Escrementi sul volto di Cristo: polemiche a Rovereto per la pièce choc di Castellucci
Lo spettacolo di Castellucci ha fatto discutere sin dalla sua prima rappresentazione a Parigi. Ora approda a Rovereto, col patrocinio del comune
Lo spettacolo di Castellucci ha fatto discutere sin dalla sua prima rappresentazione a Parigi. Ora approda a Rovereto, col patrocinio del comune
Pure il Vaticano, nel 2012, lo aveva bollato ufficialmente come “offensivo”. Ma lo spettacolo di Romeo Castellucci, Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio, continua ad andare in scena, riscuotendo ovunque, tra un applauso e l'altro, polemiche, condanne e proteste.
Ogni volta che viene rappresentata, infatti, questa pièce del celebre regista italiano diventa un caso. Soprattutto per via del finale dello spettacolo, in cui la rappresentazione del volto del Cristo Salvator Mundi, dipinto da Antonello da Messina, viene bersagliata da escrementi o finte bombe, lanciate da bambini, reclutati per l'occasione. L’immagine finisce poi per essere ricoperta ed oscurata dagli stessi liquami. E sul volto di Gesù, infine, viene proiettata la frase: “tu non sei il mio pastore”. Il regista era già intervenuto per spiegare il senso della rappresentazione e il significato della sequenza di gesti e di parole che avevano fatto ampiamente discutere. Ma anche dopo i chiarimenti, lo spettacolo non ha mai perso la sua forte carica provocatoria.
Che, stavolta, ha investito la città di Rovereto, in provincia di Trento, dove la rappresentazione è stata messa in calendario per il prossimo 5 aprile all’auditorium Melotti, promossa dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara, con il patrocinio del Comune di Rovereto e del Comune di Trento. Una scelta che ha fatto discutere e sulla quale, Claudio Cia, consigliere provinciale della lista Civica trentina, ha interpellato, attraverso una interrogazione scritta, il presidente della Provincia di Trento, chiedendogli di riferire sulla “sponsorizzazione” di uno spettacolo definito “osceno” e “lesivo della sensibilità degli spettatori”.
“Le cose sono due: o il comune non conosce il contenuto di questo spettacolo, o c’è una connivenza del comune di Trento e di Rovereto nel diffondere questa politica culturale di demolizione delle nostre radici cristiane e della nostra identità”, spiega Cia, sentito al telefono da ilGiornale.it. Il consigliere ha annunciato inoltre che, in concomitanza con la prima rappresentazione dello spettacolo, sono state organizzate alcune azioni di protesta “non violenta”. Non sarebbero le prime. Già a Parigi e Milano, nel 2012, infatti, gruppi cattolici tradizionalisti avevano organizzato marce e sit-in. Ma attenzione a chiamarli bigotti e ultracattolici: “sono persone normali che hanno una normale sensibilità religiosa e quindi di fronte a queste cose si sentono” continua Cia. Ma quello che, sopra ogni cosa non convince gli “oppositori”, per così dire, della pièce, è l’inopportunità di promuovere uno spettacolo giudicato talmente dissacrante, in un momento storico particolare come quello che stiamo attraversando. “Con spettacoli come questo non promuoviamo la cultura ma umiliamo la nostra storia”, ha proseguito Cia, “ e sono sicuro che se al posto di Cristo ci fosse stata l’immagine di Maometto, uno spettacolo del genere non avrebbe avuto il patrocinio del comune”. “Ma attenzione, se continuiamo a promuovere la distruzione della nostra storia creeremo un vuoto che dovrà essere riempito, magari da un dio che imbraccia un kalashnikov: se infatti, il regista avesse scelto di tirare pietre sulla rappresentazione del volto di Maometto, oggi forse saremo qui a parlare di morti”, conclude provocatoriamente il consigliere.
