αποφθεγμα Apoftegma
Occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia
l’evento della morte e risurrezione di Cristo,
cuore del Cristianesimo,
fulcro portante della nostra fede,
leva potente delle nostre certezze,
vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione,
ogni dubbio e calcolo umano.
Benedetto XVI, Omelia a Verona, 1985
DAI FRUTTI DELLA FEDE IL MONDO RICONOSCE CRISTO NEI SUOI FRATELLI PIU' PICCOLI
La "preoccupazione" non si addice a un testimone di Cristo. Non era preoccupato il Signore, sapeva bene che a Gerusalemme le "autorità" religiose e civili si sarebbero "radunate contro il Messia" per condannarlo unanimi alla Croce. Ma "proprio per questo" si avviava alla "sua ora": doveva farsi peccato per "riconoscere" davanti al Padre come suoi fratelli tutti noi peccatori che abbiamo "parlato contro" di Lui. Lo stesso destino attende anche noi, "riconoscere" il Signore e il suo amore dinanzi alle "sinagoghe" e ai "magistrati" che ogni giorno processano e condannano Dio, scandalizzati dal male e dalla sofferenza. In questo agone "preoccuparsi" è pericoloso. Induce a cercare in noi o in altri la "colpa" per trovarci dinanzi a un tribunale. Perché non mi accettano? Ho fatto qualcosa di male o, come dicono tutti, il cristianesimo vissuto così radicalmente è solo un’intollerante fondamentalismo? E il dolore innocente? La Croce, la risurrezione, non sarà tutto un inganno? "Preoccupandoci" di come "discolparci" si può finire molto male fratelli. Come Giuda che, avendo "bestemmiato", ovvero "parlato male" contro lo Spirito Santo che stava agendo in Gesù spingendolo verso la Croce, ha finito con il credere al demonio di cui era divenuto luogotenente e si è impiccato disperando del perdono; perché il vero obbiettivo del demonio è la nostra disperazione intrisa di orgoglio che si chiude ostinatamente al perdono. E proprio il "preparare che cosa dire" quando appare la Croce è il primo passo che conduce a bestemmiare lo Spirito Santo, perché, sottolineando l'azione umana, insinua la sua irrilevanza. "Preoccuparsi di che cosa dire" è, in fondo, avere accettato l'inganno del demonio che non è il peccato a far male all'uomo, ma i limiti che Dio pone alla sua creatura, impedendogli di essere libero e autonomo come Lui. Riconosciamolo, abbiamo bestemmiato tante volte, perché nel fondo, forse anche oggi, abbiamo creduto anche noi che Dio non ci ami; per questo, illudendoci di sfuggire la sofferenza, tagliamo con Lui addossandogli la "colpa" dei nostri fallimenti. E gridiamo al mondo, con parole e opere, che no, non c'entriamo con Lui, non lo conosciamo. Ma coraggio fratelli, non siamo ancora precipitati nella condanna irrevocabile. Possiamo ancora rivolgere la "bestemmia" contro il Signore per non dirigerla contro lo Spirito Santo. Ma che dici? Dico che Dio è diventato "Figlio dell'uomo" per farsi peccato e prendere su di sé ogni bestemmia, ogni mormorazione e rancore, odio e peccato che sorgono dal cuore dell'uomo avvelenato dalla menzogna del demonio. Gesù è nato per questo fratello mio! Allora coraggio, parla male di Lui, cioè addossagli la colpa perché Lui possa darti in cambio il "perdono". Perché ci sia anche tu tra "chiunque parla male del Figlio dell'uomo" e "gli sarà perdonato". Sfogati con Lui nella preghiera, vai a confessarti e vomita sul suo ministro il tuo veleno. Contempla oggi la Croce, inginocchiati e leggi la Passione; ascolterai il gallo cantare, la profezia dell'alba di risurrezione nel mezzo della Passione, il seme del perdono deposto nel pentimento (la chiesa primitiva, durante la veglia pasquale, non immergeva i catecumeni nelle acque del battesimo sino a che il gallo non avesse cantato). Contempla il Servo di Yahwè che ha dato la vita per te, e piangi, come Pietro, che di fronte al pericolo ha "rinnegato" tre volte Cristo dicendo che lui proprio non c'entrava con tutto quel macello. Accetta di essere quello che il Signore, pur conoscendolo, ha scelto con amore infinito. Immergiti nella compunzione, spezzetta nella contrizione il tuo cuore, umiliati e lascia a Cristo le tue bestemmie travestite da preoccupazione, perché non si trasformino in disprezzo di te inducendoti a disperare della salvezza.
