Un padre e suo figlio s'inginocchiano sulla nuda terra del Benjamin Franklin Parkway durante la Messa celebrata da Papa Francesco a conclusione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie di Filadelfia il 27 settembre. Questa fotografia della Reuters, semplice, emblematica, essenziale, vale più di mille parole, di mille teologie solipsistiche, di mille distinguo capziosi.
mercoledì 30 settembre 2015
Matrimonio, Humanae Vitae, Eucaristia, magistero e «prassi». Riassunto di cosa c'è in ballo al Sinodo
Rientrato a Roma dal viaggio a Cuba e negli Stati Uniti, coronato dall'incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia, papa Francesco ha ora di fronte l'impegno ben più gravoso del sinodo, che si aprirà il 4 ottobre, la domenica dell'anno liturgico nella quale – come in un gioco della provvidenza – nelle chiese cattoliche di tutto il mondo risuoneranno le parole di Gesù: "L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto".
Il sinodo durerà tre settimane e ancora non sono state rese note le procedure che vi si adotteranno, pur così influenti sull'esito dei lavori.
Di certo non vi sarà un messaggio finale, non essendo stata costituita alcuna commissione deputata a scriverlo.
Un altro dato certo, anticipato da papa Francesco, è che "si discuterà un capitolo alla settimana" dei
Il sinodo durerà tre settimane e ancora non sono state rese note le procedure che vi si adotteranno, pur così influenti sull'esito dei lavori.
Di certo non vi sarà un messaggio finale, non essendo stata costituita alcuna commissione deputata a scriverlo.
Un altro dato certo, anticipato da papa Francesco, è che "si discuterà un capitolo alla settimana" dei
L’affondo di Cordes: «La fede non si piega ai segni dei tempi. Sciogliere il matrimonio è una bizzarria»
di Lorenzo Bertocchi 30-09-2015
Il cardinale tedesco Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio consiglio Cor Unum, è uno degli undici cardinali che hanno collaborato al libro Matrimonio e famiglia, in uscita in questi giorni per le edizioni Cantagalli. Il contributo del porporato tedesco ha un titolo che richiama un discorso di Benedetto XVI del 2009 alla Plenaria della Congregazione per il Clero, quando esortava i pastori «alla comunione con l'ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure, né tentazioni di discontinuità». Nel suo intervento il cardinale Cordes si occupa in particolare di quel tema che tanto ha movimentato il dibattito sinodale e che riguarda il possibile accesso dei divorziati risposati alla eucaristia. Un tema che, parafrasando il titolo, rischia davvero di generare “cesure e discontinuità” nel sinodo che sta per iniziare. Di questo argomento si parlerà anche oggi, 30 settembre, a Roma nel convegno internazionale "Permanere nella verità di Cristo", co-organizzato da La Nuova Bussola Quotidiana.
Eminenza, a proposito della eucaristia per i divorziati risposati, la Chiesa tedesca da tempo si impegna per risolvere il problema. Al Sinodo delle diocesi della Repubblica Federale Tedesca del 1972-1975 si cercava la “scappatoia della misericordia”. Cosa può insegnare la storia alla chiesa tedesca di oggi?
«Siccome in quel periodo ero il referente per la sezione pastorale nella segreteria della Conferenza Episcopale Tedesca, ho
Eminenza, a proposito della eucaristia per i divorziati risposati, la Chiesa tedesca da tempo si impegna per risolvere il problema. Al Sinodo delle diocesi della Repubblica Federale Tedesca del 1972-1975 si cercava la “scappatoia della misericordia”. Cosa può insegnare la storia alla chiesa tedesca di oggi?
