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La chiamata di Abramo |
L'UMILE CONSAPEVOLEZZA DELLA NOSTRA PICCOLEZZA CONSENTE A CRISTO DI OPERARE IN NOI IL MIRACOLO DELLA FEDE CHE VINCE E SALVA IL MONDO
La Chiesa è nel mondo come “un gelso trapiantato e gettato nel mare”, rivela l’impossibile che va al di là delle leggi della natura. Come può un albero mettere radici nell’acqua? Non si è mai visto. Così il mondo, incontrando i discepoli di Cristo, si trova dinanzi allo spettacolo inedito di persone normalissime che vivono in un amore soprannaturale. Come può una moglie perdonare “sempre” – così suggerisce il numero “sette”, simbolo della pienezza – un marito che la tradisce continuamente e, “pentito”, torna immancabilmente da lei? Come possiamo noi ogni giorno, dimenticare, scusare, credere, coprire tutto? “Perché Tu, Dio, getterai nel mare più profondo le nostre colpe” (Mic 7, 19), il nostro uomo vecchio che scandalizza chi ci è accanto nelle acque del battesimo rinnovate nella Chiesa che ci amministra i sacramenti. Il Padre, infatti, ha compiuto in noi l’impossibile, liberandoci dal potere delle tenebre e rinnovando il miracolo della “fede” che ci “trapianta” nel regno del suo Figlio diletto, il “gelso” che ha steso le sue radici nel mare della morte, per elevarsi sino al cielo della vita. Come Lui, “sette volte al giorno”, dalle radici piantate nella nostra storia, assorbiamo dolore, tentazioni e morte, mentre dal Cielo riceviamo la sua vita. Ma il pericolo di cadere è sempre dietro l’angolo, e non si tratta di “aumentare” la fede”, ma di averla ricevuta in dono nella Chiesa, e di difenderla, "stando attenti a noi stessi" con la preghiera e l'aiuto dei pastori e dei fratelli. Ne basta un pizzico, come un “granello di senapa”, il più piccolo tra tutti i semi, ma che, divenuta adulta, accoglie i “piccoli” tra i suoi rami. Per questo abbiamo bisogno di ascoltare “sette volte”, sempre e di nuovo, l’annuncio del Vangelo, perché la fede viene dalla “stoltezza della predicazione”. Gli apostoli, quando predicavano, prima dell’annuncio della morte e resurrezione di Cristo, denunciavano sempre i peccati; “correggevano” chi ascoltava “sgridando” i loro demoni, come aveva fatto Gesù. Ogni “correzione”, infatti, è sempre un esorcismo pieno di amore, perché se non si smaschera la schiavitù scacciando l’aguzzino, il fratello non sarà coinvolto dalla Buona Notizia e non si potrà aprire al dono della fede. Per questo, lo “scandalo” che impedisce ai “piccoli” di entrare nel Regno, è la rinuncia alla “stoltezza” dell’annuncio in favore della sapienza mondana: “Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa. Quanta superbia, quanta autosufficienza!” (J. Ratzinger). “Guai” a chi spegne lo zelo per la salvezza delle anime! “Guai” a chi strozza il “grido” che illumina il peccato rendendo così vana la croce di Cristo e il suo perdono; saranno “gettati in mare” con al collo la stessa “pietra” che ha fatto “inciampare” i “piccoli”. Dove si è smarrito il perdono tutto diviene possibile, come negli scandali gravissimi che purtroppo coinvolgono anche i ministri della Chiesa. Ma “è inevitabile che avvengano”, perché siamo liberi e possiamo sempre cedere agli inganni del demonio. Tutti noi abbiamo scandalizzato, perché tutti ci siamo scandalizzati di Cristo. Con Pietro e i discepoli siamo scappati e abbiamo trascinato tante persone nel nostro tradimento. Ma non esiste peccato che non possa essere perdonato! Possiamo incontrare nella Chiesa il volto misericordioso del Signore che ci viene a cercare sulla riva dei nostri fallimenti, ci "rimprovera" per sperimentare il suo "perdono" che ci spinge ad amarlo, nonostante tutto.
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