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giovedì 2 marzo 2017


RINNEGARE SE STESSI PER AFFERMARE LA SIGNORIA DI CRISTO IN NOI




“Ogni giorno” camminiamo mossi da un imperativo categorico, l'irrefrenabile esigenza di auto-affermarci. Ma, alla fine, è sempre solitudine e tristezza, il destino di chi, per "salvare la propria vita", "segue" solo se stesso e le proprie concupiscenze. Il Figlio dell'Uomo, invece, ha un'altro imperativo: "deve" essere "riprovato", morire e così "risorgere". Nell'originale greco, il verbo "riprovare" deriva da un termine che indicava una moneta autentica, e traduce l'ebraico “provare con il crogiuolo”. Gesù, dunque, è dovuto passare per il crogiuolo del Sinedrio, ed è stato ri-provato"Gli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi" credevano che non fosse Lui la moneta di cui avevano bisogno per pagare il prezzo del proprio riscatto. Bastavano a se stessi, non si sentivano schiavi; anzi, non pensavano proprio di dover essere riscattati, loro compivano la Legge... E invece era proprio di Lui che, come tutti, avevano bisogno. Lui, l'unica moneta che il Padre poteva riconoscere autentica e valida, perché consegnata al  mondo per pagare il riscatto di ogni uomo. Così, mentre satana rigettava Cristo, il Padre accoglieva noi. Il sangue e l'acqua colati sul legno della Croce hanno riportato alla luce in noi l'immagine originale di figli nel Figlio. Per questo oggi Gesù ci chiede "se vogliamo andare dietro a Lui" a pagare il riscatto per i peccatori. Lo desideriamo sinceramente? Ecco allora la Quaresima porci dinanzi lo stesso cammino di Gesù: “riprovare noi stessi”. Questo significa, concretamente, rinnegare la giustizia umana che reclama i propri diritti dimenticando il perdono, la pazienza, la tenerezza nei confronti di chi ci è accanto; rinnegare l'accidia che ci distoglie dalla fedeltà alle piccole responsabilità di ogni giorno; rinnegare l'avarizia e la concupiscenza che ci fanno arpionare cose e persone per chiuderle nella cassaforte del possesso; rinnegare ideali e idoli che invadono la nostra volontà per distoglierla dall'adeguarsi a quella di Dio. E, soprattutto, "prendere la croce ogni giorno". Qual'è oggi la tua croce? Guarda Cristo sulla via del Calvario e capirai. Che cosa oggi ci assomiglia a Lui? Cosa ci pesa, inchioda, asfissia? Ecco, questa è la nostra croce, dove sperimentare di non poter andare oltre e amare sino a tanto; di cadere sotto il peso di quella malattia inguaribile; di soffocare senza lavoro e stipendio; di sanguinare per la morte di tuo padre. Ma proprio qui Cristo ci attende per accoglierci così come siamo, perdonare la nostra ribellione, e farci sperimentare il potere della sua risurrezione. La Croce non è una condanna: è "il letto d'amore dove ci sposa il Signore" (Inno del IV secolo) e dove è impossibile auto-affermarsi. "A che giova", infatti, "guadagnare il mondo intero" che è sotto il dominio di satana, se l'anima poi sperimenta la "perdizione", l'infelicità di chi ha perduto l'amore di Cristo? "Seguiamo" il Signore allora: con Lui "perderemo la vita" che ci ha condotto alla morte, per ricevere in cambio la sua, che non si esaurisce mai e trasforma in gioia anche il dolore più grande.

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