare dai più vicini – alla libertà che soltanto Lui è stato capace ed è capace di realizzare pienamente per noi. Li portiamo alla vita con noi, alla gioia di vivere e di sperare!
Buona Pasqua a tutti!

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina

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