αποφθεγμα Apoftegma
Il Signore ci ha sedotto con il suo amore proprio dove il demonio viene ad innescare l’ira, l’insoddisfazione, l’angoscia: sotto la croce, dove lo Sposo ci abbraccia; in quei fatti che ci umiliano nei quali, come su un letto nuziale, Egli si è donato, e si dona per sposarci e unirci a Lui. Anche questa domenica il Signore viene a destarci annunciandoci “apertamente” la buona notizia della sua morte e risurrezione. Ma satana è accovacciato accanto a noi come a Pietro, per graffiarci dove più ci fa male, e indurci all’incredulità e alla mormorazione. La Chiesa ci predica il Vangelo, e noi “prendiamo in disparte” Gesù per spiegargli come dovrebbe compiere la sua missione. Di sicuro non è andando a Gerusalemme. Se lì sono preparati il rifiuto, la persecuzione e la morte, beh allora non è proprio quello il posto dove potrà salvarci. Come Pietro, gli apostoli, come tutti gli ebrei, io ho bisogno di un liberatore, di uno che combatta per me contro i Romani, contro le ingiustizie, che cambi le sorti della mia vita. Questo è per noi il cristianesimo. Ma Gesù “si volta” abbassandosi verso di noi per dirci: “Lungi da me satana”, che è la preghiera umile con cui combattere ogni giorno per essere davvero felici. “Lungi da me satana”, che vuoi rubarmi la primogenitura, la chiamata, la missione; mi sussurri che non dovrà accadere mai che mio marito si metta contro di me, che mia figlia disonori la famiglia, che perda il lavoro, che mi venga un cancro, che resti solo. Uomo vecchio, “tu mi sei di scandalo” sul cammino che conduce alla Gerusalemme della fede adulta e all’uomo nuovo.
Per questo Gesù ci insegna a non temere di tagliare e rinnegare l’uomo della carne per diventare un discepolo autentico di Gesù, abbandonando “la mentalità di questo secolo”, e “trasformandoci rinnovando la mente” e i suoi pensieri, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. Un cristiano, infatti, ha discernimento, perché non “pensa più secondo gli uomini ma secondo Dio”. Per questo lotta ogni giorno, offrendo se stesso in un “culto spirituale” che forse nessuno vedrà, ma “vivo, santo e gradito a Dio”. Il Signore ci chiama a cambiare radicalmente mentalità, rinunciando in ogni circostanza a satana e ai “pensieri secondo gli uomini” di chi non ha compreso il senso profondo della Croce, perché non l’ha vista gloriosa nella propria vita. Il demonio, infatti, ci nasconde la verità, presentandocene una sola parte, enfatizzata negativamente. Al punto che Pietro non si accorge di dire a Cristo che non gli deve non solo di essere perseguitato e ucciso, ma anche di risorgere! Il demonio trucca sempre la bilancia, e fa pendere tutta l’esistenza dalla parte di tre giorni, così che esigiamo da Dio e dagli altri il risarcimento per l’immensa ingiustizia che subiamo. Ma non è irragionevole pensare che tre giorni pesino più dell’eternità? E’ come se tre piume pesassero più di una tonnellata di ferro… Eppure è quello che fa il demonio con noi. Perché il suo obiettivo è non farci andare a Gerusalemme e risorgere, essere salvati. Lo stesso che voleva fare con Gesù per vanificare il piano di Dio. Per questo non vogliamo e non possiamo entrare nei momenti decisivi in cui rinnegare se stessi per amore della moglie, del marito, del fratello, del nemico.
