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martedì 17 ottobre 2017






αποφθεγμα Apoftegma

Se io avessi capito, come oggi, 
quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima, 
non l'avrei lasciato da solo così spesso; 
sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui, 
e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco. 
Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente
affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, 
come in una dimora che gli appartiene. 
Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli, 
come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto? 
È già molto che si degni di fermarsi 
qualche momento in mezzo a tanto ingombro.

Santa Teresa d'Avila













L’amore autentico è sporco, ma sporco da far schifo e ribrezzo. E’ una pattumiera piena di spazzatura, una tuta da lavoro macchiata all’inverosimile. Scandalizza come un barbone lercio e maleodorante capitato in un ricevimento di corte. Come Gesù, invitato a casa di un fariseo, un luogo separato dall’esterno e purificato in ogni angolo, dove si è “sdraiato” (secondo l’uso del tempo) a tavola senza prima “lavarsi”. Altro che Hiroshima, in quella casa Gesù aveva fatto scoppiare un terremoto devastante; probabilmente non abbiamo idea di cosa possa essere accaduto: immaginate un contadino appena uscito dalla stalla dove ha munto le sue mucche e pulito i loro escrementi, entrare in una camera sterile di un ospedale: ecco, Gesù deve aver prodotto più o meno lo stesso effetto. L’effetto dell’amore autentico fatto carne in Lui, sporca e impura, indegna della mensa di un fariseo. L’effetto deflagrante e sconvolgente dell’amore autentico a contatto con quello ipocrita che si nutre di purificazioni esteriori. Quanti fidanzamenti e matrimoni, quante amicizie e relazioni scivolano tra un maquillage e l’altro, illudendosi di fortificare l’unione lucidando la superficie (il sentimento, per capirci, le parole chattate, i pensieri postati) mentre invece la si accompagna alla tomba perché all’interno continua a covare e a crescere la concupiscenza che “rapina” la dignità dell’altro, facendolo “cattivo”, ovvero “schiavo” di se stesso. Creato a «immagine e somiglianza» di Dio, l'uomo era destinato a una vita pura, nella comunione e nell'intimità con Lui. Mangiando dell'albero però, ha fatto esperienza della morte, la madre di ogni impurità, che lo ha strappato al Paradiso. Il cuore, l' "interno", si è contaminato di una menzogna "malvagia" che lo ha orientato a "rapinare" quello che, invece, gli era stato gratuitamente. Non a caso all'origine del termine "malvagità" vi è anche l'idea di una "fatica dolorosa del male". Fateci caso, il male è sempre faticoso, e lascia nudi e sporchi, come i progenitori che hanno conosciuto la vergogna e la concupiscenza, e "tutto" è divenuto impuro: l’amore tra gli sposi, gli affetti, le amicizie, il lavoro. Tutto è ferito dalla "dolorosa fatica" del male. Ma coraggio, non aver timore di guardare oggi al tuo fidanzamento, al matrimonio, alla relazione con i tuoi figli o i tuoi genitori, con i tuoi fratelli di carne o quelli della comunità cristiana, con i parenti, i colleghi di lavoro o i compagni di scuola; invita anche tu Gesù a casa tua, e lasciati illuminare dalla presenza di Gesù che, per amore, si “sdraia” nel letamaio che si nasconde nel tuo cuore. No, Lui non si lava prima di mangiare, non avrebbe senso perché è giunto accanto a te, nella tua intimità, per “battezzarsi”  (Luca ha usato il termine “baptizein” tradotto con “lavare”), immergersi nei tuoi peccati. Il vero amore infatti, quello incorruttibile e celeste che la Chiesa ha annunciato al mondo con il nome di “agape”, si sporca per lavare, si “sdraia” per far risuscitare, si dona per fare della vita di ogni uomo il dono che il Padre ha pensato quando lo ha creato, maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza. Gesù non ha bisogno di lavarsi le mani perché il suo amore è puro alla fonte. E anche oggi viene nella Chiesa per compiere nella nostra vita di alienati, il miracolo dell’amore autentico che disintegra l’amore ipocrita dell’uomo vecchio. In fondo la Chiesa è come la casa di quel fariseo, una comunità di poveri uomini che spesso cadono nel tranello antico del demonio e si illudono di invitare Gesù a mensa, dimenticando che, come accadde a casa di Marta e Maria e di quel fariseo, è Lui che ci invita ad accogliere il suo amore fatto Parola da ascoltare e Pane da mangiare, perché viene a visitarci proprio per purificare le nostre case.

