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domenica 3 maggio 2015

Cinque (più una) buone ragioni per marciare per la vita

di Tommaso Scandroglio                            03-05-2015
La Marcia per la Vita di RomaDomenica 10 maggio a Roma si svolgerà la V edizione della Marcia per la Vita (su questo sito tutte le informazioni necessarie per partecipare: www.marciaperlavita.it). Altre benemerite iniziative – ricordiamo tra le molte la marcia di Biella e Palermo – chiamano a raccolta credenti e non da tutta Italia per difendere la vita, dal momento in cui l’essere umano viene a esistenza al momento in cui la sua parabola terrena si conclude in modo naturale. Ma di certo la Marcia per la Vita di Roma rappresenta un unicum sia per numero di partecipanti – parecchie migliaia – sia per l’eco massmediatico che suscita, sia per il suo carattere internazionale, sia per la capacità di coinvolgere anche il mondo ecclesiale ai più alti livelli.
Ma perché si marcia? I motivi sono molteplici. In primo luogo occorre suscitare un sano rigetto nell’italiano medio verso aborto, eutanasia, fecondazione artificiale. Tutti strumenti di morte venduti al popolino come conquiste civili. Il primo maggio scorso il Corriere della Sera scriveva che la decisione di tenere un bambino oppure no oggi non è più un problema: «in un’ottica laica il problema non si pone: la scelta spetta alla donna». L’aborto non è più un problema. Se prima della 194 l’aborto era un reato, nei primi anni dal varo di questa norma veniva considerato come un’eccezione da tollerare in alcuni casi, negli anni successivi come un fatto né buono né cattivo – in sé neutro moralmente – ed oggi addirittura un
diritto. Da delitto a diritto. La marcia serve anche per strattonare le coscienze assopite e svegliarle per ricordare che l’aborto, nella sua semplice e crudele evidenza, è un omicidio. Il processo di assorbimento di aborto, fecondazione artificiale e contraccezione ha da tempo ormai gettato centinaia di milioni di bambini mai nati nella discarica dell’indifferenza. La marcia vuole quindi essere un grido lanciato al Cielo e alla coscienza collettiva.
La marcia vuole poi ricordare che l’aborto è il crimine morale peggiore sulla faccia della terra: perché viene perpetrato sul più indifeso degli indifesi – il nascituro – perché commesso da chi per natura è chiamata per prima a difendere suo figlio – la madre – perché il fenomeno è numericamente impressionante – perché riceve l’avvallo della legge praticamente in tutte le parti del mondo, perché, come accennato, ormai il cuore e la mente di moltissime persone si sono assuefatte a questo delitto. Si marcia anche per dimostrare che il popolo della vita esiste, combatte, non si rassegna e non è minoranza. Sarà minoranza nei Parlamenti, nelle università, nei circoli culturali, nei gangli economici dove scorrono fiumi di denaro e di potere, ma può non essere minoranza nel tessuto civile. Ha solo bisogno di occasioni come queste e di pastori e uomini di cultura coraggiosi per essere guidato. É una foresta che aspetta solamente di crescere forte e rigogliosa.
Si marcerà dunque anche per gli stessi partecipanti che saranno confortati nel vedere che il piccolo gregge non è poi così piccolo, per rafforzarsi nei propositi operativi, per non rassegnarsi. Domenica prossima si marcerà anche per condannare le leggi ingiuste, come la 194 e la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e per condannare alcune interpretazioni profondamente erronee di queste norme sposate non di rado anche in casa cattolica. Interpretazioni che suggeriscono di applicare meglio la 194 e la legge 40 perché in tal modo, paradossalmente, aborto e Fivet scompariranno; che plaudono a queste leggi perché mali minori; che indicano la strada del compromesso come principio etico da seguire perché – così si dice – la morale è una cosa la politica è un’altra. Ecco il percorso della marcia si guarderà bene dal seguire questa strada.
Il credente poi marcerà anche perché ogni passo sia come una richiesta di grazia a Dio perché illumini il cuore degli uomini affinché questi possano comprendere una verità che a ricordarla – per citare il cardinale di Bologna Carlo Caffarra – vien quasi da piangere: che lì nella pancia della mamma c’è un bambino.

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