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mercoledì 3 aprile 2019


Mistero dei misteri,
che introduce dentro i misteri,
Lui ha messo in mano nostra 
la sua speranza eterna e noi, peccatori 
non metteremo la nostra debole speranza nelle
sue eterne mani?


C. Peguy

LA VOCE CHE CI RESUSCITA CHE LA CHIESA CI ANNUNCIA OGNI GIORNO



Gesù aveva appena guarito un paralitico, suscitando però in coloro che Giovanni chiama "Giudei", ovvero il gruppo forte tra i capi che hanno rifiutato Gesù come Messia, prima lo sdegno e poi un desiderio crescente di “ucciderlo”. Ma come, uno fa del bene e lo vogliono far fuori? Sì, è così, perché in quell’Uomo capace di compiere l’impossibile si nascondeva una pretesa inaccettabile alla superbia del demonio: “chiamare Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”. Eh no, questa è proprio la falsa promessa con la quale lui seduce gli uomini. Ne ha i diritti d'autore, Gesù entra a gamba tesa nel suo business di
anime, regalando il prodotto che lui finge di vendere al prezzo salatissimo dell'anima degli acquirenti, rifilando però a tutti il solito "pacco" vuoto... Gesù gli rovina il mercato rubandogli uno ad uno i clienti, smascherando e menzogne di satana con la gratuità del suo amore che li ricrea a immagine e somiglianza di Dio. E lo fa gettando la luce della risurrezione su "Shabbat", il giorno che aveva rivelato come "kairos", momento favorevole per compiere la salvezza. "Era giunto il momento" e in esso e di fronte ad esso il cuore di ciascuno era scrutato come ai raggi di una radiografia. L'amore autentico, infatti, attira il rancore, l'invidia, la gelosia, il marciume che s'annida nell'intimo dell'uomo schiavo del demonio per il quale tutto si risolve in una partita di dare e avere. E non c'è nulla da stupirsi se, tra marito e moglie, spesso accade proprio così; o se i figli, invece della gratitudine, presentano impietosi il conto per i difetti dei genitori. E' ovvio, perché quando è gratuito, l'amore mette a nudo la superbia; come la guarigione del paralitico era un’evidente “opera” divina che smascherava il cuore di quei giudei ostili a Gesù. Finché ciò non accade l'uomo vecchio non può riconoscere i suoi peccati per accogliere la Parola di perdono. Il paralitico non aveva fatto nulla, il suo male era evidente, non poteva nasconderlo. Lui il sabato lo osservava ogni giorno… Non poteva fare nulla, dipendeva completamente da qualcuno che lo prendesse in braccio e lo accompagnasse alla piscina. Sino a quel sabato speciale che compiva ogni altro suo sabato, dando senso a ogni istante speso sul lettuccio dell’impotenza. In quel sabato, infatti, il Buon Pastore era finalmente giunto alla “Porta delle pecore”, chiusa da trentotto anni. E’ entrato, ha guardato quell’uomo, gli ha "fatto udire la sua voce", e lui, che non poteva sperare in nessuno, ha "ascoltato" e si è visto risuscitato e condotto fuori dalla schiavitù. E tu ed io, abbiamo davvero bisogno di "ascoltare la voce" di Gesù che "risuscita i morti" o no? Accettiamo di essere dei paralitici incapaci di camminare nella volontà di Dio espressa dalla sua Legge oppure ci sentiamo a posto giudicando il mondo responsabile dei nostri fallimenti e delle nostre sofferenze? Amiamo Dio con tutto il tuo cuore, tutta la tua mente e tutte le tue forze, e il prossimo come noi stessi oppure seguiamo ancora i nostri criteri e in ogni pensiero e gesto cerchiamo la nostra gloria? Coraggio, è finalmente "giunto" anche per noi, come accadde a Lazzaro, "il momento" di "ascoltare la voce" di Gesù che ci trasmette la Chiesa. Siamo morti obbligati a vivere in un sabato di riposo forzato contro cui stiamo lottando orgogliosamente. Accettiamolo, è per i nostri peccati che la vita ci sfugge nella frustrazione. Gesù ci parla oggi dinanzi alla lapide che fu di Lazzaro e che oggi è quella che ha chiuso un matrimonio, un'amicizia o qualsiasi relazione, perché “il Padre gli manifesta tutto quello che fa... e opere più grandi" che sta per compiere con la tua famiglia, con tuo figlio caduto nella droga, nella tua malattia, nella disoccupazione, nella solitudine della vecchiaia. Sì, coraggio, perché "proprio" in questo tuo sabato di fallimenti mentre Gesù ti chiama per nome per liberarti dal peccato, il Padre già sta compiendo la sua opera. Il Signore, infatti, “non può far nulla se non quello che ha visto fare dal Padre” quando, calato inerme nel sepolcro, è stato ridestato alla vita dalla Parola d’amore del Padre. Guarendo quel paralitico Gesù stava compiendo profeticamente il suo Mistero Pasquale, dando senso e pienezza ad ogni Shabbat. Non era dunque Lui a “violarlo”, ma quei giudei, che, nella loro arrogante superbia, ne avevano pervertito lo spirito al punto di “giudicare” Dio in suo nome, e “uccidere” suo Figlio che osservava il sabato colmandolo del suo amore. Ma proprio in questo paradosso malvagio si celava il mistero che ci ha salvato: originando l'ostilità contro Gesù, il miracolo coglieva il suo obiettivo. La guarigione del paralitico, infatti, era stata solo un pretesto profetico che annunciava l’amore del Padre offerto gratuitamente nella Croce del Figlio. Come è accaduto per ogni nostro rifiuto opposto all'amore di Dio, sino ad oggi. 



