Nell'Udienza generale, il Papa spiega che la consapevolezza che tutto è dono, aiuta un Pastore a non confidare soltanto in se stesso e a non assumere un atteggiamento autoritario, "come se tutti fossero ai suoi piedi"
Citta' del Vaticano, Salvatore Cernuzio
Vescovi, presbiteri, diaconi. È tutta incentrata sui “ministeri” la catechesi di oggi di Papa Francesco durante l’Udienza generale. Il Papa prosegue il suo ciclo di riflessioni sulla Chiesa cattolica e si riallaccia al discorso del mercoledì precedente in cui si evidenziava come il Signore continui a pascere il suo gregge attraverso il ministero di presuli e sacerdoti.Un ministero che certo non è dato da qualità personali: “Non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri – afferma infatti il Santo Padre - ma solo in forza di un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo”.
Essi per ogni comunità cristiana e per la Chiesa intera sono dunque un “segno vivo” di Cristo, “della sua presenza e del suo amore”. La responsabilità pertanto è altissima; il Papa infatti domanda: “Che cosa viene richiesto a questi ministri della Chiesa, perché possano vivere in modo autentico e fecondo il proprio servizio?”.
La prima traccia la dà San Paolo che, nelle Lettere pastorali ai discepoli Timoteo e Tito, si sofferma “con cura” sulla figura dei diversi ministri, delineandone “le prerogative”. Anzitutto quelle doti “inerenti la fede e la vita spirituale”; poi le doti “squisitamente umane” come “l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore”. Proprio queste costituiscono “l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero!”, afferma il Pontefice.
E ricorda che “senza questa predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire un servizio e una
testimonianza davvero gioiosi e credibile”.
In tal senso, è ancora San Paolo ad offrire uno spunto quando “esorta a ravvivare continuamente il dono che è stato ricevuto” attraverso il ministero. Essere vescovi, preti, diaconi è, infatti, un dono gratuito, ribadisce il Papa. E tale consapevolezza dovrebbe essere “una grazia da chiedere ogni giorno!”. Perché “un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale”.
Inoltre, “la consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore anche a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso”, spiega Francesco. "Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai – ammonisce - se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno”.
Anzi proprio costui, in tutta coscienza, deve riconoscersi per primo “oggetto della misericordia e della compassione di Dio” ed essere “un ministro della Chiesa” sempre “umile e comprensivo nei confronti degli altri”. “Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede egli si metterà in ascolto della gente”, aggiunge il Pontefice: in ascolto dei “lontani” dalla fede e dalla Chiesa, da cui può “avere sempre qualcosa da imparare”, come pure dei propri confratelli. L’importante è che di fondo ci sia “un atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione”.
“Cari amici – conclude quindi Papa Francesco - dobbiamo essere sempre grati al Signore, perché nella persona e nel ministero dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi continua a guidare e a formare la sua Chiesa, facendola crescere lungo la via della santità. Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a pregare, perché i Pastori delle nostre comunità possano essere immagine viva della comunione e dell’amore di Dio”.
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