Il 6 giugno 1453 a Torino avvenne un miracolo. Il mulo su cui era stata caricata la refurtiva sottratta ad Exilles da truppe francesi, che avevano saccheggiato anche la chiesetta locale trafugando il Santissimo, si fermò davanti alla parrocchia di San Silvestro rifiutandosi di proseguire. L’ostia non cadde a terra, ma si librò nell’aria davanti allo sguardo meravigliato dei presenti fino a che, deposta in un calice, fu portata trionfalmente in Duomo. I Torinesi decisero di erigere un tempio la dove si compì l’evento prodigioso.
Dapprima si costruì una piccola cappella, disegnata dal maestro Matteo Sanmicheli a partire dal 1529. L’edificio fu distrutto all’inizio del secolo successivo per far posto all’attuale basilica, la cui origine è anche correlata ad un voto fatto dalla comunità di Torino durante un’epidemia di peste, come ricorda l’iscrizione in facciata. Ascanio Vittozzi fu l’architetto prescelto da Carlo Emanuele I di Savoia, che già ne utilizzava i servigi in qualità di ingegnere militare. La prima pietra fu posta nel 1607 alla presenza, dunque, del Duca e delle più alte cariche cittadine.
Ad Amedeo di Castellamonte spetta la realizzazione dell’imponente facciata la cui superficie è mossa da pilastri e colonne, che sorreggono la trabeazione, e animata da personaggi biblici quali Elia, Melchisedec, Mosè, Sansone, realizzati in stile barocco nella seconda metà del XVIII secolo. Gli episodi di cui singolarmente sono protagonisti sottolineano
l’importanza del pane quale elemento salvifico. Lo spazio interno è a una sola navata lungo cui si sviluppano sei cappelle. Il marmoreo altare maggiore è opera tardo seicentesca dell’architetto del Palazzo comunale, Francesco Laffranchi, mentre Bartolomeo Garavoglia firmò il dipinto, posto sopra il tabernacolo, con il racconto del miracolo. L’ esecuzione della pregevole ara segnò l’inizio di una campagna decorativa che arricchì di marmi rossi e neri le pareti della chiesa. A tali preziosi ornamenti si aggiunsero, in occasione del trecentesimo anniversario del miracolo, gli stucchi e le dorature di Benedetto Alfieri. Di lì a poco, nel 1769, la chiesa del Corpus Domini sarebbe stata solennemente consacrata.
Altri artisti si adoperarono, successivamente, per accrescere la bellezza dello spazio sacro: Luigi Vacca, nel corso dell’Ottocento, realizzò gli affreschi della volta, ribadendovi la storia del miracolo eucaristico, soggetto che ricorre anche nei quadri della sacrestia ad opera di Pietro Domenico Oliviero. Alla chiesa, proclamata Basilica Minore da Papa Pio XI nel 1928, sono legate le vite di alcuni dei santi più importanti della città. Giuseppe Benedetto Cottolengo, canonico del Corpus Domini, proprio qui, nel 1827, ricevette la chiara vocazione a costruire ospedali per accogliere e prendersi cura degli ammalati più poveri.
Dapprima si costruì una piccola cappella, disegnata dal maestro Matteo Sanmicheli a partire dal 1529. L’edificio fu distrutto all’inizio del secolo successivo per far posto all’attuale basilica, la cui origine è anche correlata ad un voto fatto dalla comunità di Torino durante un’epidemia di peste, come ricorda l’iscrizione in facciata. Ascanio Vittozzi fu l’architetto prescelto da Carlo Emanuele I di Savoia, che già ne utilizzava i servigi in qualità di ingegnere militare. La prima pietra fu posta nel 1607 alla presenza, dunque, del Duca e delle più alte cariche cittadine.
Ad Amedeo di Castellamonte spetta la realizzazione dell’imponente facciata la cui superficie è mossa da pilastri e colonne, che sorreggono la trabeazione, e animata da personaggi biblici quali Elia, Melchisedec, Mosè, Sansone, realizzati in stile barocco nella seconda metà del XVIII secolo. Gli episodi di cui singolarmente sono protagonisti sottolineano
l’importanza del pane quale elemento salvifico. Lo spazio interno è a una sola navata lungo cui si sviluppano sei cappelle. Il marmoreo altare maggiore è opera tardo seicentesca dell’architetto del Palazzo comunale, Francesco Laffranchi, mentre Bartolomeo Garavoglia firmò il dipinto, posto sopra il tabernacolo, con il racconto del miracolo. L’ esecuzione della pregevole ara segnò l’inizio di una campagna decorativa che arricchì di marmi rossi e neri le pareti della chiesa. A tali preziosi ornamenti si aggiunsero, in occasione del trecentesimo anniversario del miracolo, gli stucchi e le dorature di Benedetto Alfieri. Di lì a poco, nel 1769, la chiesa del Corpus Domini sarebbe stata solennemente consacrata.
Altri artisti si adoperarono, successivamente, per accrescere la bellezza dello spazio sacro: Luigi Vacca, nel corso dell’Ottocento, realizzò gli affreschi della volta, ribadendovi la storia del miracolo eucaristico, soggetto che ricorre anche nei quadri della sacrestia ad opera di Pietro Domenico Oliviero. Alla chiesa, proclamata Basilica Minore da Papa Pio XI nel 1928, sono legate le vite di alcuni dei santi più importanti della città. Giuseppe Benedetto Cottolengo, canonico del Corpus Domini, proprio qui, nel 1827, ricevette la chiara vocazione a costruire ospedali per accogliere e prendersi cura degli ammalati più poveri.
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