Accettiamolo fratelli, anche noi spesso prendiamo il cristianesimo come prendiamo la vita, ingannati cioè dalla menzogna del demonio. Credere di poter diventare come Dio, infatti, significa anche illudersi di raggiungere il suo grado di purezza e “separazione” (fariseo significa “separato”) dal mondo del peccato, con le proprie forze impegnate a lucidare la carrozzeria della vita. E ciò significa concretamente essere diversi dai politici che rubano, come da tuo cugino che ha l’amante. Intendiamoci, un cristiano è “nel” mondo ma non è “del” mondo perché è “santo” nella “santità” di Dio (anche “santo” significa “separato”); ma c’è un particolare che distingue la “stoltezza” di quel fariseo che siamo tutti noi, dalla “sapienza” dei cristiani che hanno camminato nella fede sino ad immergersi con Cristo nel suo stesso battesimo: la Croce. Per caso ci si lavava prima di salire al patibolo più infamante? Tutto il contrario, ci si giungeva sfiancati e sfigurati, come Gesù, che su di essa si è “sdraiato” per te e per me, sporco al punto che il suo aspetto non era più neanche quello di un uomo. Aveva infatti lasciato che il flagello gli straziasse la carne perché con il suo sangue potesse lavare la nostra carne impigliata nell’ipocrisia. Avete presente la Sindone? Ecco, l'Uomo che è stato avvolto in esso e "sdraiato" nel sepolcro è il segno dell'amore autentico. Coraggio allora, perché nella comunità cristiana Gesù si “sdraia” nella tua storia di peccati, per strapparti all’alienazione che ti fa curare maniacalmente l’esterno del bicchiere, nello sforzo di rispettare e far rispettare leggi e codici che ti sei costruito per dare un aspetto presentabile e dignitoso al fidanzamento, al matrimonio e a tutta la tua vita. Basta fratello! “Dai in elemosina quanto è dentro” il tuo cuore, approfitta cioè del marcio che sino ad oggi hai accarezzato e viziato; dai a Cristo il tuo sporco e allora “tutto in te diventerà puro”, cioè autentico perché sarai finalmente immagine e somiglianza di Dio. Attenzione, non a caso il Signore ci dice di “dare in elemosina” quello che abbiamo dentro: il denaro, infatti, è il segno della superbia che ci vorrebbe come Dio, è il potere che ci fa “puri” agli occhi degli altri, cioè inattaccabili e in diritto di comprare ed esigere quello che un dio vuole. Per il denaro il cuore si muove a “rapinare”, perché di esso è “schiavo”, e quindi ogni pensiero, parola e gesto è “cattivo”. Allora, dai in elemosina il denaro che, al tuo interno, usurpa il posto di Dio; oggi, prendi quello che hai nel portafoglio, magari il tuo conto in banca, sì, proprio quello che ti sporca dentro rendendoti invidioso, geloso, pauroso e violento; il denaro di cui ti vesti per non apparire per quello che sei. Prendilo e dallo in elemosina al primo barbone che incontri, o nella cassetta dei poveri nella prima chiesa che ti trovi davanti. Gesù lo ha fatto per te, misero e senza dignità, dandoti in elemosina tutto se stesso. Accogli la sua ricchezza, l’amore e lo Spirito Santo, la misericordia e la vita eterna, e dagli l’ipocrisia fatta denaro che avvelena e sporca il tuo cuore. Allora saranno puri il tuo fidanzamento, il matrimonio, e ogni relazione, perché il tuo cuore e i tuoi occhi purificati sapranno vedere Dio nell’altro, l’amore nel quale donarsi e trascendersi. Solo amando in Cristo saremo davvero “puri”, privi cioè della malizia demoniaca che ci dilania interiormente separando dolorosamente fede e vita, cuore e opere; solo nell’amore che incarna lo Shemà, infatti, saremo immagine e somiglianza di “Colui che ha fatto l’interno e anche l’esterno”, vivendo nella “purezza” della creatura che compie la volontà del suo Creatore.   

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