«Siccome in quel periodo ero il referente per la sezione pastorale nella segreteria della Conferenza Episcopale Tedesca, ho
martedì 29 settembre 2015
Guardare il Cielo aperto dalla terra su cui posiamo i nostri passi
Vedere il cielo aperto, è il desiderio più intimo di ogni uomo. Vederlo ora, in questa storia concreta che stiamo vivendo. Come fare? Abbiamo bisogno di una scala, quella che ha visto in sogno Giacobbe, e alla quale fanno riferimento le parole di Gesù. Essa è innanzitutto un'immagine della fede: vedere in ogni evento una scala ben piantata sulla terra ma che sale sino al Cielo. E, nel Cielo aperto, contemplare il Figlio dell'Uomo, il Signore Gesù Cristo risorto dalla morte. Senza questa scala non possiamo vivere in pienezza, perché tutto scorre via senza senso, anche se vissuto intensamente. Senza questa scala la vita diviene come quella dei "molti che, credendosi degli dei, pensano di non aver bisogno di radici, né di fondamenti che non siano essi stessi. Desidererebbero decidere solo da sé ciò che è verità o no, ciò che è bene o male, giusto e ingiusto; decidere chi è degno di vivere o può essere sacrificato sull’altare di altre prospettive; fare in ogni istante un passo a caso, senza una rotta prefissata, facendosi guidare dall’impulso del momento. Queste tentazioni sono sempre in agguato. È importante non soccombere ad esse, perché, in realtà, conducono a qualcosa di evanescente, come un’esistenza senza orizzonti, una libertà senza Dio" (Benedetto XVI). La scala che ha visto Giacobbe è la garanzia di un fondamento sicuro e di un orizzonte certo; è la Croce del Signore, piantata nella storia nostra di ogni giorno e la "cui cima tocca il Cielo", come recita un inno della Chiesa primitiva.
La scala di Giacobbe ci svela il mistero racchiuso negli eventi della nostra vita: essi non sono qualcosa di evanescente, ma "guardano" al Cielo. Di più, ogni avvenimento che ci
lunedì 28 settembre 2015
La Chiesa Cattolica scomunica Halloween e in Italia vietata ogni festa: fa male ai bambini
In un messaggio pubblicato sul sito internet del’Arcidiocesi di Roma, la tradizione di Halloween è definita “un frutto della propagazione dell’occultismo e della magia”.
Questa tradizione ha “le sue radici – continua – nell’adorazione pagana degli spiriti e di un dio celtico della morte. Anton Lavey, fondatore del satanismo moderno, sosteneva che la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre era la più grande festa luciferina e vi si tenevano numerosi atti occultistici di violenza. La Chiesa condanna apertamente tali pratiche“.
“Con la scusa di divertirsi – attacca la Chiesa – si invitano i bambini e gli adulti a praticare l’occultismo, e questo è in contraddizione con la Chiesa e con la vocazione cristiana“.
Oggi, invece, è stata diffusa la notizia che la festa di Halloween è stata bandita nelle scuole e nei luoghi di incontro di tutta la nazione, su iniziativa del Ministero dell’Interno e della Pubblica Istruzione. Lo riferisce il sito del quotidiano Libertà. In una sua direttiva, il Ministero, citando Il Papa saluta l'America e lancia un appello «Difendete la famiglia, qui si gioca il futuro»
di Massimo Introvigne 27-09-2015
Domenica 27 settembre 2015 il Papa ha concluso a Filadelfia il suo viaggio negli Stati Uniti. Prima della Messa nella nottata italiana che ha concluso di fronte a un milione di persone l’Incontro mondiale delle famiglie, Francesco aveva visitato sabato 26 lo storico Independence Mall, celebrando la libertà religiosa, e iniziato con una veglia di preghiera il suo dialogo con il popolo delle famiglie. Poi, domenica, gli incontri con i vescovi e con i detenuti dell’Istituto di correzione Curran-Fromhold. Nella città della Rivoluzione americana il Papa ha riaffermato con parole particolarmente forti l’impegno della Chiesa per la libertà religiosa, che non è solo libertà di culto ma diritto delle religioni a essere parte integrante della società e della cultura, e per la famiglia, senza la quale- ha detto – la società si corrompe e la stessa Chiesa non esisterebbe.
