Era nell’aria da tempo, i contatti tra i diversi gruppi pro-family andavano avanti già da molti mesi: da una parte l’esigenza di un popolo di rendersi presente per riaffermare il diritto alla propria presenza nella società, dall’altra il timore di non avere i mezzi per mobilitare un numero consistente di persone o magari il timore del “fuoco amico”.
Ma alla fine, di fronte alla minaccia che grava sulla nostra società e all’accelerazione impressa dalla maggioranza di governo, gli indugi sono stati rotti. E il pomeriggio del 20 giugno a Roma sono convocate tutte le famiglie italiane per una grande manfiestazione che ha lo scopo di affermare con chiarezza il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre.
Il tutto avviene mentre il Parlamento inizia la discussione sul ddl Cirinnà che intende legittimare le unioni civili tra persone dello stesso sesso (in sostanza il matrimonio con un altro nome); mentre è già stato inserito un emendamento nella riforma della “Buona Scuola” per favorire l’introduzione della teoria gender che si completerebbe con l’approvazione del ddl
Fedeli che renderebbe obbligatorio l’insegnamento della teoria del gender dall’asilo all’università; e mentre è sempre pronto a riprendere l’iter il ddl Scalfarotto contro l’omofobia, che chiuderebbe definitivamente la bocca a chi volesse ancora affermare che la famiglia è soltanto una, quella naturale: fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
La decisione definitiva di passare alla fase operativa è stata presa nei giorni scorsi a Roma durante un incontro cui hanno partecipato tante diverse associazioni, movimenti e singole personalità, per assicurare il più ampio consenso possibile – e relativa mobilitazione – per la manifestazione. Il luogo prescelto è piazza San Giovanni a cui si dovrebbe giungere (ma questo è ancora in fase di elaborazione) dopo una marcia per le vie della capitale. Nelle intenzioni del comitato organizzatore dovrà essere un grande momento di festa, senza alcuna connotazione religiosa e senza sigle di associazioni e movimenti. Il modello è la Manif pour Tous francese, anche se il pensiero va al Family Day del 2007 che riuscì nell’intento di bloccare i DI.CO proposti dai ministri Bindi e Pollastrini del governo Prodi.
Ma rispetto a otto anni fa molte cose sono cambiate e se allora i vescovi italiani ebbero un ruolo fondamentale nella convocazione della manifestazione e nella mobilitazione, il “Family Pride” del 20 giugno è frutto solo della responsabilità dei laici e delle famiglie, fortemente preoccupate per la rivoluzione antropologica in atto e per il tentativo di espropriare il loro diritto-dovere all’educazione dei figli. Peraltro rispetto al 2007 c’è una parte del mondo cattolico che ha manifestato la propria contrarietà, preoccupata del “muro contro muro”. Preoccupazione bizzarra visto che le famiglie scendono in piazza non per attaccare nessuno ma per rispondere con la propria presenza a un’aggressione senza precedenti che vorrebbe cancellarne l’identità.
Probabilmente certe titubanze hanno a che fare anche con la divisione ai vertici dell’episcopato sul giudizio da dare a un raduno simile. Indiscrezioni dicono che a vedere di buon occhio la manifestazione è il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco; certa è invece la contrarietà del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino che lo ha ribadito più volte nelle interviste di questi ultimi mesi. Addirittura Galantino, intervenendo a Rai 3 nel programma di Fabio Fazio e Massimo Gramellini venerdì sera (clicca qui), si è espresso a favore del riconoscimento da parte dello Stato delle relazioni stabili tra persone dello stesso sesso («i sacrosanti diritti che hanno gli individui che chiedono di unirsi nelle unioni civili», li ha definiti).
E anche fra i politici cattolici le idee non sono molto chiare (o forse lo sono fin troppo) come è per quelli che militano nel Pd: in una intervista di pochi giorni fa, l’europarlamentare Patrizia Toia (clicca qui), considerata esponente di punta dei cattolici democratici, ha giudicato il ddl Cirinnà «abbastanza equilibrato» e ritenuto prematuro concedere l’adozione alle coppie omosessuali ma solo per l’arretratezza della cultura italiana su questo aspetto, in quanto «i gay possono essere ottimi genitori». E poi c’è qualcuno che sostiene che le battaglie per la famiglia e per i diritti dei bambini ad avere un padre e una madre si possono vincere solo stando nel Pd a fianco dei cattolici che ci sono già.
