Come all'origine della nostra vita biologica non vi e' alcuna scelta da parte nostra, così all'origine della nostra chiamata ad essere cristiani - ovvero di Cristo, suoi discepoli - non esiste alcuna nostra opzione. E' qualcosa di grande, di forte, di scandalizzante. Alcuni potrebbero obiettare che stando così le cose non esiste libertà, esattamente come non siamo stati liberi di nascere o meno. E infatti molti maledicono il giorno in cui sono nati, sino a togliersi la vita; oppure divorziano, abbandonano il sacerdozio, la scuola, il lavoro, anche i figli. Ma la prospettiva del Vangelo è molto diversa. E' la prospettiva dell'amore. Esso è sempre la più grande manifestazione della libertà autentica, capace di donare tutto, anche la propria vita. Le parole di Gesù ci spingono a risalire la corrente della nostra storia dal momento presente alla sua origine laddove e' stata deposta la nostra elezione, e ancor più indietro, sino all'origine della storia dell'umanità, alla sua creazione. In essa è inscritta e prefigurata la nostra origine e quindi la chiave della nostra identità. Dio ha creato tutto per amore, ciascuno di noi è stato creato per il suo amore, del quale l'unione sponsale dei nostri genitori è immagine e somiglianza. Alla nostra origine vi è l'amore, e quindi la libertà più grande. Essa è inscritta in noi, nel nostro spirito come nella nostra carne, nel cuore come nelle cellule. E' la libertà che spinge a donarsi e che fa superare ogni confine; è quella che percepiamo quando inizia qualcosa, qualsiasi cosa: al principio di una storia affettiva, di un fidanzamento, di un matrimonio, come di un'amicizia, alle soglie di un'impresa che ci appassiona, di studio, di lavoro, di svago, vi à sempre quell'ansia di infinito, quell'entusiasmo che ci farebbe spaccare il mondo. E' quanto descrive splendidamente Peguy:
Tutto quello che comincia ha una virtù che non si ritrova mai più.
Una forza, una novità, una freschezza come l’alba.
Una giovinezza, un ardore.
Uno slancio.
Un’ingenuità.
Una nascita che non si trova mai più.
C'e' in quello che comincia una fonte, una razza che non ritorna.
Una partenza, un'infanzia che non si ritrova, che non si ritrova mai più.
Ora la piccola speranza
E' quella che sempre comincia.
Quella nascita
Perpetua
Quell'infanzia
Perpetua.
Per sperare, bimba mia, bisogna essere molto felici.
La speranza dell'inizio che scaturisce da una grande felicita' è il volto della libertà che si fa amore, dedizione, dono. Chi si sente costretto ad amare la propria ragazza? O il proprio marito, o il proprio figlio? Chi non si sente libero nell'affaticarsi in un allenamento che prepara ad una partita decisiva? Chi si vede sottrarre la libertà nell'affrontare notti di studio in vista dell'esame che schiude le porte all'avverarsi del sogno di una vita, quello di diventare un medico, un ingegnere, un cantante d'opera? Non si sente libero solo chi non ama. Ecco, all'inizio, all'origine della vita vi è un ardore, una freschezza, una razza che poi, purtroppo, lasciamo cadere tra le pieghe dell'egoismo e dell'utilitarismo, magari per le ferite sofferte, per le delusioni, per le sconfitte. Per questo oggi il Signore ci annuncia ancora una volta la verità invitandoci a guardare alla nostra origine, ovvero il suo averci scelti e chiamati ancor prima di essere intessuti nel seno di nostra madre. Coraggio, sei stato amato così come saresti diventato in ogni istante della tua vita, anche se nessun occhio umano, in quell'istante, ti aveva visto e scelto; quando neanche nostra madre si era ancora accorta della nostra presenza. Alla nostra origine vi è, come una roccia indistruttibile, la gratuità dell'amore e dell'elezione di Dio, la Grazia della nostra primogenitura ad essere figli di Dio per questa generazione. Scelti per quello che siamo e non per quello che vorremmo diventare, e ditemi se questa non e' la notizia capace di cambiare l'esistenza. Siamo stati scelti con i nostri difetti, debolezze, incapacità; nessun concorso, nessun esame, nessuna rincorsa per fare innamorare qualcuno. Solo la scelta di Dio, gratuita, più forte d'ogni nostro egoismo, di tutti i nostri testardi rifiuti, delle nostre ingannate pretese di autonomia; più forte di ogni peccato. All'origine della nostra vita, come di ogni giorno vi è la sua chiamata che ci "costituisce" suoi apostoli, altri Cristo nella storia, perché "andiamo e portiamo un frutto che non si corrompa". Vivere per qualcosa di eterno, un frutto del suo amore nel quale possiamo "deporre" (secondo l'originale greco) la nostra "anima, la vita", "per gli amici". Un amore così grande che sa abbracciare ogni istante e ogni millimetro della vita, facendo di ciascuno un "principio, una nascita e un'infanzia perpetua", come uno zigote che non difende nulla ma che offre ogni sostanza vitale - il tempo, le parole, i beni - all'endometrio che li attende. In quei giorni di tanti anni fa era quello zigote lì ad incontrare quell'endometrio lì, così come oggi usciremo con la fidanzata, ceneremo con il marito e i figli, incontreremo Giovanni sulla metropolitana, ci riuniremo con i colleghi, giocheremo la partita di calcetto con gli amici. E ovunque doneremo noi stessi perché così è scritto in noi, "amici" di Cristo sin dal seno materno.
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