Ad ogni inizio di anno scolastico non posso evitare di farmi due domande. Come è stato possibile che la Chiesa si sia ritirata dal compito educativo nella scuola? Come è stato possibile che essa lo abbia affidato in via pressoché esclusiva allo Stato?
Nei secoli la Chiesa ha sempre rivendicato un suo ruolo essenziale nell’educazione dei bambini e dei giovani nella scuola. Le università le ha inventate lei, una miriade di ordini religiosi si sono occupati dell’educazione dei giovani, delle giovani, dei principi, dei lavoratori, degli orfani, dei sordomuti, dei ciechi. La Chiesa non ha mai pensato di fare tutto questo per supplenza a qualcun altro, bensì di esercitare non solo un suo diritto in base al principio di sussidiarietà, ma di esprimere la volontà di Gesù Cristo che ha detto “Euntes docete!”, Andate e insegnate!. La Chiesa insegna per sua natura e sa che il vero Maestro è Gesù.
Questo ruolo che la Chiesa ha sempre rivendicato per sé non riguardava solo l’educazione religiosa (come il catechismo che si fa nelle parrocchie) ma l’educazione nella sua totalità, dato che la fede è in stretto rapporto con la ragione e, quindi, con le discipline che vengono insegnate a scuola. Se c’è uno scollamento tra fede e cultura lo si deve prima di tutto al fatto che l’educazione scolastica va da una parte e l’educazione religiosa dall’altra. Il bambino e il giovane a scuola sentono una campana e a catechismo un’altra. Alla Chiesa si riconosce solo un ruolo educativo da società privata che parla ai propri adepti e non un ruolo pubblico ed essenziale per tutta la società. In questo caso si è al massimo disposti a riconoscere alla Chiesa un insegnamento generico di fenomenologia religiosa, come spesso avviene di fatto con l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC), ma niente di più. La conseguenza è che laddove il giovane dovrebbe incontrarsi con la verità, Gesù Cristo non c’è. Tutta la formazione culturale dei nostri giovani viene fatta come se Dio non fosse. Questo progetto di espulsione di Dio dalla scuola avviene dopo aver espulso dalla scuola la verità. In quale POF si legge che una delle finalità dell’educazione e dell’istruzione è di formare il giovane a riconoscere la verità delle cose? Tolta la verità e tolto anche il suo Fondamento.
E qui scatta la seconda domanda. Ad un certo punto della storia lo Stato ha assunto su di sé in toto l’educazione dei giovani, togliendola dalle mani della Chiesa. Ha impostato quindi l’istruzione su base laica o, al massimo, di tolleranza di tutte le religioni. Nella scuola “di Stato” la prospettiva di Dio in generale e del Dio cristiano in particolare, è di solito presentata come antiscientifica e quindi irrazionale. Parlare di Dio in un’aula scolastica non si può, è tuttalpiù compito dell’insegnante di religione, quando costui decide di farlo. Dio è discriminato ed escluso dalla scuola di Stato. Senza poi dire che molti programmi scolastici e libri di testo negano esplicitamente la dignità culturale della fede cattolica ed è ritenuto scientificamente normale celebrare la grandezza di Kant e l’arretratezza di San Tommaso, secondo un criterio storicistico e cronolatrico: le cose più recenti sono migliori di quelle del passato. Lo Stato Educatore, così, manifesta di non essere né neutro né scientifico ma ideologico. Oggi molti genitori si lamentano per la perversa educazione al gender fatta dalle cattedre statali. Ma anche se questo non fosse, il monopolio statale dell’educazione, con la sua esclusione di Dio, sarebbe lo stesso da rifiutare.
A stupire di più, però, non sono tanto questi processi che, per molti versi, avvengono per conto loro, ma l’adesione convinta degli stessi uomini di Chiesa e dei cattolici: il fatto che l’esclusione di Dio dall’educazione dei giovani sia considerata normale e perfino opportuna. Per lungo tempo la Chiesa ha combattuto questo monopolio statale, ma ormai sembra decisa a non fare battaglie di sorta, a convivere con lo Stato Educatore anche se esso demolisce le basi culturali su cui si può innestare la consapevolezza della fede, a considerare l’ambito della scuola statale come il più opportuno per il dialogo e il confronto, senza tenere conto che non è un ambito neutro, ma ideologicamente orientato. Il giovane studente non sente mai la parola “Dio”, della Chiesa gli viene presentata una visione deformata, del trascendente nessuno gliene parla mai, viene celebrato il valore di uno spirito critico senza basi che non siano soggettive. Come stupirci se poi la proposta cristiana non viene nemmeno compresa?
Benedetto XVI aveva detto una volta: “Un mondo senza Dio non è un mondo neutro, è un mondo senza Dio”. Non riesco a darmi ragione di come la Chiesa ormai si sia rassegnata ad accettare una scuola così, una scuola senza Dio.
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