E’ necessario allora un cammino di conversione serio come quello di Pietro nel quale vedere il Mistero Pasquale compiersi nella nostra debolezza, mettere le mani nelle ferite di Cristo, toccare la Gloria che lo aspettava e lo ha accolto dopo la Croce, la morte e il sepolcro. Sperimentare che dentro la Croce è nascosto il tesoro più grande, per noi e per il mondo. Con Pietro dobbiamo toccare la resurrezione che getta un bagliore su ogni evento difficile della vita, perché “prendere la Croce” significa aver sperimentato che Gesù crocifisso è il Signore della Gloria; che la Croce non è uno strumento di tortura e di morte, ma di liberazione e di vita. Scoprire che quello che per il pensiero degli uomini non deve accadere è proprio ciò che mi salva e guai se non accade! Questa è la differenza tra un cristiano e un pagano, tra chi ha lo Spirito di Cristo disceso sul cenacolo, e chi non ce l’ha. Questa è la differenza tra un “discepolo” che segue Cristo, e un orgoglioso, che lo vuole anticipare. Vuoi essere discepolo di Gesù? Lui ti ha scelto, ti vuole con sé; ti ha chiamato e accompagnato nella Chiesa. Hai camminato immerso nella sua fede, e, con Pietro, hai riconosciuto che è il figlio del Dio vivente. Ora, “apertamente” Gesù ti dice che cosa significa per te essere un figlio di Dio. Perché a questo sei chiamato, ad essere cristiano, cioè di Cristo, una sua immagine conforme… Lo vuoi davvero? Vuoi stringere con Cristo questa alleanza che ti fa una cosa con Lui, figlio nel Figlio che guadagna la sua vita perdendola e che non perde la sua anima perché abbandona ogni desiderio mondano? Figlio che “rinnega” se stesso e per questo sa stare “tre giorni” nel sepolcro, con pazienza, senza toccare nulla della storia, senza ribellarsi, muto e mite, docile e mansueto come un agnello davanti ai suoi tosatori. Figlio che ogni giorno si alza per “andare a Gerusalemme” dove offrirsi per amore, e compiere così la missione di rendere testimonianza alla verità. L’ufficio come il sinedrio, il marito come Pilato, la moglie come Caifa, i figli come la folla che voleva Cristo crocifisso… Ogni pensiero del mondo è nemico della Croce, e, se si attacca poi “non potremo dare nulla in cambio della nostra anima”.
Ma la Chiesa, come fece Sant’Ignazio di Loyola con Francesco Saverio, ci annuncia la parola capace di polverizzare l'orgoglio, trasformando quel nobile ragazzo nel più grande apostolo dopo San Paolo. Era diventato, semplicemente un figlio di Dio, un cristiano, un discepolo di Cristo ormai capace di seguirlo ovunque. Anche dove il demonio con le sue menzogne impedisce al mondo di andare; per smentirlo con i fatti e, con l’annuncio del Vangelo, mostrare che è falso quello che dice: si può andare a Gerusalemme eccome, e perderci la vita per ritrovarla piena e bellissima. Siamo stati chiamati alla Chiesa per essere formati e ricevere in dono la fede adulta, non per rimirarci allo specchio, ma per annunciare “apertamente” al mondo, ovvero con “parresia”, che la Croce è l’unico cammino alla felicità, alla “salvezza della propria anima”, alla vita vera ed eterna. Perché su di essa Gesù ha rinnegato se stesso per affermare te e me, peccatori senza alcun diritto. Ha perduto la sua vita per ritrovare la nostra, e così risorgere con noi. Coraggio, perché questo è il tempo nel quale dare a Cristo tutta la nostra vita. Non l’hai mai fatto davvero, sino in fondo. Guarda bene e vedrai che stai difendendo qualcosa. Sino ad oggi ci sono state delle intercapedini tra te e Lui. Invisibili a occhio nudo, ma reali. In esse hai continuato a fare la tua volontà, a gestire perfino la conversione, il ministero, la maternità e la paternità, per saziare il tuo uomo vecchio. Basta, lasciati sedurre sino alla fine; abbandona la tua volontà e obbedisci nelle piccole cose, triturando la tua volontà infettata dal pensiero del mondo; e sperimenterai la gioia che nessuno potrà mai toglierti, la libertà che solo donandosi per amore sulla Croce si sperimenta.
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