Il Comune di Rovereto, intanto, fa un passo indietro. Per lo spettacolo non c'è stato nessun contributo economico diretto e non c'è condivisione di fondo sui contenuti, assicura la vicesindaco, Cristina Azzolini, che chiarisce a ilGiornale.it come il simbolo del patrocinio del Comune sia stato apposto in automatico, come per tutti gli eventi promossi dalla Provincia e dal Comune di Trento attraverso il Centro Servizi Santa Chiara. “Non c'è stata alcuna compartecipazione, ho appreso del contenuto dello spettacolo dalle polemiche sui giornali, non eravamo a conoscenza del contenuto e di solito non interferiamo con la programmazione degli eventi culturali”, così la vicesindaco giustifica la presenza del patrocinio del suo Comune allo spettacolo di Castellucci, “ma se la programmazione l’avessimo fatta noi non avremmo inserito in cartellone uno spettacolo di questo tipo”. “Siamo rimasti spiazzati anche noi, e il simbolo del Comune sul manifesto non significa una condivisione in automatico del contenuto dello spettacolo”, chiarisce Azzolini a ilGiornale.it, “ma allo stesso tempo non sono un’amante della censura, il teatro può usare linguaggi che a volte possono essere provocatori, ma non per questo vanno censurati”. “Anche se personalmente non andrei a vedere questo spettacolo e sono preoccupata per quello che sta succedendo nel mondo, soprattutto nei confronti dei cristiani, non interverrei direttamente censurandolo, perché una censura genererebbe ulteriore conflittualità in questo senso”, ha concluso la vicesindaco, “uno spettacolo teatrale provocatorio è un problema marginale rispetto alla situazione che stiamo vivendo, perché questo vuoto culturale e di identità è molto più ampio e diffuso”. Intanto, domani, la giunta del Comune di Rovereto si riunirà per discutere la questione. E lo spettacolo di Castellucci tornerà ad essere di nuovo un caso
Che, stavolta, ha investito la città di Rovereto, in provincia di Trento, dove la rappresentazione è stata messa in calendario per il prossimo 5 aprile all’auditorium Melotti, promossa dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara, con il patrocinio del Comune di Rovereto e del Comune di Trento. Una scelta che ha fatto discutere e sulla quale, Claudio Cia, consigliere provinciale della lista Civica trentina, ha interpellato, attraverso una interrogazione scritta, il presidente della Provincia di Trento, chiedendogli di riferire sulla “sponsorizzazione” di uno spettacolo definito “osceno” e “lesivo della sensibilità degli spettatori”.
“Le cose sono due: o il comune non conosce il contenuto di questo spettacolo, o c’è una connivenza del comune di Trento e di Rovereto nel diffondere questa politica culturale di demolizione delle nostre radici cristiane e della nostra identità”, spiega Cia, sentito al telefono da ilGiornale.it. Il consigliere ha annunciato inoltre che, in concomitanza con la prima rappresentazione dello spettacolo, sono state organizzate alcune azioni di protesta “non violenta”. Non sarebbero le prime. Già a Parigi e Milano, nel 2012, infatti, gruppi cattolici tradizionalisti avevano organizzato marce e sit-in. Ma attenzione a chiamarli bigotti e ultracattolici: “sono persone normali che hanno una normale sensibilità religiosa e quindi di fronte a queste cose si sentono” continua Cia. Ma quello che, sopra ogni cosa non convince gli “oppositori”, per così dire, della pièce, è l’inopportunità di promuovere uno spettacolo giudicato talmente dissacrante, in un momento storico particolare come quello che stiamo attraversando. “Con spettacoli come questo non promuoviamo la cultura ma umiliamo la nostra storia”, ha proseguito Cia, “ e sono sicuro che se al posto di Cristo ci fosse stata l’immagine di Maometto, uno spettacolo del genere non avrebbe avuto il patrocinio del comune”. “Ma attenzione, se continuiamo a promuovere la distruzione della nostra storia creeremo un vuoto che dovrà essere riempito, magari da un dio che imbraccia un kalashnikov: se infatti, il regista avesse scelto di tirare pietre sulla rappresentazione del volto di Maometto, oggi forse saremo qui a parlare di morti”, conclude provocatoriamente il consigliere.
Il Comune di Rovereto, intanto, fa un passo indietro. Per lo spettacolo non c'è stato nessun contributo economico diretto e non c'è condivisione di fondo sui contenuti, assicura la vicesindaco, Cristina Azzolini, che chiarisce a ilGiornale.it come il simbolo del patrocinio del Comune sia stato apposto in automatico, come per tutti gli eventi promossi dalla Provincia e dal Comune di Trento attraverso il Centro Servizi Santa Chiara. “Non c'è stata alcuna compartecipazione, ho appreso del contenuto dello spettacolo dalle polemiche sui giornali, non eravamo a conoscenza del contenuto e di solito non interferiamo con la programmazione degli eventi culturali”, così la vicesindaco giustifica la presenza del patrocinio del suo Comune allo spettacolo di Castellucci, “ma se la programmazione l’avessimo fatta noi non avremmo inserito in cartellone uno spettacolo di questo tipo”. “Siamo rimasti spiazzati anche noi, e il simbolo del Comune sul manifesto non significa una condivisione in automatico del contenuto dello spettacolo”, chiarisce Azzolini a ilGiornale.it, “ma allo stesso tempo non sono un’amante della censura, il teatro può usare linguaggi che a volte possono essere provocatori, ma non per questo vanno censurati”. “Anche se personalmente non andrei a vedere questo spettacolo e sono preoccupata per quello che sta succedendo nel mondo, soprattutto nei confronti dei cristiani, non interverrei direttamente censurandolo, perché una censura genererebbe ulteriore conflittualità in questo senso”, ha concluso la vicesindaco, “uno spettacolo teatrale provocatorio è un problema marginale rispetto alla situazione che stiamo vivendo, perché questo vuoto culturale e di identità è molto più ampio e diffuso”. Intanto, domani, la giunta del Comune di Rovereto si riunirà per discutere la questione. E lo spettacolo di Castellucci tornerà ad essere di nuovo un caso
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