I discepoli di Gesù sono un vero mistero. Gesù li ha istruiti mostrando loro che cosa sia un discepolo. Li ha chiamati, eletti, amati, proprio perché piccoli, perché bambini. Ed essi sgridano chi presenta a Gesù dei bambini perché li accarezzasse. Un mistero di stoltezza. La nostra. In fondo, non com-prendendo non si può accogliere. Lo stolto non può penetrare il pensiero di Dio. Esso è lontano da lui quanto il cielo sovrasta la terra. La gratuità non è nel registro del pensiero dell'uomo. Pietro ne aveva dato dimostrazione quando si è messo di traverso sul cammino d'amore di Gesù. Cosa ha da offrire un bambino? Quali meriti? Nell'Israele del primo secolo il bambino era un simbolo di mancanza di stato sociale e di diritti legali. Era una sorta di "non-persona", completamente dipendente dagli altri per il sostentamento e la protezione. Poco più che nulla. San Paolo scrivendo ai Corinzi circa la loro elezione dirà: "Considerate bene la vostra chiamata fratelli. Non esistono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti di nobili natali. Ma quel che esiste di folle nel mondo, proprio questo Dio ha scelto per confondere i sapienti; quello che esiste di debole nel mondo, ecco che Dio lo ha scelto per confondere la forza; quel che nel mondo è di ignobili natali (i figli di nessuno), e quello che viene disprezzato, ecco quello che Dio ha scelto: quello che non è per annientare quello che è, affinché nessuna carne abbia a gloriarsi davanti a Dio" (1 Cor. 1,26-29). Dio ha scelto gente ignobile, disprezzata, figli senza genitori, abbandonati. Dio è andato per orfanotrofi a cercarsi i discepoli. E' sceso nei luoghi senza amore, senza dignità, nel nulla. Così ha chiamato Abramo, così il suo popolo, così i profeti, così Davide. Così il Suo Figlio, disprezzato, reietto, rifiuto degli uomini. Così ciascuno di noi, bambini, creature del tutto dipendenti, incapaci di tutto. Soprattutto, bambini abbandonati, di nessun valore agli occhi del mondo. Bambini capricciosi, spesso egoisti, ancor più spesso orgogliosi. Bambini che si son creduti adulti, e ricchi, e potenti. Autonomi. Bambini ingannati dallo splendore effimero di ciò che appariva bello e desiderabile. Bambini buttati via. Ciò che non è agli occhi superbi del mondo, come un bimbo ancora nascosto nel grembo di sua madre e per questo scartato, perché malato o solo perché di troppo. Sin qui è giunto l'amore di Dio. In questo abisso è sceso il Signore, soprattutto negli inferi nei quali ci ha spinto la superbia con cui abbiamo rifiutato il non essere quello che avremmo voluto. Qui ci ha voluto abbracciare e benedire i Signore.
Il suo amore, le sue mani benedicenti, le sue mani crocifisse ci vengono incontro oggi a svellere i cardini dell'orgoglio. Il suo amore disarma l'orgoglio. Il suo amore proteso oggi su ciascuno di noi è la buona notizia d'una speranza. Il veleno che portiamo dentro si ribella, si agita, sgrida chiunque ci voglia condurre al Signore perché ci benedica. Lo spirito malvagio che s'è impossessato di noi non può accettare il cammino di conversione sul quale la Chiesa ci accompagna. L'avversario sa bene che nell'incontro con le mani di Gesù la nostra vita sarebbe salva, si chiuderebbero le porte del Regno dei Cieli. Se cattolici lo dobbiamo essere secondo i nostri schemi nei quali ci sentiamo così "adulti"; comunque che nessuno si permetta di apostrofarci come bambini, abbiamo esperienza da vendere noi, non siamo sottomessi a nessuno! Ma è più forte l'indignazione di Gesù. La stessa che appare dinanzi all'opera nascosta e subdola del demonio, il dolore acuto che muove le viscere di misericordia di Gesù. Lui è geloso di tutti noi, non può esservi che indignazione dinanzi all'inganno di cui siamo preda. La sua voce tuona e dirada le nebbie dei nostri pensieri, delle paure, delle mormorazioni. La sua voce incatena il demonio al suo rantolo di gelosia, l'ultimo: "Lasciate che i bambini vengano a me", Lui ci vuole a sé. Ci ha chiamati per stare con Lui. E' Lui che il Padre ha inviato all'orfanotrofio che è la nostra vita. E' Lui il Fratello che viene a riscattarci per farci, in Lui, figli adottivi del Suo Padre. E' Lui che brucia ogni tentativo del demonio di impedire, vietare, proibire che la nostra debolezza sia oggetto del suo amore, delle sue benedizioni. La nostra debolezza, l'essere bambini, disprezzati, deboli, capricciosi, inutili, dipendenti in tutto, l'essere quello che siamo non impedisce l'essere di Gesù. Anzi, il Regno dei Cieli, la Vita eterna in Lui è proprio dei bambini. La costruzione greca della frase infatti dice letteralmente che il Regno "a costoro appartiene". E' nostro, esattamente così come siamo. Le mani di Gesù che ci abbracciano, le sue mani che ci stringono, sono esse il nostro vero desiderio, l'unico, il più profondo. Qualcuno che ci accolga così come siamo, qualcuno che ci stringa a sé senza chieder nulla, senza esigere. Gratuitamente. La sua voce, le sue parole che ci attirano vincendo ogni impedimento orgoglioso; le sue mani che ci accolgono e ci stringono in un abbraccio misericordioso che colma ogni nostro vuoto. Il suo amore è il Cielo qui ed ora davanti a noi, è quello che abbiamo atteso, desiderato. E' la libertà. Da noi stessi, dal dover essere, dal dover fare. E' la felicità piena, è la beatitudine dei piccoli, dei poveri, è il Regno dei Cieli. Occorre solo accoglierlo come un bambino, come chi non ha nulla se non un bisogno infinito d'amore, di perdono, d'aiuto. Accogliere la buona notizia del Regno come chi non ha niente, ma proprio niente da dare se non la Grazia del suo stesso amore che lo ha fatto esistere e desiderare: «Dio tocca il cuore dell'uomo con l'illuminazione dello Spirito Santo, in modo che né l'uomo resti assolutamente inerte subendo quell'ispirazione, che certo può anche respingere, né senza la grazia divina, con la sua libera volontà, possa incamminarsi alla giustizia dinanzi a Dio» (Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 5: DS 1525). Accogliere come un bambino che conosce intimamente l'amore di suo padre, non ne dubita, si lascia abbracciare, e perdonare, e amare. Ed è felice così. Il Regno, per lui, sono quelle braccia che lo stringono, la forza di un infinito amore che non delude. Mai.
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