Se la Chiesa ti annuncia che Cristo è risorto e in Lui sei già perdonato, lo fa perché Lui è già sceso nel tuo sepolcro e ora è accanto a te per farti udire la sua "voce". La Chiesa, infatti, deve parlare le parole di Gesù perché esiste solo per risuscitare i morti, per accendere la Pasqua nella storia. Se tace o diluisce le sue parole in quelle mondane frustra la volontà di Dio e tradisce gli uomini lasciandoli nei sepolcri. Se la Chiesa smette di credere nella forza della predicazione non le resta che portare fiori ai cimiteri, "opere" buone e pie per carità, ma semplicemente umane, e per questo incapaci di chiamare fuori gli uomini dalle tombe. Cristo risorto, invece, ha inviato il suo Corpo sino agli estremi confini della terra, alle nostre "periferie esistenziali" per ricrearci nel suo amore e inviarci in famiglia, a scuola, al lavoro, a far “udire la voce del Figlio di Dio”, perché “quelli che l’ascolteranno e crederanno al Padre che l’ha mandato, passino dalla morte alla vita”. C’è una missione più grande? Parlare ai morti per risuscitarli; annunciare il Vangelo per salvare un matrimonio, per salvare tuo figlio, tuo cugino, ogni uomo! Oggi è il “giudizio”, perché ovunque è predicata la Buona Notizia si anticipa quello dell’ultimo giorno. Oggi tutti possono “udire la sua voce e uscire dai sepolcri” per una risurrezione di vita o di condanna. Abbiamo fatto "il bene"? Rendiamo grazie a Dio che lo ha compiuto in noi. Abbiamo fatto "il male"? Sì, "sempre". Coraggio! Siamo ancora in tempo per ascoltare e uscire dal peccato e consegnare la nostra condanna a Colui che ha “il potere di giudicare", perché non ci condanni nell’ultimo giorno. Lui ci “giudica” oggi con "il potere di dare la vita", perché è un potere che "mette in crisi" la morte, secondo l'etimologia del verbo "giudicare". Gesù, con il Padre e per conto del Padre, ha giudicato la morte, condannandola a restituire quelli che aveva imprigionato. Anche la Chiesa ha "il potere di giudicare" con viscere di misericordia e ridare vita al cuore più indurito che non vuole perdonare, perché ha imparato dal suo Signore a "non far nulla da se stessa"; non si avvita su superbe alchimie psicologiche, su poveri e limitati ricorsi umani e piani pastorali; fa solo quello che vede fare al suo Sposo. Con la Chiesa, siamo chiamati in questa Quaresima a non disperare di fronte alle situazioni più difficili, per giudicare noi stessi e gli altri con il giudizio di Dio. Non dobbiamo inventare nulla, perché la misericordia non è genialità, ma viscere umili che accolgono l'altro così com'è. E questo si impara solo "copiando" Cristo, ovvero sperimentando ogni giorno il suo amore per donarlo agli altri. Finiamola di escogitare stratagemmi con i quali difendiamo il nostro uomo vecchio, e "ascoltiamo" Lui, sino a lasciarci crocifiggere nella sua mitezza e nella sua umiltà, per "compiere la volontà del Padre e non la nostra"; così ogni uomo, vedendo il Figlio vivo  che "opera" nei suoi apostoli, potrà "onorare Lui e il Padre" accogliendo la sua Parola; per Dio, infatti, non c'è onore più grande di un peccatore strappato al demonio e alla morte

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