Come scriveva Peguy, i Santi Innocenti sono stati dei privilegiati: hanno offerto il sangue per Cristo prima ancora di poter parlare: “O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria” (Dai «Discorsi» di san Quodvultdeus ). In questo mistero, scandaloso per i più, come la sofferenza che colpisce ogni innocente, si cela la Buona Notizia che illumina la nostra storia, proprio tra le ferite incomprensibili di bambini sterminati al posto di uno solo. Brilla in questi fanciulli una Grazia simile a quella che ha colmato e resa immacolata, ancor prima d’essere concepita, la Vergine Maria. E si svela il mistero dell’elezione di ciascuno di noi, la primogenitura che ci fa appartenere a Cristo ancor prima d’essere nati: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger. 1,). Certo, è facile sbattere contro il muro d’irragionevolezza che, a prima vista, circonda questo evento che ha bagnato di sangue i primi vagiti del Signore. Come ci scandalizza ogni avvenimento di sofferenza degli innocenti, cioè di coloro che, letteralmente, "non conoscono", non sanno cioè il perché gli accadano certe cose: i terremoti, i bambini violati e uccisi, le malattie, la guerra. Restiamo senza parole, sbigottiti, dinanzi alla furia di Erode, e ancor più, se pensiamo che tutto quel sangue ha coperto la fuga del Signore. Muti, infanti, etimologicamente senza favella, come i Santi Innocenti, capaci di esprimersi solo con grida e lacrime. E non abbiamo risposte, se non andiamo a cercarle in quel Bimbo messosi miracolosamente in salvo, grazie al martirio di tanti altri. Esule e perseguitato sin dalla nascita, Gesù scende in Egitto che, in ebraico, significa angoscia. Inizia così per Lui il lungo cammino che lo condurrà alla Croce, l’ingiustizia più grande. Occorre oggi, e ogni giorno della nostra vita, fermarsi presso la Croce, come Maria, e imparare a “custodire e meditare nel cuore” ogni avvenimento della nostra vita, perché ciascuno di essi fa parte della vita di Cristo, perché apparteniamo a Lui, sin dall’eternità: “Quando gli eventi ci avvicinano a Cristo, quando soffriamo per Cristo, è sicuramente un privilegio indicibile – qualunque sia la sofferenza, anche se sull'istante, non siamo coscienti di soffrire per lui” (Beato John Henry Newman).
E’ la Croce che illumina la storia, anche quella che ha inghiottito i Santi Innocenti: gli eventi drammatici sono soprattutto una Parola viva di Dio che come una spada discende sino al midollo dell'esistenza. La Chiesa è chiamata a mostrare Cristo per annunciarlo vivo e capace di dare senso ad ogni dolore, anche a quello più assurdo. Al dolore e alla sofferenza degli innocenti. Quel giorno che ha segnato con il sangue dei bambini di Betlemme l’inizio della via crucis di Gesù, è la data annotata in rosso sul taccuino di Dio. Quel giorno, e tutti i giorni che partoriscono dolore innocente, ci svelano il suo cuore, il suo progetto di amore per ogni uomo: per amore Gesù è disceso nell’Egitto e nella tomba di ogni uomo a compatirne angosce e sofferenze per deporvi la speranza che non delude, e liberare tutti insieme con Lui: “Dall’Egitto ho chiamato ogni mio figlio” nel Figlio che ha consegnato se stesso. Laddove la vita s'è fatta detrito sotto le onde di uno tsunami, tra le macerie dell'esistenza, nel dolore sordo degli innocenti è sceso l'amore. E questo amore ha un nome, Cristo, ed un volto, la Chiesa dei suoi fratelli più piccoli, i Santi Innocenti di ogni generazione. Essi sono morti per amore, dando compimento alla propria vita: non importa il tempo trascorso sulla terra, importa il Cielo al quale tutti siamo chiamati! E il Cielo esiste perché Cristo lo ha spalancato dinanzi a ciascun uomo, gratuitamente. Importa il destino per il quale siamo nati, la vita, qualunque essa sia, ci è data per amare, e un secondo speso senza amore è buttato; questi bambini sono una profezia per ciascuno di noi. Non importa il nostro carattere, il modo di parlare, la forma del corpo; non importano neanche i peccati, perché Dio, conoscendo tutto di noi, ci ha scelti, come questi bambini, prima ancora di essere formati nel seno materno. E’ la sua impronta in noi ad essere decisiva, e che essa si riveli in un amore che nulla difende e tutto dona, al di là di come siamo, nel perimetro spesso angusto della nostra debole carne. Tutto è santo in noi, anche i difetti, perché tutto apre il cammino a Cristo, alla salvezza e alla vita eterna. Come i santi innocenti, proprio la sofferenza che ferisce la nostra vita è il segno offerto al mondo che rivela che nella terra di nessuno della solitudine è disceso Cristo: l'Agnello senza macchia era lì quel giorno, innocente tra i suoi fratelli innocenti, la spada non lo ha risparmiato, la violenza lo ha travolto insieme a tutti, la paura non lo ha evitato. Il male che avvelena la vita di tanti giovani, che sfianca le famiglie, che asfissia il lavoro, il male banale che spegne questa generazione si è schiantato sul suo corpo crocifisso. Uno solo ha preso sul serio il male, al punto di morirci dentro. Uno solo lo ha guardato in faccia, lo ha sfidato, se ne è addossato ogni conseguenza, capro espiatorio di ogni veleno. Non vi è sofferenza che Cristo non abbia conosciuto, solitudine che non abbia sperimentato. Il mistero più grande, da quel giorno sul Golgota, ogni dolore è divenuto il dolore della stessa carne di Cristo, dolore divino, e per questo innocente. Quel giorno che solo tu conosci era la tua vita, ma era Calvario. Da quel giorno sul Golgota, ogni dolore è il dolore di Cristo, ogni tomba è il suo sepolcro. In tutti ha deposto, come un seme di vita eterna, il suo corpo benedetto. Quel corpo oggi è la Chiesa, i suoi missionari e i suoi cristiani, i piccoli innocenti perché amati e perdonati da Cristo, che Dio depone nella trama dei giorni, come un seme di speranza, tra le viscere di dolore di ogni uomo: “Voi bambini imitate Gesù. Siete dei bambini Gesù. Senza accorgervene, senza saperlo, senza volerlo” (Charles Péguy)
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