All’Independence Mall, il luogo – ha detto il Pontefice – dove «le libertà che definiscono questo Paese sono state proclamate per la prima volta», Francesco ha ricordato «le grandi lotte che hanno portato all’abolizione della schiavitù,
All’Independence Mall, il luogo – ha detto il Pontefice – dove «le libertà che definiscono questo Paese sono state proclamate per la prima volta», Francesco ha ricordato «le grandi lotte che hanno portato all’abolizione della schiavitù,
«Donne e laici chiamati alla missione»
di Massimo Introvigne 26-09-2015
Sabato 26 settembre 2015, conclusa la visita a New York, Papa Francesco è arrivato a Filadelfia, dove nella nottata italiana si apre l’Incontro mondiale delle famiglie. Incontrando i sacerdoti, i religiosi e le religiose ha denunciato un certo clericalismo, invitando a dare più spazio ai laici e alle donne, senza peraltro rinunciare all’«autorità spirituale» che vescovi e sacerdoti devono esercitare sulle loro comunità.
A New York, il Papa aveva visitato nella serata del 25 settembre la scuola «Nostra Signora Regina degli Angeli» a Harlem. Ai bambini afro-americani e immigrati Francesco aveva ricordato ancora Martin Luther King e le sue parole famose «Ho un sogno». «Sognò», ha commentato il Papa, «che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi avrebbero avuto accesso all’educazione. Sognò che tanti uomini e donne, come voi, potessero andare a testa alta, con la dignità di chi può guadagnarsi da vivere. È bello avere dei sogni ed è bello poter lottare per i sogni. Non dimenticatelo». Il Pontefice ha parlato di un vero «diritto di sognare», e ha commentato che «dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù. Sempre. Invece, chi è quello che semina tristezza, che semina sfiducia, che semina invidia, che semina i cattivi desideri? Come si chiama? Il diavolo. Il diavolo semina sempre tristezza, perché non vuole che siamo felici, non vuole che sogniamo».
Poi, il saluto a New York con la Messa al Madison Square Garden, «luogo emblematico di questa città». Il Papa è
A New York, il Papa aveva visitato nella serata del 25 settembre la scuola «Nostra Signora Regina degli Angeli» a Harlem. Ai bambini afro-americani e immigrati Francesco aveva ricordato ancora Martin Luther King e le sue parole famose «Ho un sogno». «Sognò», ha commentato il Papa, «che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi avrebbero avuto accesso all’educazione. Sognò che tanti uomini e donne, come voi, potessero andare a testa alta, con la dignità di chi può guadagnarsi da vivere. È bello avere dei sogni ed è bello poter lottare per i sogni. Non dimenticatelo». Il Pontefice ha parlato di un vero «diritto di sognare», e ha commentato che «dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù. Sempre. Invece, chi è quello che semina tristezza, che semina sfiducia, che semina invidia, che semina i cattivi desideri? Come si chiama? Il diavolo. Il diavolo semina sempre tristezza, perché non vuole che siamo felici, non vuole che sogniamo».
Poi, il saluto a New York con la Messa al Madison Square Garden, «luogo emblematico di questa città». Il Papa è
domenica 27 settembre 2015
Veglia Sentinelle in Piedi
GENOVA - Duecento persone hanno partecipato ieri sera alla veglia delle Sentinelle in Piedi in Corso Italia, a Boccadasse. Per un’ora, hanno letto un libro in silenzio, colpendo l’attenzione dei passanti, molti dei quali si sono fermati, per chiedere le ragioni del gesto. Le Sentinelle hanno dato una testimonianza pubblica per la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, valore costituzionale e nucleo fondamentale della società.
