Abolire la bandiera confederata, porre limiti al possesso di armi, lanciare programmi educativi contro le discriminazioni razziali … sono tante le ricette promosse dal governo federale americano, soprattutto da quando c’è Barack Obama per ridurre il livello di violenza. Che nelle città americane, nonostante un sensibile miglioramento, resta alto, a livelli inquietanti.
A Chicago, nel Sud, quasi ai confini di una delle aree più instabili (Englewood), abbiamo incontrato la locale comunità dei fratelli educatori Lasalliani, presenti in città sin dalla fine del XIX Secolo, con le loro scuole. La loro sede, nel quartiere di Bronzeville, appare idilliaca ai nostri occhi. Giardini ben curati, strade pulite e casette con bow windows all’inglese, fanno da contorno alla grande scuola lasalliana e al vicino IIT, il politecnico di Chicago. Gli immensi grattacieli del centro storico (“Loop”) si stagliano all’orizzonte, guardando verso Nord, illuminando la notte con le loro mille luci. Ma l’inferno sociale è a sole quattro strade di distanza da questo piccolo paradiso. Nei confronti della violenza endemica della città, hanno una visione molto più realistica rispetto ai classici luoghi comuni del politically correct. E proposte molto più concrete.
“Qui a Chicago, certi quartieri sono molto instabili, non solo a causa della povertà, ma anche a causa della distruzione delle famiglie – ci spiega fratel Kevin, in pensione dopo 45 anni di insegnamento nelle scuole lasalliane – sono tante le famiglie che si separano, lasciano i figli senza punti di riferimento, in cerca di un qualunque senso di appartenenza. E questo lo trovano spesso nelle gang.
A che età si inizia la carriera criminale?
Bambini di 8, 10 o 12 anni iniziano a crescere in una banda, considerandola come la propria vera famiglia. E i boss, per
questo, li sfruttano, utilizzandoli per spacciare droga, far da vedette o altri compiti di questo genere. Quando crescono, sempre che sopravvivono, possono diventare boss a loro volta. Quando due gang diventano rivali o provano a fondersi, allora iniziano le lotte di potere. E sono queste le circostanze in cui saltano fuori le pistole e si inizia a sparare. Questa è la principale causa di violenza, almeno qui a Chicago: scontri fra membri delle gang. Ma non ci si deve far troppe illusioni: anche mentre stiamo parlando, qualcuno può comparire qui, davanti a quella finestra – ci indica il grande vetro che dà sul viale Indiana – e iniziare a spararci. Oppure qualcuno può entrare dalla porta e sparare a me, che sono qui seduto sul divano. In questi casi, io sarei completamente innocente, ma sarei ugualmente coinvolto nelle loro guerre. Molti di questi conflitti, infatti, dilagano e coinvolgono bambini e adulti innocenti.
Qual è l’origine principale della violenza?
La causa principale è la disintegrazione della famiglia. Le cause della crisi della famiglia sono molteplici, ma c’è da dire che molti non prendono sul serio il matrimonio, col risultato che si separano molto presto, dopo la nascita dei primi bambini. E ci sono tante madri giovanissime, che non si prendono cura dei figli. Chi li cresce? Chi li sostiene? Ci sono ragazze che, a 20 anni, hanno già due o tre bambini e nessuno le sostiene. Per mantenersi, la giovane mamma va a lavorare e allora è la nonna che si prende cura dei nipoti. Ma non sempre le nonne sono all’altezza, o hanno il tempo necessario per farlo, a loro volta. Quindi abbiamo tanti bambini per strada, che spesso finiscono reclutati nelle gang, o diventano loro vittime. Quando i nonni muoiono, la situazione peggiora, perché a questo punto resta in vita una moltitudine di bambini figli di altri bambini, tutti abbandonati a loro stessi. Il nostro quartiere è abitato da persone molto responsabili, ma solo a poche strade di distanza, Englewood è un quartiere completamente disintegrato, soprattutto dopo il fallimento del programma urbanistico Sezione 8. Nelle nuove case di edilizia popolare, le gang hanno iniziato a spararsi, coinvolgendo anche tanti altri innocenti. Le case sono state abbattute, ma la violenza resta e si è diffusa.
Cosa potete fare, voi fratelli educatori, per far fronte a una situazione come questa?
