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venerdì 20 agosto 2021

 




Omelia alla Santa Messa dei primi vespri nella Solennità di Sant’Agapito martire

Palestrina, Piazza Regina Margherita, Martedì 17 agosto 2021

Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti, diaconi, consacrate, fratelli e sorelle nel Signore!

Celebriamo la Santa Messa rendendo grazie a Dio per aver dato alla nostra Chiesa un Santo Patrono del tenore di Agapito: giovane e martire!

Tanto spesso parliamo male dei giovani e invece Agapito ce li fa rivalutare, ce li deve far rivalutare!

Di nobile famiglia prenestina del III secolo dopo Cristo, fu inviato a Roma per studiare il diritto romano e lì aderì alle prime comunità cristiane dell’Urbe. Non dobbiamo certo pensare a una Chiesa di Roma come è la nostra – strutturata, istituzionalizzata … – ma aderì a quelle comunità di giudei attratti dal cristianesimo che anche grazie alla predicazione di Pietro iniziarono a leggere insieme la Parola di Dio, a celebrare insieme l’Eucaristia, a fare la carità tra i propri membri e ai poveri che incontravano e che per la loro fedeltà al Vangelo divenivano attraenti e capaci di aggregare anche i pagani.

Era una Chiesa costituita da piccole comunità – quella dei tempi di Agapito –, dove non esistevano certo le Parrocchie ma dove si seguiva l’insegnamento degli Apostoli, dove ci si riferiva a Gesù e si aderiva a Lui: morto e risorto per la salvezza di tutti coloro che lo accoglievano!

Una Chiesa piccola ma che dava fastidio perché metteva in crisi l’economia del Pantheon. Come in altre città ove sorgevano grandi templi a dèi pagani, intorno a tali templi l’Imperatore – in questo caso Aureliano – avevano fatto sorgere grandi commerci e vedevano la nuova religione cristiana come qualcosa di pericoloso, che avrebbe potuto nuocere all’economia cittadina.

Agapito fu così invitato a lasciare la sua religione come molti altri cristiani, soprattutto giovani, proprio per evitare che tale nuova religione proveniente dall’Oriente si potesse diffondere. Agapito si oppose e preferendo seguire il Signore, rinnegò se stesso, i suoi interessi personali. Sentiva che Gesù lo amava, aveva donato per lui la sua vita sulla croce e Agapito sentiva che non poteva non seguirlo, non ri-amarlo. Agapito era un giovane e come i giovani estremamente libero. Libero di rinunciare ad ogni altro amore pur di non distaccarsi dall’amore di Dio. Fu così perseguitato e più volte messo a morte ma sempre passò illeso davanti ad ogni tipo di persecuzione. Da Aureliano fu mandato nuovamente nell’antica nostra Preneste con la speranza che lo splendore del Tempio della dea Fortuna lo attraesse più di Cristo. Ma la sua fede fu forte. Come Cristo accettò la Croce, rinnegò tutto ciò che appare vita ma non lo è perché felicità fatua, di un momento. Scelse di perdersi per Cristo, di perdersi nel Suo amore infinito optando per l’Amore che non ha fine con la morte e, senza vergogna, fu fedele a Cristo fino a quando, poco fuori dalla nostra città, fu martirizzato a soli 15 anni!

Agapito divenne così per noi ed è per noi anche oggi prezioso riflesso di Cristo Giovane che risplende ma non per farci ripetere ogni anno sterili tradizioni ma per stimolarci e farci uscire dalla sonnolenza che anche noi cristiani del XXI secolo abbiamo. Nell’Esortazione Apostolica post sinodale Christus vivit scritta da Papa Francesco il 25 marzo 2019 dopo la celebrazione di un Sinodo dei Vescovi sui giovani, il Papa dice: “molti giovani santi hanno fatto risplendere i lineamenti dell’età giovanile in tutta la loro bellezza e sono stati nella loro epoca veri profeti di cambiamento; il loro esempio mostra di che cosa siano capaci i giovani quando si aprono all’incontro con Cristo” (CV, 49). E il Papa continua: “Attraverso la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico. Il balsamo della santità generata dalla vita buona di tanti giovani può curare le ferite della Chiesa e del mondo, riportarci a quella pienezza dell’amore a cui da sempre siamo stati chiamati: i giovani santi ci spingono a ritornare al nostro primo amore (cfr Ap 2,4). Ci sono santi che non hanno conosciuto la vita adulta e ci hanno lasciato la testimonianza di un altro modo di vivere la giovinezza …”. Agapito è stato uno di questi ma tanti altri, forse meno conosciuti, nell’anonimato e pur con le loro fragilità vivono la santità.