Non aver paura, perché Lui ha già "rinnegato davanti al Padre" il tuo uomo vecchio che lo ha "rinnegato" davanti agli uomini per "riconoscere in Cielo" il tuo uomo nuovo che si "riconosce" peccatore per "riconoscere" il perdono di Gesù "davanti agli uomini". Coraggio, abbandonati alla misericordia di Dio, e lasciati crocifiggere con Cristo per passare con Lui dalla morte del peccato alla vita nuova nello Spirito Santo che scende copioso sulla comunità cristiana riunita in preghiera. Partecipa fedelmente alle celebrazioni, ascolta la Parola di Dio, nutriti dei sacramenti, assapora quanto è bello l'amore tra i fratelli, e lo zelo per il vangelo che ti ha salvato crescerà in te, con l'amore per ogni uomo che giace nella rete del demonio obbligato a vivere bestemmiando. La "parresia" (franchezza), infatti, è un'opera dello Spirito Santo che caratterizza il modo di esistere di chi, nella Chiesa, è rinato in Cristo. In loro, i frutti della fede adulta fanno "riconoscere" il volto di Cristo, come accadde a Santo Stefano. Per questo, a causa dei "segni" del Signore risorto e vivo in noi - a causa cioè del Kerygma che incarniamo per pura Grazia - ci attendono catene, processi e condanne: davanti al ginecologo dopo essere rimaste incinta del quinto figlio, ai compagni di scuola che ci invitano all’ennesimo spinello, al ragazzo che vorrebbe allungare la mano, a colleghi, amici e parenti che ci spingono a far causa a chi ci ha fatto un'ingiustizia. Sulla carne sentiremo i graffi del loro disprezzo, ci ferirà il loro rifiuto; ma proprio mentre ci perseguiteranno lo Spirito Santo "ci porterà" (secondo l'originale greco tradotto con "vi insegnerà"), cesellando in noi l’immagine del Signore perché Egli sia "riconosciuto" e quindi crocifisso in noi. Se ci rifiutano e perseguitano è segno che l’opera sta riuscendo bene; lo Spirito ci ha strappato alla paura e, mentre nel cuore "ci attesta che siamo figli di Dio", scioglie sulle nostre labbra e davanti a tutti lo stesso abbandono obbediente del Figlio: "Abbà! Padre!", le parole che nel Getsemani ci hanno salvato e che lo Spirito ci "insegna" in ogni nostro Getsemani, facendo di ogni "momento" una buona notizia per il mondo. Quando infatti "riconosciamo" Gesù come il Signore, Egli "ci riconosce davanti agli angeli di Dio", testimoniando così in terra che esiste il Cielo. Come? Donandoci pace, serenità, pazienza e addirittura letizia nelle persecuzioni e nelle malattie, sigillo inconfondibile della vita soprannaturale che alberga in quella naturale, spingendola oltre i limiti della carne. Esattamente come accadde a Gesù nel Getsemani, dove la volontà di Dio ha preso per mano quella umana, "trascinandola" (Ratzinger) nel Mistero Pasquale che oggi si fa carne in noi, perché chiunque ci veda possa sperare di passare dalla bestemmia alla benedizione, dall’inferno al Paradiso.
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