«E’ stato rinviato al 2016 il testo sulle cosiddette “unioni civili”, che equipara le unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio e apre alla pratica dell’utero in affitto – ha detto la portavoce nel discorso iniziale -. Questo testo prevede che uno dei due partner possa adottare il figlio biologico dell’altro, privando così il minore del diritto a crescere con una mamma e un papà. Il rinvio del ddl Cirinnà - che doveva essere approvato entro l’autunno – è una vittoria della resistenza pubblica delle
«E’ stato rinviato al 2016 il testo sulle cosiddette “unioni civili”, che equipara le unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio e apre alla pratica dell’utero in affitto – ha detto la portavoce nel discorso iniziale -. Questo testo prevede che uno dei due partner possa adottare il figlio biologico dell’altro, privando così il minore del diritto a crescere con una mamma e un papà. Il rinvio del ddl Cirinnà - che doveva essere approvato entro l’autunno – è una vittoria della resistenza pubblica delle
sabato 26 settembre 2015
Una comunità abbracciata da Cristo
Takamatsu, Don Antonello Iapicca
Gesù aveva appena preso un bambino e, abbracciandolo, aveva insegnato l'unico modo con cui si accoglie Lui e Colui che lo ha mandato. Ma niente, i suoi discepoli continuavano a non capire. Erano con Lui da tempo, gli camminavano dietro, ma non lo avevano ancora accolto. Nel loro stare con Gesù cercavano la propria identità come al tempo di Babele, quando gli uomini smisero di camminare nella precarietà e si stabilirono in una città per difendersi e così darsi un "nome".
La città di Babele è immagine del principio di ogni corruzione, la stessa che segnava ancora il cuore di Giovanni e degli altri discepoli intenti a discutere su chi fosse il più grande, su chi avesse un "nome" più prestigioso da garantire il primo posto.
Per questo il "nome di Gesù" appariva loro come la torre che gli uomini tentarono di costruire proprio per darsi un nome, che significa un'identità, un senso nel mondo. Gesù, che, secondo la mentalità orientale era presente nel suo "nome", era per loro il "brand" che distingueva il gruppo, nella perfetta mentalità del mondo.
Del resto i discepoli, invece di pregare e ascoltare, discutevano e litigavano proprio per scalare la "società", come si fa in qualunque impresa, per poi competere con le altre. E così, proprio loro che si indignavano per "uno che scacciava i demoni nel nome di Gesù", non riuscivano a scacciarli. “Le loro ricchezze”, infatti, erano “marce, i vestiti mangiati dalle tarme”.
Quel "nome", pronunciato da loro, non aveva "potere" perché attraverso di esso cercavano la propria
venerdì 25 settembre 2015
Falso dire che Gesù non ha condannato l’omosessualità. I Vangeli dimostrano il contrario
L’assordante propaganda omosessualista e omofila, sostenuta da tutti i grandi mezzi d’informazione, in crescendo nell'imminenza del Sinodo sulla Famiglia del 5 ottobre p.v., continua a ripetere a beneficio dei cattolici un vieto ritornello e cioè che Gesù Cristo non avrebbe mai parlato dell’omosessualità, ragion per cui la sua condanna non si potrebbe reperire nei Vangeli ma solo nelle Lettere apostoliche, segnatamente in quelle di san Paolo. Come se questo, annoto, facesse la differenza! Le Epistole paoline non vengono lette durante la Messa come “Parola di Dio”, allo stesso modo dei Vangeli? Ma prescindiamo da questa scorretta separazione tra le varie parti del corpo neotestamentario, del tutto inaccettabile, spiegabile solo alla luce della miscredenza attuale, che vuole escludere di fatto l’insegnamento di san Paolo dalla Rivelazione con l’argomento singolare che egli dettava norme e concetti validi solo per il proprio tempo!
