CON GLI OCCHI DI MARIA PER VEDERE IL CIELO IN OGNI EVENTO DELLA NOSTRA VITA
Tutto di Maria era, da sempre, per il suo Figlio, e così tutto di Lui è stato per Lei. Maria ha offerto tutta se stessa per dare la vita terrena al suo Figlio, ed Egli ha donato a Lei la Vita immortale. “Questo è il nucleo della nostra fede nell’Assunzione: noi crediamo che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, in anima e corpo” (Benedetto XVI). Ma non si tratta di un dogma solo perché proclamato da Pio XII il 1° novembre del 1950. In quel giorno il Papa ha sigillato la fede e l’esperienza viva e incontrovertibile della Chiesa. Essa crede e annuncia ciò che sperimenta quotidianamente: Cristo è risorto ed è asceso al Cielo e da lì ha donato alla Chiesa il suo Spirito. Da quel giorno la vita della Chiesa, come il corpo e l’anima di Maria, è “assunta” in Cielo: pur camminando nella storia essa vive la vita di Cristo. I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono, da allora, i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo che annunciano il Vangelo; ma sono anchei passidegli eventi e delle persone che, guardati con gli occhi di fede di Maria, ogni giorno ci abbracciano in un saluto che rivela l’autentico progetto di Dio: “Io so i pensieri che medito per voi, pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (Ger. 29,11). Per esperienza i cristiani, nella moglie, nel marito, nei figli e colleghi, anche quando si fanno nemici e tolgono la vita, sanno discernere l’ “avvenire” celeste che li attende; con ferma “speranza” possono allora consegnarsi alla croce e alla morte del proprio “io” che l’amore suppone, nella certezza che, proprio dove il mondo non può resistere e divorzia, abortisce, trascina in tribunale e scatena guerre, vi è deposta la Vita che non muore. La fede di Maria, infatti, attesta che in loro accadrà quello che Lei ha sperimentato: la “beatitudine” per aver creduto alla predicazione e la “benedizione tra tutte le donne” e gli uomini per la fede che vince il mondo; la “benedizione” di vivere per Gesù, il “frutto del loro grembo”; donando la propria carne a Lui nell’amore, la vedranno trasfigurata e incorruttibile in Cielo, del quale sono una primizia i momenti più difficili, i roveti ardenti nei quali vivono, come Maria, senza che il fuoco delle passioni li consumi. Così anche noi siamo chiamati ad annunciare che il Cielo esiste: attraverso la debolezza della nostra carne, evidente nella scontrosità del carattere, nelle nevrosi e nelle insicurezze, anche nelle ferite inferte dai peccati rese gloriose dal sangue di Cristo, dalle quali la sua luce filtra e illumina i luoghi e i tempi della nostra vita. Essa ha già conosciuto il riscatto dalla tirannia della superbia, non attende futuri che non si realizzeranno mai – società civili senza macchia, con politici onesti, giudici giusti, banche solidali, famiglie senza tensioni. Il Cielo, infatti, si affaccia sulla terra in coloro che, nella Chiesa, imparano a vivere come Maria, umile perché felice della sua realtà, l’unica possibile dove Dio compie l’impossibile. Maria è nostra Madre e i nostri occhi assomigliano ai suoi, disegnati per vedere Dio in ogni istante
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