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martedì 2 gennaio 2018




αποφθεγμα Apoftegma



Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione 
perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. 
E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia 
e questo si ripete anche nella relazione con l’altro 
che non è più il fratello da amare, 
ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. 
Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, 
anzi di essere Dio, 
porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, 
porta a versare il sangue del fratello.
Papa Francesco



LA NOSTRA IDENTITA' SGORGA DA QUELLA DEL SIGNORE: NON SIAMO DIO MA I SUOI FIGLI PECCATORI DA LUI AMATI INFINITAMENTE  



«Tu, chi sei?»: il nuovo anno inizia con questa domanda, e la felicità dipenderà dalla risposta che sapremo dare. In mille modi diversi ci "interrogheranno", come facciamo anche noi, perché conoscere il nome di un altro significa acquistare un potere su di lui. Lo chiami per nome, e anche in mezzo a una grande folla lui si gira: hai avuto il potere di strapparlo a se stesso perché fissi l'attenzione su di te. "Tu chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato?": i sentimenti e le concupiscenze, infatti, ci "inviano" agli altri ed esigono risposte che sazino la carne. Ammanettati gli uni agli altri nei propri smartphone, come in un grande fratello dove nulla deve restare segreto, fidanzati e amici si sottopongono mutuamente a indagini accuratissime: tra chat e selfie, post, tag e commenti, devono sapere tutto, e guai se non sei immediatamente reperibile, se non sai dare la risposta che l'altro si aspetta. Guai se non ti metti a nudo sin dentro l'intimità, se cioè non sai dire "chi sei"; aspettati dall'altro crolli verticali nell'orrido di drammatiche crisi esistenziali, terremoti emotivi che innescano tsunami violenti e isterici sul mondo intero. Che stress, vero? Impegnati a dimostrare a tutti che siamo quello che ci ha detto, ingannandoci, il demonio: "Tu sei Dio", e sarai realizzato solo nella misura in cui il mondo ti riconoscerà tale. Che fatica vivere dentro quell'immagine ipocrita che ci cola addosso come rimmel aggredito dal sudore. Eh sì, perché non essendo Dio, sudiamo tutti... Eppure, proprio questa è la prima grande notizia dell'incarnazione: Dio si è fatto bambino perché per salvarci doveva innanzitutto dirci chi non siamo. Giovanni Battista lo sapeva bene e per questo "confessò e non negò": per ogni carne debole e peccatrice confessò e non negò di non essere quello che il serpente aveva affermato di ciascuno di noi. Giovanni era "il più grande tra i nati di donna" perché il più umile, il più sincero, il più realista: sapeva di essere figlio di un miracolo e aveva esultato di gioia nell'incontro con l'Autore di quel miracolo. Per questo è la "voce" di ogni uomo nato da donna, secondo la carne e quindi figlio del peccato; "voce di uno che grida nel deserto" che è immagine della nostra vita, arida e senza la vita che sgorga dall'amore gratuito e autentico. Giovanni è qui a Betania, nelle nostre case e negli uffici, al mercato e in cucina, in classe e all'ufficio postale: è la presenza e la "voce" della Chiesa che ci svela il Messia vivo in mezzo a noi, ora; ci annuncia il Vangelo e ci immerge nella sue viscere di misericordia dove la Parola si fa carne nella nostra carne sterile per renderla feconda nell'amore.  

Per questo, nella Chiesa, impariamo ad accettare e a "dire" la verità "di noi stessi": non siamo Dio, ma un "deserto" dove ha regnato la morte conseguenza dei nostri peccati; in esso però è disceso lo Sposo che, con la sua morte e risurrezione, lo ha trasformato in un giardino. Per questo, ogni evento della nostra vita nel quale Cristo ci ha perdonato e rigenerato, è "voce che grida" vittoriosa "nel deserto" del mondo per chiamare a conversione. La gratuità dell'amore che ci ha raggiunti e salvati invita chi ci è accanto a non fermarsi alla nostra povera carne, ma a contemplare in essa l'opera di Dio. Così ogni profeta e testimone, sia padre o madre, sia prete o religioso, è autentico solo se distoglie l'attenzione da se stesso per orientarla verso Cristo, l'unico Sposo a cui moglie e marito, figli e colleghi, parrocchiani e lontani, tutti sono promessi sin da prima dalla creazione del mondo. "Non sono il Messia" è l'unica e autentica risposta da dare a chi ci chiede "chi siamo", perché apre un varco a Cristo nella relazione tra due sposi, due fidanzati, tra genitori e figli, tra fratelli, amici e nemici. Un cristiano si presenta così: "piacere, sono Tal dei tali, non sono Dio. Sono solo un peccatore, ma.... amato infinitamente da Dio. Se fosse stato per me avrei già distrutto il matrimonio, non avrei certo avuto questi figli... Per questo non sono io che potrò farti felice, che saprò rispondere ai tuoi dubbi, consolare le tue angosce, colmare le tue voragini affettive. Non sono io il tuo Messia, ma solo la sua "voce", perché in me parla il suo amore per te, perché tu possa riconoscerlo e aprirti a Lui". Come Giovanni che, per sottolineare di non essere lo Sposo diceva di sé di "non essere degno di slacciare il legaccio del sandalo" a Colui che invece lo era, chi ha conosciuto l'amore di Dio afferma con parole e gesti di non avere alcun diritto sull'altro, perché è Cristo il suo Sposo, l'unico che ha dato se stesso per entrambi. Coraggio allora, Dio ci invia alle persone per annunciare suo Figlio, svelandolo nascosto nella loro vita, anche in quella più compromessa con il peccato. E a "battezzarle con acqua", a immergerle cioè nella verità che risplende nella nostra realtà strappata all'ipocrisia, perché possano convertirsi e accogliere il Messia. Basta un po' di umiltà, la Grazia donata a Giovanni di essere quello che era, e nulla di più. 

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