Ciò che la propaganda omofila vuole insinuare a proposito dei Vangeli, è parimenti assurdo: non avendovi il Cristo mai nominato esplicitamente l’omosessualità, non la si dovrebbe ritener da Lui
Ciò che la propaganda omofila vuole insinuare a proposito dei Vangeli, è parimenti assurdo: non avendovi il Cristo mai nominato esplicitamente l’omosessualità, non la si dovrebbe ritener da Lui
Papa Francesco parla al Congresso Usa. E scrive la storia
Abolizione della pena di morte e del commercio d'armi, accoglienza a profughi e famiglie, politica orientata a bene comune e non sottomessa a economia e finanza. Tutto nell'intenso discorso del Pontefice ai 535 senatori e rappresentanti del popolo americano
Washington, Salvatore Cernuzio
Lincoln e il suo lavoro per “una nuova nascita di libertà” degli Stati Uniti. La marcia di Martin Luther King per conseguire il “sogno” di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani. Poi Dorothy Day e la sua passione per la giustizia e la causa degli oppressi. Infine Thomas Merton, uomo di preghiera, di pace tra popoli e religioni che ha aperto nuovi orizzonti per le anime e la Chiesa.
Sono i fotogrammi che scorrono nel lungo e intenso discorso che Papa Francesco rivolge ai 535 membri del Congresso degli Stati Uniti, che lo accolgono già all’ingresso con una standing ovation di oltre 4 minuti. La tappa a Capitol Hill è infatti uno dei momenti più attesi di questo decimo viaggio internazionale, vista la valenza storica dell’evento: Bergoglio è il primo Pontefice della storia a parlare al Parlamento bicamerale statunitense in sessione congiunta.
Il Papa non perde l’occasione di sottoporre agli occhi di tutti i “rappresentanti” del popolo americano le urgenze e le “ferite aperte” che toccano oggi migliaia di fratelli e sorelle. In Usa e non solo. A partire da una certezza: “Qualsiasi attività politica deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul rispetto per la dignità di ciascuno”.
In particolare, il Pontefice indica nel suo discorso - tutto in inglese - i tre nodi che l’attività dei membri del Congresso deve sciogliere per far sì che gli Stati Uniti possano “crescere come nazione”: l’abolizione della pena di morte, lo stop al commercio di armi, l’accoglienza a profughi e famiglie. “L’attività legislativa è sempre basata sulla cura delle persone” rimarca infatti il Santo Padre, e richiama la figura di Mosè, la cui effigie è posta davanti ai suoi occhi tra le altre dei grandi legislatori Usa che circondano l'aula parlamentare. Il patriarca d’Israele
giovedì 24 settembre 2015
Il Card. Robert Sarah: «Come non ringraziare Paolo VI per il suo coraggio nella “Humanae vitae”?»
Il cardinale Robert Sarah, nato in Guinea nel 1945 e oggi prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha appena pubblicato un grandioso libro-intervista con Nicolas Diat; un libro che pur parlando nella massima carità e con profonda misericordia non fa sconti indebiti alla verità, non scende a compromessi, non transige nemmeno per un secondo. Lo si capisce sin da quel titolo che campeggia sulla copertina come una bandiera, Dio o niente. Conversazione sulla fede.
In Italia lo pubblica l’editore senese Cantagalli, buon amico de Il Timone, così come buon amico de Il Timone è l’editore statunitense Ignatius Press di San Francisco che alla nostra redazione ha inviato - in anticipo sull’edizione italiana - copia del libro in versione inglese, God or Nothing: A Conversation on Faith, affinché i nostri lettori avessero subito possibilità di conoscere direttamente la grande e ricca proposta di rinnovamento nella tradizione che viene oggi dalla Chiesa Cattolica africana a fronte dei gravi antagonismi che scuotono il mondo contemporaneo, un rinnovamento autentico su cui anche quell’editore di Oltreoceano sta “scommettendo” molto.
