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lunedì 17 aprile 2017

La Pasqua e la speranza: i 90 anni di Benedetto XVI

    
   
di Lorenzo Bertocchi                     16-04-2017
     
In questi giorni l'editore Piemme ha dato alle stampe un testo, Il tempo e la storia, che propone per la prima volta in lingua italiana alcuni suoi scritti degli anni sessanta/settanta del secolo scorso. La critica di Ratzinger al tempo moderno e post moderno attraversa molte delle sue produzioni letterarie, capace come pochi di andare alla radice della crisi metafisica che ha intaccato anche la teologia e, più in generale, la filosofia. «Kant», scriveva negli anni settanta, «squalificò gli sforzi metafisici della filosofia come “precritici”, mettendo a margine della filosofia la “cosa in sè”, e quindi l'essenza profonda del reale, qualificandola come inconoscibile per l'uomo. Per dirla in breve, la ridusse all'analisi delle condizioni della possibilità della conoscenza, e cioè all'illustrazione delle leggi della coscienza umana». Così, in poche righe, c'è tutta la sua chirurgica analisi della riduzione della ragione in uno spazio angusto, incapace di alzarsi al trascendente, via essenziale per giungere a Dio.
Un uomo che si riduce a numero è utile forse alla macchina, che è potente creazione di un intelletto ridotto al suo aspetto funzionale. «Infatti», scrive Joseph Ratzinger, «se non si danno altro che funzioni, anche l'uomo si ridurrà a una funzione. Le macchine che egli ha costruito gli impongono la loro stessa legge. L'individuo deve poter essere letto dal computer, e ciò è possibile soltanto se viene tradotto in numeri. Tutto il resto non conta. Ciò che non è funzione non ha nessun valore. La bestia è il numero che trasforma in numeri».
Ma l'uomo resta comunque bisognoso di una salvezza che nessun numero, nessun progresso, potrà mai donargli. «L'uomo», scriveva papa Benedetto XVI nell'enciclica Spe salvi, «ha bisogno di una speranza che vada oltre», di Qualcuno capace di un amore incondizionato. Lo scoglio ineludibile della morte, sebbene oggi si voglia superarlo a forza, anche con l'assurdo di un suo dominio tecnico, resta qualcosa che non è a disposizione dell'uomo. Di fronte alla morte l'uomo si perde.
«Soltanto la risurrezione di Gesù», si legge ne Il tempo e la storia, «svela la realtà ultima e decisiva contenuta nell'articolo di fede “si è fatto uomo”. (…) Attraverso di Lui l'essere uomo è penetrato nell'essere proprio di Dio: questo è il frutto della sua morte. (…) L'uomo, questo essere assurdo, non è più assurdo. L'uomo, questo essere sconsolato, non è più privo di consolazione: possiamo rallegrarci. Egli ci ama, e ci ama a tal punto che il suo amore è diventato carne e rimane carne».
Così, nonostante ogni evidenza in contrario, nonostante la vita o il momento storico che si sta vivendo, l'uomo è sempre capace di speranza. La Pasqua ci insegna che non è in potere dell'uomo togliere la sofferenza o il dolore, ma è mediante l'unione con il Cristo che è possibile oltrepassare l'invalicabile.
Nell'enciclica dedicata alla speranza papa Benedetto XVI scriveva che una vera giustizia, capace di annullare la sofferenza presente e anche ciò che è irrevocabilmente passato, non può esserci senza risurrezione dai morti. E questo tipo di giustizia per essere completamente tale deve comportare anche la risurrezione della carne. «Sì, esiste la risurrezione della carne», afferma Ratzinger. «Esiste una giustizia. Esiste la “revoca” della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto. (…) Questo lo sappiamo volgendo lo sguardo sul Cristo crocifisso e risorto». Buona Pasqua e buon compleanno Benedetto.

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