Inizia una nuova settimana e, puntuale, la Parola ci viene a scrutare: che "segno" chiediamo al Signore? Come le folle anche noi ci «accalchiamo» per carpire da Gesù un «segno» che ci dia «il successo personale e un aiuto per affermare l’assoluto dell’io» (J. Ratzinger). Ci illudiamo di chiedere a Dio un «segno» per orientare verso di Lui le scelte ma, quando non sono soddisfatte le nostre passioni, si svela la «malvagità» che coviamo nel cuore. Il volto scuro come Caino, e gelosie, invidie, ira e rancori capaci di uccidere il fratello per vendicarsi di Dio. Chi invece con rettitudine di intenzione desidera conoscerlo e convertirsi, non chiede un segno: come la «Regina del Sud», si mette in cammino per «ascoltare la Sapienza di Salomone», il figlio di Davide e Betsabea, ovvero il figlio della misericordia. Come i Nìniviti, ai quali bastò la predicazione di uno straniero per cambiar vita, lascia il centro della scena - che è l'attitudine del cuore che si nasconde nella richiesta di un segno, il protagonismo dei propri desideri, la soddisfazione degli appetiti dell'uomo vecchio che ha creduto di essere come Dio - perché vi sia la Parola di Dio. Noi invece stentiamo a convertirci, nonostante «Uno molto più di Giona» bussi ogni giorno alla nostra vita attraverso gli eventi e le persone che la Chiesa illumina con la sua predicazione. «Meritevoli d’ira» come questa «generazione malvagia», per Grazia siamo stati raggiunti dall'amore di Dio e scelti come una primizia per divenire il «segno del Figlio dell'uomo» per ogni uomo. Che ne abbiamo fatto della nostra primogenitura? Forse l'abbiamo truccata per adattarla ai nostri desideri, e siamo scivolati in un'ipocrisia insopportabile. Forse abbiamo fatto il callo al "segno" di Cristo che il Padre ci dona ogni giorno; non ci accorgiamo più del suo amore, come un marito che neanche guarda più negli occhi sua moglie, tanto sempre uguali sono, quando non si infiammano di rimproveri... Esattamente come facciamo con la predicazione: superflua, come un rumore di fondo a cui ci siamo abituati, ma che però non smette di darci fastidio. Il demonio, infatti, sa bene che la fede viene dall'ascolto della stoltezza della predicazione; e che con la fede il suo regno di male giunge al termine: il demonio sa che l'ascolto salva, per questo cerca di impedire proprio la stolta predicazione di "Uno morto crocifisso ritornato in vita". Come era stolto Giona, testardo, pauroso, uno che umanamente era adatto a tutto meno che a predicare la misericordia di Dio, della quale, invece, si scandalizzava. Eppure gli abitanti di Ninive hanno creduto alla predicazione di quest'uomo così inadeguato secondo i criteri mondani, e si sono convertiti. Hanno creduto a Giona perché lo hanno visto peccatore come loro ma raggiunto da una Grazia soprannaturale, che lo ha reso il "segno" credibile a cui appoggiarsi per cambiare vita. Allora è proprio la tua debolezza, quei pensieri mondani che ti trascinano in fondo al mare nelle fauci di una balena; è proprio dalla tua carne così facilmente corruttibile che Dio parte per dare l'unico segno che può salvare una generazione malvagia. La salvezza cioè, inizia proprio dalla malvagità che ci fa figli di questa generazione, le cui conseguenze di morte il Figlio di Dio fatto carne ha preso su di sé sino a morirne e scendere in un sepolcro. Ma dal ventre della morte è risuscitato, come oggi farà risorgere te con Lui dalle fauci dei fatti e delle relazioni che, affrontati con i pensieri mondani, si sono trasformati in tombe gravide di morte. Solo chi, come Giona e Gesù, è risuscitato dalla morte della sua generazione può diventare un segno credibile, capace cioè di parlare al cuore e prendersi il centro della vita e parlare al cuore con l'autorità della Verità. Il profeta è in tutto simile a coloro ai quali è inviato, come il Figlio di Dio si è fatto uguale a noi, eccetto il peccato. Altrimenti non lo ascolterebbero.
