L'episodio dei discepoli di Emmaus ci aiuta a comprendere la profondità del Mistero Pasquale, il cui frutto non è un cambiamento della realtà, ma occhi nuovi su di essa. Come lo sguardo dei due discepoli, dischiuso a poco a poco dall’ascolto e dal cammino con Cristo risorto che li aveva raggiunti proprio sui passi che li allontanavano da Gerusalemme, il luogo della sua risurrezione. Nelle sette miglia che distava Emmaus da Gerusalemme si è compiuta la loro Pasqua, come si può compiere nelle sette miglia che abbiamo percorso dalla notte di Pasqua ad oggi, tornando al lavoro, a scuola, alla routine e sembra di esserci tristemente allontanati da quell'esperienza: "Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele". E' il cammino dell'amore deluso, il compimento assaporato e strappato via, che stampa la tristezza sul loro volto, perché assente Cristo, tutto diviene triste. Nel loro "discutere" scopriamo la nostra incapacità di dare un senso agli eventi di dolore e fallimento della nostra vita, perché abbiamo sperato male, in una liberazione che instaurasse il Regno di Israele, qualcosa di molto umano e ragionevole quando si vive stretti dal giogo di una dominazione straniera. Abbiamo cioè sperato che Gesù ci desse ragione in famiglia, al lavoro, ovunque appaia l'ingiustizia di chi vuole appropriarsi della nostra vita. Che cambiasse le situazioni e le persone più moleste. E invece niente, nulla di tutto ciò, anzi, ha lasciato che l'ingiustizia lo afferrasse sino a crocifiggerlo e a farlo discendere in una tomba. E sono ormai tre giorni, oggi mercoledì, e Lui non c'è, non lo sentiamo, non lo vediamo operare come avremmo voluto. Per questo spesso neanche la predicazione è sufficiente, ovvero "l'annuncio delle donne che hanno visto gli angeli e il sepolcro vuoto"; troppo deboli gli indizi per chi ha "dimenticato e non compreso le parole dei profeti e del Signore stesso"; "quel parlare era rimasto oscuro" perché per noi la prova della sua resurrezione dovrebbe consistere con il compimento della nostra volontà. Ovvio che, appesantito dalle menzogne del demonio, il nostro cuore sia diventato "lento" nel discernere, mentre gli occhi siano incapaci di riconoscere Gesù in persona che si è accostato alla nostra vita e cammina con noi. Anzi, il suo parlare domandare celato nei fatti e nelle persone che ci incalzano, come nelle parole di Verità della Chiesa, quasi ci infastidisce; Gesù ci appare infatti come l'unico così estraneo ai nostri pensieri da non sapere quello che ci è successo. Non lo sentiamo lontano dai nostri bisogni e dalle nostre sofferenze per le quali non ha fatto nulla? Ma Gesù non è lontano, proprio quando non lo riconosciamo e la fede fa acqua, il suo amore infinito lo spinge accanto a noi. Lui sa che, pur da molto nella Chiesa, non abbiamo ancora compreso il senso profondo delle Scritture: che cioè gli eventi occorsi a Gerusalemme infrangendo la speranza dei due di Emmaus, riguardavano loro e ogni uomo. Tutto era accaduto per noi! Gesù non era così forestiero in Gerusalemme da non sapere, anzi: L'episodio dei discepoli di Emmaus ci aiuta a comprendere la profondità del Mistero Pasquale, il cui frutto non è un cambiamento della realtà, ma occhi nuovi su di essa. Come lo sguardo dei due discepoli, dischiuso a poco a poco dall’ascolto e dal cammino con Cristo risorto che li aveva raggiunti proprio sui passi che li allontanavano da Gerusalemme, il luogo della sua risurrezione. Nelle sette miglia che distava Emmaus da Gerusalemme si è compiuta la loro Pasqua, come si può compiere nelle sette miglia che abbiamo percorso dalla notte di Pasqua ad oggi, tornando al lavoro, a scuola, alla routine e sembra di esserci tristemente allontanati da quell'esperienza: "Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele". Che cambiasse le situazioni e le persone più moleste. E invece niente, nulla di tutto ciò, E sono ormai tre giorni, oggi mercoledì, e Lui non c'è, non lo sentiamo, non lo vediamo operare come avremmo voluto. Per questo spesso neanche la predicazione è sufficiente, ovvero "l'annuncio delle donne che hanno visto gli angeli e il sepolcro vuoto"; troppo deboli gli indizi per chi ha "dimenticato e non compreso le parole dei profeti e del Signore stesso", che ci sembra "estraneo" alla nostra vita. Non lo sentiamo lontano dai nostri bisogni e dalle nostre sofferenze per le quali non ha fatto nulla? Ma Gesù non è lontano, proprio quando non lo riconosciamo e la fede fa acqua, il suo amore infinito lo spinge accanto a noi. Proprio nella morte e nella discesa nel sepolcro infatti, si era