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domenica 3 aprile 2016

COME TOMMASO NELLE PIAGHE GLORIOSE DI CRISTO SIAMO ACCOLTI NELLE VISCERE DI MISERICORDIA DELLA CHIESA PER RINASCERE A UNA VITA NUOVA
Una fede oltre la carne. Come quella di San Pietro, come quella imparata da San Paolo. E' questa la parola del vangelo di oggi. Gesù oltrepassa la porta sprangata delle paure e dei dubbi, il velo ostinato che copre occhi e mente e cuore ed impedisce di riconoscere, oltre le apparenze, nelle pieghe della carne e della storia, la presenza certa e amorevole del Signore. Dio è. Dio è oltre la morte, oltre il peccato, oltre la contingenza che ci atterrisce. Ma per crederlo, ovvero sperimentarlo e appoggiare tutta la nostra vita su di Lui, occorre un supplemento d'anima, uno sguardo diverso, una testimonianza piantata nel cuore. Occorre una rivelazione celeste, che ci è donata per mezzo dell'effusione in noi dello Spirito Santo. Ecco quello che è mancato a Tommaso, come probabilmente a noi oggi: la fede. Ma la fede si impara: "La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza... «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi crediamo»” (Benedetto XVI, Porta Fidei). Per questo Gesù non rimprovera Tommaso, ma lo invita a porsi in cammino, a diventare un "credente", ad imparare la fede, quella che oltrepassa la carne. E questo si può solo nella comunità! Tommaso era fuori quando, la domenica di Pasqua, Gesù è apparso agli altri apostoli. Gemello del Signore, Tommaso (questo significa Didimo), stava cercando, come tutti i gemelli, la parte di sé che gli era venuta meno! Cercava un segno nelle piaghe di Gesù, perché cercava un senso alle sue ferite, al dolore della sua vita: infatti, "colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi... Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" (cfr. Eb. 2, 11-14). 

Tommaso, mosso dalla carne, dal bisogno di toccare e vedere, era andato a cercare il suo gemello, l'unica parte di sé che poteva dare compimento e completezza alla sua ita, ma lo era andato a cercare lontano dalla verità, dallo stesso corpo di Cristo che è la comunione,la comunità dei suoi fratelli. 




Forse voleva un rapporto diverso ed esclusivo, forse voleva seguire il suo istinto, gli schemi mondani, forse, semplicemente, era andato alla tomba, ancora incredulo. Di certo, come ciascuno di noi, Tommaso era andato a cercare il Signore, l'unico che poteva dare Pace alla sua vita, laddove la carne lo aveva guidato. E, come noi, aveva dimenticato che l'unico luogo dove ricevere la virtù soprannaturale della fede, dove toccare e vedere Cristo risorto, dove sperimentare il suo amore più forte della morte, è la Chiesa, la comunità. Ma il Signore ama Tommaso, e ama noi. E ci attende con pazienza, e viene a cercarci ancora. Tommaso torna nella comunità, ascolta l'annuncio, non crede, ma è lì, con i suoi fratelli. E tanto basta, e questo è tutto. Perchè esù torna dai suoi, e si fa presene, come il giorno di Pasqua, in questo giorno che,per il suo apparire, diviene un unico giorno, il grande giorno della vittoria sul peccato e la morte! Si, quest'oggi, domenica in albis, la Chiesa lo vive come il giorno di Pasqua, stesse antifone, stesso prefazio, ed è il segno dell'amore di Cristo che, risorto, dilata il tempo sino a che esso raggiunga anche ommaso, raggiunga ogni uomo. E così ogni domenica è Pasqua, perchè la resurezione, il perdono, la vittoria di Cristo attiri e assorba anche gli uomini più lontani, i tanti gemelli di Gesù dispersi a cercare quella parte di sé che manca perchè essi siano felici. E oggi i segni che Gesù stesso ha mostrato agli altri apostoli una settimana prima, i sacramenti della sua risurrezione, sono ora davanti a Tommaso. Ma, soli, non bastano. E' necessario, come lo è stato per i suoi fratelli, ricevere lo Spirito Santo, la Rivelazione del Padre che ha fatto beato Pietro, quel supplemento d'anima che libera lo sguardo oltre le ferite nella carne e induce ad oltrepassare le porte della sola ragione, della propria carne esigente di prove e conferme. E' l'amore di Dio, l'amore di Cristo sigillato dallo Spirito Santo, lo stesso che ha fatto conoscere a San Paolo Cristo non più secondo la carne, e lo ha colmato della speranza che non delude.


E' lo Spirito Santo che, nel cammino della storia, condurrà san Tommaso, e ciascuno di noi, a riconoscere il nostro Signore e il nostro Dio, nelle nostre stesse piaghe, nelle ferite della nostra vita. La Croce gloriosa, la vita oltre la morte. E' questo il senso più profondo del Vangelo di questa Domenica, della stessa figura di Tommaso, un gemello nel cui cuore risuona sempre l'eco della presenza del proprio fratello. Gemello di Cristo, come ciascuno di noi. Per questo le sue ferite sono le nostre, e la fede non si ferma ad un evento registrato dai sensi, ma va al di là, alla presenza misteriosa eppure concreta e reale, della sua vittoria, della sua vita dentro la nostra vita. Nella Chiesa, nella comunità appare allora la fede: in essa si possono toccare le ferite di Cristo, le proprie ferite, e vederle trasfigurate, gloriose della gloria risorta. Toccare il dolore salvato, le piaghe gloriose della propria storia perché,invece di generare i peccati che colmino il vuoto e leniscano il dolore, i peccati generati dalla paura della morte, esse divengano la fonte di una vita nuova, donata a Cristo e ai fratelli. Nella Chiesa si impara dunque la fede adulta, che ama, che spera, che vive nella verità, che obbedisce, che non resiste al male, che si apre alla vita, che vive le relazioni nella castità e nel rispetto, libera dagli idoli di questo mondo. "Mio Signore e mio Dio", è la fede che vede l'amore di Dio in ogni piaga, e può abbandonarsi ad esso con fiducia, insieme con i propri fratelli, gemelli di Cristo. Credente, ovvero in cammino nella notte oscura dei santi, senza consolazioni, senza prove carnali, con la sola certezza sigillata istante dopo istante, quella della fede, di un amore che mai ci abbandona, mai.

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