Permettete di ricordare qui il nostro giovanissimo Willy Monteiro che lo scorso anno, il 6 settembre, per sedare una rissa, per difendere un suo amico non esitò a perdere la vita. Probabilmente anche Willy che non è mio compito beatificare non era perfetto, anche nel suo cuore, grano e zizzania crescevano insieme come nel cuore di tutti. Ma aveva conosciuto Cristo, era cresciuto nell’Azione Cattolica di Paliano, i genitori gli avevano trasmesso la fede. E così il buono che c’era in lui, nel momento della difficoltà di un amico, è emerso: ha amato!

Ma come lui sono convinto che tanti, tantissimi altri giovani sono capaci di bene, di bello, di giusto, di buono, di autentico … sono capaci di Dio e con Gesù sono capaci di perdere se stessi per dare la vita per gli altri.

La maggioranza di noi qui presenti, stasera, è di adulti.

Vorrei allora invitarvi a guardare i giovani con più misericordia, a dar loro maggiore fiducia, a coinvolgerli maggiormente nelle nostre comunità ecclesiali e civili. I giovani sono capaci di cose grandi e belle!

Non omologhiamoli in un “sono ormai irraggiungibili” … “non credono più …”, “sono perduti” … ma piuttosto domandiamoci: “come li ascoltiamo?”, “come ci rapportiamo con loro?” A volte ci lasciamo intimorire dalla loro fisicità, dai loro tatuaggi, dai loro modi strani di vestirsi, dai loro linguaggi, dagli errori che alcuni di loro fanno – anche grossi – e pensiamo che tutti siano solo violenza, telefonini, droga, alcool? Perché non proviamo a vincere la paura del contatto con loro? Perché non riapriamo tutti e a tutto campo un dialogo con loro fatto non tanto di lezioni ripetute, di richiesta che partecipino ai nostri gruppi parrocchiali che a volte sentono lontani dal loro vissuto reale, e non li ascoltiamo?

“Un giovane – sono sempre parole di Papa Francesco – non può essere scoraggiato, la sua caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo, saper accettare proposte impegnative e voler dare il meglio di sé per costruire qualcosa di migliore”.

Cari fratelli e sorelle, non rubiamo loro allora la speranza! Non impediamo loro di sperare un mondo migliore, più giusto, più fraterno, più autenticamente cristiano!

A voi adulti, sacerdoti, insegnanti, uomini e donne delle istituzioni chiedo di rispettare i giovani nella loro libertà e nello stesso tempo di accompagnarli. Tale richiesta la rivolgo ancor più forte alle famiglie ed auspico che pastorale giovanile e pastorale famigliare nella nostra diocesi camminino sempre più insieme fin dagli anni in cui i ragazzi si avvicinano alla comunità cristiana per ricevere i sacramenti.

Come chiedevano i giovani stessi durante il Sinodo dei Vescovi su di loro e con loro, auspico che tutti trovino accompagnatori che siano cristiani fedeli impegnati nella Chiesa e nel mondo, in continua ricerca della santità, che si facciano loro confidenti che non giudicano; che ascoltino i veri bisogni dei giovani e siano capaci di dar loro risposte adeguate per farli sentire amati e capaci quindi di prendere consapevolezza di sé. Per questo ogni educatore sia consapevole dei propri limiti e si presenti loro non come uno che sta su un piedistallo dal quale, se caso mai dovesse crollare, produrrà effetti devastanti sui giovani stessi, ma si presenti loro come un uomo che non vuole seguaci passivi ma si pone al loro fianco in un cammino teso ad educare tutti a far uscire allo scoperto il bene che ciascuno porta in sé, quel bene che Dio ha messo nel cuore di ciascuno e che si chiama Cristo Gesù! Che dobbiamo annunciare non tanto e non solo con le prediche ma soprattutto con la vita donata per Cristo e quindi anche per i fratelli.

E infine ai giovani, sia ai presenti che agli assenti, sia ai credenti che a quanti sono nel dubbio o nell’indifferenza vorrei dire stasera che la Chiesa vuole loro bene, che desideriamo il loro bene, la realizzazione dei loro sogni, di quella speranza che non devono farsi rubare dal mondo adulto!

Che questa festa di Sant’Agapito segni l’inizio di un rapporto nuovo tra giovani e adulti, giovani e istituzioni, giovani e Chiesa. Un rapporto fatto di ospitalità e di proposta di quella fede alla quale Agapito aderì probabilmente perché fuori da ogni schema religioso precostituito, da ogni schema che chiede ciò che non è essenziale: lasciarsi amare da un Dio che si perde nella morte per noi per risorgere affinché lasciandoci amare anche noi diveniamo capaci di amore, di donare la vita per amore Suo e dei fratelli e così costruire una nuova civiltà: la civiltà dell’amore! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palest

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