fatto il più prossimo a loro, al punto di dilatare la realtà della sua Pasqua sin dentro la loro realtà di stolta e dura incredulità. E trasformare ogni nostro giorno di delusione, tristezza e sofferenza nello stesso primo giorno della settimana. Ogni giorno può essere Pasqua, anche oggi, perché la Grazia che, facendo ardere il cuore con la predicazione, ci schiude gli occhi per riconoscere Gesù. Coraggio allora, perché proprio quando emerge l'incredulità, al culmine della frustrazione e della disperazione, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, attraverso gli apostoli Gesù ci parla spiegandoci in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando la storia, umiliando il nostro io orgoglioso e capriccioso, ci apre un pochino l'orecchio, Gesù comincia ad annunciarci il Vangelo attraverso la predicazione della Chiesa. Lui ci aspetta, perché solo quando scopriremo il nostro cuore indurito dalla menzogna Egli potrà aprirlo alle Scritture, svelando in esse il suo amore infinito: "doveva" soffrire per te, "doveva" morire per risorgere e riscattarci! Così anche la nostra storia doveva essere e deve essere così come è, perché ogni suo istante si riferisce a Cristo, come una preparazione al compimento della sua Pasqua. Perché, scoprendoti solo e incapace a causa dei tuoi peccati, tu possa implorare il Signore di "restare con te", con la tua famiglia, nella notte che sta per prendersi la tua vita. Non importa se ancora non lo hai riconosciuto. Ascolta oggi la predicazione e lascia aperta ad essa una fessura del tuo cuore: è il tuo modo di dire a Gesù di entrare con te nel "villaggio" dove ti sei rifugiato per scappare dalla Croce e poter piangere la tua delusione. E' proprio lì che Gesù vuole farsi una carne con te, dove tu sei oggi. Ma attento, perché se non lo fai arriva la notte... La vita è seria, e Gesù passa, non è mai fermo come gli idoli. Diceva S. Agostino: "Temo che Gesù passi e io non me ne accorga". Anche oggi sta facendo come per andare più lontano... Fai come la sposa del cantico dei Cantici: chiamalo, imploralo di non andare via, di non passare senza prenderti con Lui. Chiedigli di restare in te per insegnarti a restare in Lui. Come annuncia l'Apocalisse, Lui entrerà e cenerà con te nella tua comunità cristiana che, incarnando il Buon Pastore, è giunta a cercarti sino ai confini della terra dove sei scappato scandalizzato dalla Croce. La grande notizia del Vangelo di oggi è che anche chi si allontana preda dell'incredulità e dello scandalo per la sofferenza è comunque parte della comunità cristiana. Anche chi cammina in direzione opposta è raggiunto misteriosamente da Gesù che trasforma, con la sua presenza, quella strada che divide in un cammino di conversione. Lui è accanto a chi scappa, senza giudicare, con la pazienza dell'amore autentico, sino a riconoscerlo nel suo spezzarsi gratuitamente per i traditori increduli. In quel momento, dovunque l'uomo si trovi, appare l'eucarestia, il memoriale del suo amore che si fa Pasqua, passaggio dalla morte alla vita. Gesù e la Chiesa non aspettano che i perduti tornino al Tempio, ma portano accanto a loro il Tempio vivo del suo corpo risorto. Allora, nell'esperienza di questa sorprendente gratuità dell'amore che raggiunge chi è ancora nel peccato, sarà naturale tornare senza indugio verso la comunione della Chiesa. Coraggio! Se oggi stai scappando adirata con Dio e con i fratelli; o se sta scappando tuo marito o tua figlia. Gesù non abbandona nessuno, anzi, estende la volontà del Padre sin dentro il sudiciume di chi l'ha rifiutato, come accadde al figlio prodigo. Anche lui affamato come i due di Emmaus impauriti di fronte al buio che li ghermiva: anche loro come il ragazzo della parabola sono rientrati in sé scoprendo che il cuore ardeva per l'unico che li amava davvero; l'unico capace di spezzare la sua carne per consegnarsi a loro senza riserve. Ecco l'intelligenza delle Scritture, ecco il senso della Pasqua per viverla con Lui ogni giorno: solo l'amore con il quale si entra nella storia intessuta di ingiustizie può redimere le persone che ci sono accanto. Non era il Regno di Israele vittorioso sull'Impero di Roma che Cristo avrebbe ristabilito, ma il Regno di Dio nel cuore di ogni figlio di Israele. La vittoria di Cristo in noi per partire senza indugio e tornare nella storia che non avevamo compreso e dalla quale siamo fuggiti, e camminare accanto a ogni persona annunciando con zelo e pazienza il Vangelo, perché Cristo faccia ardere anche il loro cuore nel suo amore.
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