10 AGOSTO. SAN LORENZO, DIACONO E MARTIRE
Come nessun uomo buono lo è solo per se stesso e la sapienza di un sapiente non giova a lui solo, così ogni virtù autentica ha questa proprietà: che chi la possiede in grado luminoso può ritrarre molti dalle tenebre dell’errore; nessun esempio quindi è più utile per istruire il popolo di Dio quanto quello dei martiri. L’eloquenza può facilmente perorare una causa, la ragione può riuscire a persuadere, ma gli esempi restano sempre più efficaci e più forti delle parole; e vale molto più insegnare con le opere che coi discorsi.
Ora, in questo eccellente genere di insegnamento, come risplende bene per dignità e gloria il beato Lorenzo la cui passione rende illustre questo giorno! I suoi stessi persecutori lo poterono constatare, quando la sua meravigliosa forza d’animo, attinta all’amore di Cristo come a suo principio, non solo non cedette, ma servì a fortificare anche gli altri con l’esempio della sua pazienza.
Il furore delle autorità pagane infieriva contro le membra più elette del corpo di Cristo e ricercava soprattutto coloro che appartenevano all’ordine sacerdotale. Fu allora che l’empio persecutore si accese d’ira contro il levita Lorenzo, il quale esercitava funzioni preminenti non solo nell’amministrazione dei sacramenti, ma anche in quella dei beni della Chiesa. Egli si riprometteva un doppio guadagno dall’arresto di un tal uomo: se infatti fosse riuscito ad avere da lui la consegna dei beni ecclesiastici, lo avrebbe anche facilmente allontanato dalla vera religione.
Perciò il persecutore, avido di denaro e nemico della verità, è armato di doppia passione: di avarizia per strappargli il denaro e di empietà per distaccarlo dal Cristo. Al custode incorrotto del sacro tesoro chiede la consegna dei beni della Chiesa, dei quali era avidissimo. Ma il santo levita, mostrandogli dove li aveva riposti, gli presentò una turba innumerevole di cristiani poveri, per il cui vitto e vestito aveva speso quelle ricchezze inalienabili, le quali apparivano tanto più integralmente conservate, in quanto più santamente spese.
Il predone, deluso nelle sue brame e pieno di odio contro quella religione che aveva insegnato un tale impiego delle ricchezze, tenta di attaccare un tesoro ben più prezioso: cerca, cioè, di sottrarre a colui dal quale non aveva potuto ricavare alcun vantaggio in denaro, quel deposito che lo rendeva più santamente ricco.
Ordina dunque a Lorenzo di rinnegare Cristo e si prepara a vincere con crudeli supplizi quella incrollabile fortezza d’animo del levita.
Rallegriamoci dunque, carissimi, di gioia tutta spirituale e, considerando la fine di questo illustre eroe, gloriamoci nel Signore «mirabile nei suoi santi» (Sal 67,36 Volg.), che li ha costituiti nostri protettori e modelli.
Egli ha voluto manifestare la sua gloria in tutto l’universo, di modo che dal sorgere del sole al suo tramonto risplenda la fama dei suoi ministri e, come Gerusalemme è stata glorificata da Stefano, così anche Roma lo sia per merito di Lorenzo.
Dalla sua preghiera e dal suo patrocinio, confidiamo sempre di essere soccorsi e, poiché secondo le parole dell’Apostolo «tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù, saranno perseguitati» (2Tm 3,12), procuriamo di fortificarci con lo spirito di carità e di armarci con una fede solida e costante per superare tutte le prove.
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
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