Ma alla fine, di fronte alla minaccia che grava sulla nostra società e all’accelerazione impressa dalla maggioranza di governo, gli indugi sono stati rotti. E il pomeriggio del 20 giugno a Roma sono convocate tutte le famiglie italiane per una grande manfiestazione che ha lo scopo di affermare con chiarezza il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre.
Il tutto avviene mentre il Parlamento inizia la discussione sul ddl Cirinnà che intende legittimare le unioni civili tra persone dello stesso sesso (in sostanza il matrimonio con un altro nome); mentre è già stato inserito un emendamento nella riforma della “Buona Scuola” per favorire l’introduzione della teoria gender che si completerebbe con l’approvazione del ddl
Fedeli che renderebbe obbligatorio l’insegnamento della teoria del gender dall’asilo all’università; e mentre è sempre pronto a riprendere l’iter il ddl Scalfarotto contro l’omofobia, che chiuderebbe definitivamente la bocca a chi volesse ancora affermare che la famiglia è soltanto una, quella naturale: fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
La decisione definitiva di passare alla fase operativa è stata presa nei giorni scorsi a Roma durante un incontro cui hanno partecipato tante diverse associazioni, movimenti e singole personalità, per assicurare il più ampio consenso possibile – e relativa mobilitazione – per la manifestazione. Il luogo prescelto è piazza San Giovanni a cui si dovrebbe giungere (ma questo è ancora in fase di elaborazione) dopo una marcia per le vie della capitale. Nelle intenzioni del comitato organizzatore dovrà essere un grande momento di festa, senza alcuna connotazione religiosa e senza sigle di associazioni e movimenti. Il modello è la Manif pour Tous francese, anche se il pensiero va al Family Day del 2007 che riuscì nell’intento di bloccare i DI.CO proposti dai ministri Bindi e Pollastrini del governo Prodi.
Ma rispetto a otto anni fa molte cose sono cambiate e se allora i vescovi italiani ebbero un ruolo fondamentale nella convocazione della manifestazione e nella mobilitazione, il “Family Pride” del 20 giugno è frutto solo della responsabilità dei laici e delle famiglie, fortemente preoccupate per la rivoluzione antropologica in atto e per il tentativo di espropriare il loro diritto-dovere all’educazione dei figli. Peraltro rispetto al 2007 c’è una parte del mondo cattolico che ha manifestato la propria contrarietà, preoccupata del “muro contro muro”. Preoccupazione bizzarra visto che le famiglie scendono in piazza non per attaccare nessuno ma per rispondere con la propria presenza a un’aggressione senza precedenti che vorrebbe cancellarne l’identità.
Probabilmente certe titubanze hanno a che fare anche con la divisione ai vertici dell’episcopato sul giudizio da dare a un raduno simile. Indiscrezioni dicono che a vedere di buon occhio la manifestazione è il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco; certa è invece la contrarietà del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino che lo ha ribadito più volte nelle interviste di questi ultimi mesi. Addirittura Galantino, intervenendo a Rai 3 nel programma di Fabio Fazio e Massimo Gramellini venerdì sera (clicca qui), si è espresso a favore del riconoscimento da parte dello Stato delle relazioni stabili tra persone dello stesso sesso («i sacrosanti diritti che hanno gli individui che chiedono di unirsi nelle unioni civili», li ha definiti).
E anche fra i politici cattolici le idee non sono molto chiare (o forse lo sono fin troppo) come è per quelli che militano nel Pd: in una intervista di pochi giorni fa, l’europarlamentare Patrizia Toia (clicca qui), considerata esponente di punta dei cattolici democratici, ha giudicato il ddl Cirinnà «abbastanza equilibrato» e ritenuto prematuro concedere l’adozione alle coppie omosessuali ma solo per l’arretratezza della cultura italiana su questo aspetto, in quanto «i gay possono essere ottimi genitori». E poi c’è qualcuno che sostiene che le battaglie per la famiglia e per i diritti dei bambini ad avere un padre e una madre si possono vincere solo stando nel Pd a fianco dei cattolici che ci sono già.
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