Siamo conosciuti come fratelli educatori delle scuole cristiane, esistiamo da 320 anni e siamo approdati in America quasi un secolo e mezzo fa, aprendo scuole per gli operai e per i loro figli. Prima lavoravamo nelle scuole delle grandi parrocchie cattoliche, oggi soprattutto nelle scuole superiori e nelle università. Siamo principalmente impegnati nell’educazione dei ragazzi delle classi lavoratrici e tutti coloro che vogliono migliorare le loro condizioni di vita, dando loro un’educazione cristiana, umana. Ma abbiamo un grande problema: né lo Stato, né il governo federale ci danno soldi, dunque dobbiamo far pagare una retta. Che in questa nostra scuola, in questo quartiere, ammonta a ben 10mila dollari all’anno. Così dobbiamo avviare una serie di raccolte fondi per sostenere gli studenti che non possono permettersi l’intero costo della retta. Diamo una borsa di studio di 1000 dollari per ogni studente. E abbiamo iniziato a gestire, assieme ai Gesuiti, anche delle scuole di avviamento alle superiori, in cui gli studenti pagano una retta minima, di 50 dollari al mese. Le abbiamo aperte a Damen, un quartiere a maggioranza messicana. Sono studenti che potrebbero frequentare le scuole pubbliche, ma spesso queste non sono buone e allora si rivolgono a noi. Sono comunque scuole piccole, per un numero limitato di ragazzi e ragazze. Gestiamo anche nove università in tutti gli Stati Uniti, di cui una qui a Chicago, la Louis University, con 6500 studenti. E’ un’università frequentata anche da molti studenti con alle spalle famiglie a basso reddito, perché garantiamo loro borse di studio. Molti dei nostri studenti che studiano nelle nostre scuole superiori, poi completano il loro ciclo educativo nella Louis University.
Quanto contribuisce la vostra educazione a cambiare la vita agli studenti e alle loro famiglie?
Dà loro l’opportunità di sviluppare capacità umane, nei rapporti con gli altri ragazzi e capacità professionali, come l’infermeria, l’economia e, nella Louis University, anche l’ingegneria aeronautica. E’ un’educazione molto pratica, la nostra, che permette a tutti gli studenti di trovare un lavoro, una volta diplomati o laureati, che permetta loro di aiutare le loro future famiglie. Naturalmente, il problema sociale è molto più grande di noi. Quel che possiamo fare lo facciamo, dando il nostro piccolo contributo, migliorando le condizioni di vita dei nostri studenti. Molti ragazzi e ragazze hanno, alle loro spalle, famiglie che lottano per pagar loro la retta, perché sanno che vengono a studiare in un ambiente sicuro. Ho assistito personalmente a tante storie di affermazione ragazzi, con situazioni difficili alle spalle e ottimi risultati a scuola. Inoltre, nelle nostre due scuole di Chicago, abbiamo un ambiente scolastico molto ben integrato: un terzo di messicani, un terzo anglosassoni e un terzo neri. Negli ultimi anni si è aggiunto anche un 15% di cinesi.
E come si integrano le varie religioni, oltre che le varie etnie?
La nostra popolazione studentesca, attualmente, è costituita da un 50% di cattolici mentre l’altra metà da altre religioni o da non appartenenti ad alcuna religion. Noi non discriminiano nessuno, accettiamo tutti, ma loro devono frequentare le ore di religione per tutti e quattro gli anni e devono prendere servizio. Servizio presso ospedali o altre attività sociali, nelle ore del doposcuola e di sabato, per aiutare il prossimo in modo organizzato. Non ci sono problemi di integrazione religiosa o discriminazione
A Chicago, nel Sud, quasi ai confini di una delle aree più instabili (Englewood), abbiamo incontrato la locale comunità dei fratelli educatori Lasalliani, presenti in città sin dalla fine del XIX Secolo, con le loro scuole. La loro sede, nel quartiere di Bronzeville, appare idilliaca ai nostri occhi. Giardini ben curati, strade pulite e casette con bow windows all’inglese, fanno da contorno alla grande scuola lasalliana e al vicino IIT, il politecnico di Chicago. Gli immensi grattacieli del centro storico (“Loop”) si stagliano all’orizzonte, guardando verso Nord, illuminando la notte con le loro mille luci. Ma l’inferno sociale è a sole quattro strade di distanza da questo piccolo paradiso. Nei confronti della violenza endemica della città, hanno una visione molto più realistica rispetto ai classici luoghi comuni del politically correct. E proposte molto più concrete.
“Qui a Chicago, certi quartieri sono molto instabili, non solo a causa della povertà, ma anche a causa della distruzione delle famiglie – ci spiega fratel Kevin, in pensione dopo 45 anni di insegnamento nelle scuole lasalliane – sono tante le famiglie che si separano, lasciano i figli senza punti di riferimento, in cerca di un qualunque senso di appartenenza. E questo lo trovano spesso nelle gang.
A che età si inizia la carriera criminale?
Bambini di 8, 10 o 12 anni iniziano a crescere in una banda, considerandola come la propria vera famiglia. E i boss, per
questo, li sfruttano, utilizzandoli per spacciare droga, far da vedette o altri compiti di questo genere. Quando crescono, sempre che sopravvivono, possono diventare boss a loro volta. Quando due gang diventano rivali o provano a fondersi, allora iniziano le lotte di potere. E sono queste le circostanze in cui saltano fuori le pistole e si inizia a sparare. Questa è la principale causa di violenza, almeno qui a Chicago: scontri fra membri delle gang. Ma non ci si deve far troppe illusioni: anche mentre stiamo parlando, qualcuno può comparire qui, davanti a quella finestra – ci indica il grande vetro che dà sul viale Indiana – e iniziare a spararci. Oppure qualcuno può entrare dalla porta e sparare a me, che sono qui seduto sul divano. In questi casi, io sarei completamente innocente, ma sarei ugualmente coinvolto nelle loro guerre. Molti di questi conflitti, infatti, dilagano e coinvolgono bambini e adulti innocenti.