Allora coraggio, perché il segno che Dio vuole offrire a questa "generazione", cioè a chi ti è vicino ed è "generato", come te, nel peccato, è proprio la tua vita, così come è oggi; proprio quella che invece, esigendo da Dio un "segno" illusorio, un miracolo travestito di luce con cui sfuggire l'unica salvezza che viene dalla Croce, il demonio ti spinge a rifiutare. Attenzione però, perché esiste il «giorno del giudizio», la vita non è un gioco e poi "tana libera tutti".... Ci sarà "un giorno" nel quale gli uomini saranno giudicati, e i cristiani ancor più approfonditamente... Il giorno in cui i pagani si "alzeranno" e ci "giudicheranno" per non esserci convertiti e aver loro predicato il Vangelo. Ma il «giorno del giudizio» è anticipato nella storia, giunge a noi anche «oggi»: al lavoro, a scuola, al bar, tra i parenti, la sofferenza di chi non ha conosciuto Cristo ci «giudica» in attesa del segno della nostra conversione, la fede adulta che si fa amore. Il collega di ufficio, lontano dalla Chiesa e nemico dei preti, con una situazione familiare fallimentare eppure incapace di accettarlo, che a sentirlo sembra vivere la migliore delle vite possibili; ebbene, proprio lui "si alzerà" dal suo tavolo di lavoro e ti chiederà aiuto. A te, che ha sempre disprezzato, insultato ed emarginato, a te chiederà luce e consolazione per non impazzire di fronte all'incidente che si è portato via il figlio sedicenne. Se non ti sarai convertito oggi non potrai dargli nulla, e dovrai rimandarlo a mani vuote; e la tua vita, alla quale Dio ha voluto legare la sua, precipiterà all'inferno, nella solitudine dove sono condannati a vivere quanti non hanno accolto l'amore e non hanno potuto diffonderlo. Ma c'è speranza, proprio oggi: basta non difenderci, lasciarci giudicare e convertirci e smettere di chiedere capricciosamente e infantilmente che persone e fatti siano piegati ai rantoli della nostra concupiscenza. Per questo basta "ascoltare" la predicazione e accogliere la sapienza della Croce che ci ricorda la "cenere" dalla quale siamo stati tratti. Accettare di essere andati per la vita come i niniviti, "senza distinguere la destra dalla sinistra", senza discernimento e per questo sbattendo sui muri che ci hanno separato dagli altri, mentre li credevamo amore. Convertiamoci e riconosciamo che quella presa di posizione ha ucciso nostra moglie; che quel criterio ha ferito e umiliato nostro figlio; che quel progetto che abbiamo idolatrato ha escluso e allontanato il fratello. Umiliamoci allora, e "vestiamoci di sacco" anche noi come gli abitanti di Ninive; digiuniamo di parole e cibi, umiliamo il corpo con il quale abbiamo ucciso e scandalizzato. Entriamo nella storia accogliendone ogni centimetro, sperando di sperimentare in essa, per pura Grazia, l'amore di Dio. E ciò significa "alzarci" dall'alienazione di ogni giorno e, come la Regina del Sud, muoverci dagli "estremi confini della terra" dove siamo scappati ingannati dal demonio, e tornare a Cristo, alla Sapienza della Misericordia. Lasciamo che Gesù, nella comunità cristiana, ci faccia una sola cosa con Lui, perché questa è la nostra primogenitura, sperimentare come primizie il "segno" di Giona per diventarlo a nostra volta a favore di questa generazione. Perché nell'ultimo giorno, chi ha atteso di vedere in noi il "segno" della vittoria sulla morte di Cristo, possa giungere in Cielo dicendo a tutti di averlo visto, di averlo incontrato nella nostra predicazione e testimonianza. E così potremo entrare insieme a loro, e con loro godere eternamente delle delizie del nostro Sposo.
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