Valencia, “chiese proibite per usi profani”. Firmato: l’Arcivescovo
A Valencia il cardinale arcivescovo scrive un atto rivolto a fedeli e sacerdoti nel quale proibisce l’utilizzo delle chiese per scopi profani. E raccomanda la comunione in ginocchio e in bocca. “La secolarizzazione interna alla Chiesa è la più grave di tutte”.
di Marco Tosatti (20-01-2018)
“Il mio tempio è una casa di orazione”: partendo dalla frase del Vangelo il cardinale arcivescovo di Valencia, Antonio Cañizares Llovera, ha scritto qualche giorno fa una lettera ai sacerdoti della sua diocesi per indicare come si possa – e soprattutto come non si possa – usare una chiesa. È un argomento particolarmente attuale e interessante, soprattutto da noi, dove l’abitudine – la moda? – di usare le chiese per allestire pranzi e cene, e altri usi ancora, sta dilagando come la Nuova BQ sta mostrando da settimane con la campagna #salviamolechiese. Un fenomeno di imitazione cominciato con la mensa in San Petronio durante la visita del Pontefice, e che si è diffuso qua e là anche altrove; nonostante in moltissimi casi non siano certo i locali a disposizione che mancano alle chiese e alle diocesi… E il card. Canizares raccomanda anche di ricevere l’Eucarestia in ginocchio e in bocca, anche se è permesso ricevere l’ostia nella mano.
“Cari fratelli sacerdoti, cari tutti: vi scrivo questa lettera con tutto l’affetto a la preoccupazione e il massimo interesse affinché i templi – cattedrale, basiliche, chiese parrocchiali, cappelle, eremitaggi con culto abituale –siano case di orazione e non si trasformino, o non le convertiamo in luoghi profani”.
Il porporato inizia raccomandando il silenzio, dovuto ai luoghi sacri, e ricorda come sin da bambino gli sia stato insegnato dai genitori a mantenere il silenzio in chiesa. Un silenzio che, osserva, “si vede alterato con troppa frequenza e indebitamente nel rito della pace, così come alla fine della celebrazione, o all’ingresso nel tempio”.
Dopo aver ricordato che per entrare in chiesa è necessario un abbigliamento adeguato, e che è opportuno ricordarlo con cartelli all’ingresso delle chiese, parla poi delle fotografie. “Senza impedire il ricordo, che capisco sia gradito di conservare in fotografia. Si possono fare fotografie, è normale che si desideri. Però non possiamo convertire il tempio in un salone di fotografie né in un momento di divertimento e frivolezza”.
Continua poi in questo piccolo saggio di etichetta sacra: “Mi permetto di richiamare la vostra attenzione a come ci comportiamo quando passiamo davanti al tabernacolo; a volte si passa davanti al tabernacolo senza fare nessun gesto di riverenza né genuflessione, come si deve. I bambini passano davanti al tabernacolo in cui sta Gesù presente, consacrato. Bisogna educarli, e bisogna educare i grandi”.
I punti centrali della lettera però riguardano la comunione, e l’uso improprio dei luoghi di culto. Fa riferimento a una lettera pastorale di qualche anno fa: “In questa stessa lettera ricordavo come darsi la pace e comunicarsi. Vi confesso che ci sono volte che sto male vedendo come si avvicinano alcuni, senza nessun raccoglimento e devozione, senza nessun gesto di adorazione, come si prende un biscotto o qualche cosa di simile. Insisto in quello che dicevo nella lettera citata sull’Eucarestia: ci si può comunicare direttamente in bocca, o con la mano per poi portarsi il corpo di Cristo alla bocca. Però devo aggiungere che la forma più consona con il mistero del Corpo di Cristo che si riceve è comunicarsi in ginocchio, e in bocca. Non sono retrogrado in questo, ma segnalo solo ciò che si accorda alla comunione”.
E l’ultima parte è centrata sull’uso corretto delle chiese, e sulla lotta alla secolarizzazione interna nella Chiesa: “Infine, i templi devono essere rispettati per quello che sono: Tutti abbiamo visto male che in Catalogna si siano utilizzati i templi, per esempio, per metterci le urne del recente voto. E vediamo con quanta tranquillità, senza scomporsi, con un certo gusto anzi, non so se per snobismo o per quale ragione – si usano i templi con la migliore buona intenzione ma senza testa, per altri usi, per i quali si potrebbero usare altri locali; chiaro salvo casi di emergenza o necessità? Rispetto a ciò devo dire per fedeltà e rispetto a quello che è il tempio che proibisco severamente altri usi profani che, salvo casi di emergenza o di necessità maggiore o inevitabile che lo richiedano, e questo con autorizzazione almeno del vicario di zone. Non contribuiamo alla secolarizzazione, la secolarizzazione interna alla Chiesa è la più grave di tutte”.
La lettera si chiude con una richiesta paterna: “Non prendete in mala parte ciò che dico; è per il vostro bene e il bene delle nuove generazioni e della Chiesa…. Non dimentichiamo mai le parole di Gesù stesso, mosso con tutto il suo zelo di Figlio per la gloria del Padre, in tutta la loro gravità e profondità: ‘La mia casa è casa di orazione’. Contribuiremo, se lo facciamo, seguendo le indicazioni che offro ad andare superando la secolarizzazione così grande che subiamo e che è necessario superare. In questo modo contribuiremo al culto in “spirito e verità” come ci dice Gesù, e a compiere quello che ordina il primo comandamento, di amare Dio sopra ogni cosa”. A Valencia c’è un vesco
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