Qual è l’origine principale della violenza?
La causa principale è la disintegrazione della famiglia. Le cause della crisi della famiglia sono molteplici, ma c’è da dire che molti non prendono sul serio il matrimonio, col risultato che si separano molto presto, dopo la nascita dei primi bambini. E ci sono tante madri giovanissime, che non si prendono cura dei figli. Chi li cresce? Chi li sostiene? Ci sono ragazze che, a 20 anni, hanno già due o tre bambini e nessuno le sostiene. Per mantenersi, la giovane mamma va a lavorare e allora è la nonna che si prende cura dei nipoti. Ma non sempre le nonne sono all’altezza, o hanno il tempo necessario per farlo, a loro volta. Quindi abbiamo tanti bambini per strada, che spesso finiscono reclutati nelle gang, o diventano loro vittime. Quando i nonni muoiono, la situazione peggiora, perché a questo punto resta in vita una moltitudine di bambini figli di altri bambini, tutti abbandonati a loro stessi. Il nostro quartiere è abitato da persone molto responsabili, ma solo a poche strade di distanza, Englewood è un quartiere completamente disintegrato, soprattutto dopo il fallimento del programma urbanistico Sezione 8. Nelle nuove case di edilizia popolare, le gang hanno iniziato a spararsi, coinvolgendo anche tanti altri innocenti. Le case sono state abbattute, ma la violenza resta e si è diffusa.
Cosa potete fare, voi fratelli educatori, per far fronte a una situazione come questa?
Siamo conosciuti come fratelli educatori delle scuole cristiane, esistiamo da 320 anni e siamo approdati in America quasi un secolo e mezzo fa, aprendo scuole per gli operai e per i loro figli. Prima lavoravamo nelle scuole delle grandi parrocchie cattoliche, oggi soprattutto nelle scuole superiori e nelle università. Siamo principalmente impegnati nell’educazione dei ragazzi delle classi lavoratrici e tutti coloro che vogliono migliorare le loro condizioni di vita, dando loro un’educazione cristiana, umana. Ma abbiamo un grande problema: né lo Stato, né il governo federale ci danno soldi, dunque dobbiamo far pagare una retta. Che in questa nostra scuola, in questo quartiere, ammonta a ben 10mila dollari all’anno. Così dobbiamo avviare una serie di raccolte fondi per sostenere gli studenti che non possono permettersi l’intero costo della retta. Diamo una borsa di studio di 1000 dollari per ogni studente. E abbiamo iniziato a gestire, assieme ai Gesuiti, anche delle scuole di avviamento alle superiori, in cui gli studenti pagano una retta minima, di 50 dollari al mese. Le abbiamo aperte a Damen, un quartiere a maggioranza messicana. Sono studenti che potrebbero frequentare le scuole pubbliche, ma spesso queste non sono buone e allora si rivolgono a noi. Sono comunque scuole piccole, per un numero limitato di ragazzi e ragazze. Gestiamo anche nove università in tutti gli Stati Uniti, di cui una qui a Chicago, la Louis University, con 6500 studenti. E’ un’università frequentata anche da molti studenti con alle spalle famiglie a basso reddito, perché garantiamo loro borse di studio. Molti dei nostri studenti che studiano nelle nostre scuole superiori, poi completano il loro ciclo educativo nella Louis University.
Quanto contribuisce la vostra educazione a cambiare la vita agli studenti e alle loro famiglie?
Dà loro l’opportunità di sviluppare capacità umane, nei rapporti con gli altri ragazzi e capacità professionali, come l’infermeria, l’economia e, nella Louis University, anche l’ingegneria aeronautica. E’ un’educazione molto pratica, la nostra, che permette a tutti gli studenti di trovare un lavoro, una volta diplomati o laureati, che permetta loro di aiutare le loro future famiglie. Naturalmente, il problema sociale è molto più grande di noi. Quel che possiamo fare lo facciamo, dando il nostro piccolo contributo, migliorando le condizioni di vita dei nostri studenti. Molti ragazzi e ragazze hanno, alle loro spalle, famiglie che lottano per pagar loro la retta, perché sanno che vengono a studiare in un ambiente sicuro. Ho assistito personalmente a tante storie di affermazione ragazzi, con situazioni difficili alle spalle e ottimi risultati a scuola. Inoltre, nelle nostre due scuole di Chicago, abbiamo un ambiente scolastico molto ben integrato: un terzo di messicani, un terzo anglosassoni e un terzo neri. Negli ultimi anni si è aggiunto anche un 15% di cinesi.
E come si integrano le varie religioni, oltre che le varie etnie?
La nostra popolazione studentesca, attualmente, è costituita da un 50% di cattolici mentre l’altra metà da altre religioni o da non appartenenti ad alcuna religion. Noi non discriminiano nessuno, accettiamo tutti, ma loro devono frequentare le ore di religione per tutti e quattro gli anni e devono prendere servizio. Servizio presso ospedali o altre attività sociali, nelle ore del doposcuola e di sabato, per aiutare il prossimo in modo organizzato. Non ci sono problemi di integrazione religiosa o discriminazione
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