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giovedì 15 dicembre 2016

C'è aria di Ario nella Chiesa

   
   
di Angela Pellicciari                             15-12-2016
Ario
Caro direttore,
mi sembra interessante tornare sulla lettera di 23 personalità appartenenti prevalentemente al mondo anglosassone che hanno appoggiato l’iniziativa dei 4 cardinali che hanno espresso al Papa i loro Dubia (clicca qui). Gli studiosi pensano che i Dubia esprimano domande “pertinenti” sull’insegnamento della Chiesa a proposito dei sacramenti e della legge morale. Si fa anche riferimento all’episodio riportato nella lettera ai Galati in cui un Pietro “che evidentemente aveva torto” viene ripreso “a viso aperto” da Paolo.
I 23 avanzano un possibile parallelo tra la crisi vissuta dalla Chiesa nel quarto secolo, provocata dall’eresia ariana, e l’attuale situazione. Questo accostamento è venuto in mente a molti, me compresa. Che Satana avrebbe scatenato contro la Chiesa persecuzioni ed eresie lo sappiamo da sempre perché ne parlano tutti gli autori del Nuovo Testamento (così, per esempio, Paolo scrive a Timoteo: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori”, e così Pietro nella sua seconda lettera: “ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose”).
All’epoca di Ario (256-336) le persecuzioni sono appena finite (editto di Milano del 313) e la Chiesa e i vescovi tirano un sospiro di sollievo quando, all’improvviso, Costantino cambia idea e dopo aver organizzato un concilio (concilio di Nicea del 325) per condannare le dottrine ariane diventa lui stesso ariano e tale l’impero resterà per 50 anni (328-378). I vescovi tornano ad essere perseguitati ma, non essendo più abituati alle dure pressioni del potere temporale, cedono alla volontà imperiale. Tutti. In Oriente tutti meno uno (Atanasio), in Occidente tutti meno 3 (Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari e Dionigi di Milano). Papa Liberio, difensore dell’ortodossia, deposto ed esiliato, vinto dalla paura si piega anche lui.
Cosa predica Ario? Una cosa ragionevole, in fondo. Vuole portare chiarezza all’interno della dottrina. La Trinità, che pure è chiaramente affermata dal Nuovo Testamento (“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, dice Gesù nel vangelo di Matteo), è un concetto ostico: c’è un unico Dio o ce ne sono tre? La ragione esige chiarezza. Ario porta chiarezza nel senso che fa trionfare sulla verità rivelata la verità aggiustata dalla sua personale ragione e, a proposito di Gesù, scrive che “c’era un tempo in cui non era”: Gesù non è coeterno al Padre. Gesù è creatura e pertanto non Dio in senso proprio e pieno. Il Padre è l’unico vero principio.
Dal punto di vista imperiale la dottrina ariana presenta un indubbio vantaggio: l’imperatore concepisce sé stesso come il massimo rappresentante di Dio in terra e questa operazione politica di natura cultural-religiosa viene facilitata dalla presenza di un solo, unico, e incontrastato Dio. Un solo Dio in cielo, un solo imperatore in terra.
La potenza imperiale dei nostri giorni, gli Usa, servendosi anche delle istituzioni internazionali, cerca di dominare e omologare a sé il mondo a cominciare dal punto di vista culturale. Da questo punto di vista la presidenza Obama ha rappresentato un punto di eccellenza: aborto inteso come diritto umano, finanziamento e promozione dell’omosessualità, concepimenti fantasiosi ottenuti con mezzi di tutti i tipi, promozione della “scientifica” verità del gender. L’Italia, estrema provincia imperiale, con Renzi ha cercato come ha potuto di adeguarsi ai principi non negoziabili imposti dal potente di turno e, a giudicare dalla scelta del nuovo ministro della Pubblica Istruzione, sembra che le cose debbano continuare nella stessa direzione.
La Chiesa non vive fuori dal mondo ed è stata anche lei investita dalla bufera modernista che chiama bene il male e male il bene e che lo fa in nome della misericordia divina, del rispetto delle persone, della necessità di adattare la dottrina alle esigenze (e ai drammi) del moderno vivere civile.
Ma a Roma c’è Pietro. Baluardo della verità rivelata. Non praevalebunt.

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