In Italia lo pubblica l’editore senese Cantagalli, buon amico de Il Timone, così come buon amico de Il Timone è l’editore statunitense Ignatius Press di San Francisco che alla nostra redazione ha inviato - in anticipo sull’edizione italiana - copia del libro in versione inglese, God or Nothing: A Conversation on Faith, affinché i nostri lettori avessero subito possibilità di conoscere direttamente la grande e ricca proposta di rinnovamento nella tradizione che viene oggi dalla Chiesa Cattolica africana a fronte dei gravi antagonismi che scuotono il mondo contemporaneo, un rinnovamento autentico su cui anche quell’editore di Oltreoceano sta “scommettendo” molto.
Per gentile concessione di Cantagalli proponiamo dunque un brano assai significativo di Dio o niente.
del card. Robert Sarah
D. Come puo la Chiesa superare le montagne d’incomprensione che si sono elevate dopo l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, pubblicata nel 1968? L’opposizione tra morale cristiana e valori dominanti delle societa occidentali e ancora insormontabile?
R. È importante situare questo antagonismo nel contesto della secolarizzazione e della scristianizzazione; l’allontanamento d’intere nazioni della società moderna dall’insegnamento morale
Migranti e Sinodo Quando i vescovi parlano chiaro
di Stefano Fontana 24-09-2015
Mi sembra che sia passato sotto silenzio il documento finale che ha concluso l’Assemblea del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Cee) tenutosi a Gerusalemme dal 11 al 16 settembre scorsi. Per l’Italia erano presenti, tra gli altri, il cardinale Angelo Bagnasco, che presiede il Ccee, e l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, che ne presiede la Commissione Caritas in veritate. É però un peccato perché, in modo semplice e chiaro, sobrio nella forma e forte nel contenuto, in questa occasione i vescovi hanno dato prova di saggio (e quindi coraggioso) realismo cristiano.
Tre sono stati i punti toccati dal messaggio. Prima di tutto le migrazioni. Dismesso ogni linguaggio sentimentale e retorico che colpisce i cuori, ma offende la ragione, i vescovi europei hanno riaffermato il dovere degli Stati di «rispondere tempestivamente alle necessità di aiuto immediato e di accoglienza di persone disperate», ma non hanno lasciato questa affermazione da sola, come spesso accade, suscitando le reazioni della politica. Hanno infatti aggiunto che gli Stati «devono mantenere l’ordine pubblico», quindi nessuna apertura scriteriata, devono «garantire la giustizia per tutti» e quindi anche per i cittadini ospitanti, devono fornire disponibilità «per chi ha veramente bisogno» come a dire che forse non tutti coloro che la chiedono ne hanno bisogno, e che devono agire in vista di una «integrazione rispettosa e collaborativa», ossia che i migranti hanno dei diritti ma anche dei doveri da rispettare.
I vescovi ricordano anche che gli Stati «sono i primi responsabili della vita sociale ed economica dei loro popoli» e mentre aiutano chi è nel bisogno devono anche pensare che questo non può essere fatto a tutti i costi, ma devono essere soppesate le conseguenze per la vita dei popoli ospitanti. É abbastanza raro che degli ecclesiastici si esprimano con questa concretezza e non si limitino a fare grandi annunci di una carità astratta. Anche sulle cause delle migrazioni, i vescovi della
Tre sono stati i punti toccati dal messaggio. Prima di tutto le migrazioni. Dismesso ogni linguaggio sentimentale e retorico che colpisce i cuori, ma offende la ragione, i vescovi europei hanno riaffermato il dovere degli Stati di «rispondere tempestivamente alle necessità di aiuto immediato e di accoglienza di persone disperate», ma non hanno lasciato questa affermazione da sola, come spesso accade, suscitando le reazioni della politica. Hanno infatti aggiunto che gli Stati «devono mantenere l’ordine pubblico», quindi nessuna apertura scriteriata, devono «garantire la giustizia per tutti» e quindi anche per i cittadini ospitanti, devono fornire disponibilità «per chi ha veramente bisogno» come a dire che forse non tutti coloro che la chiedono ne hanno bisogno, e che devono agire in vista di una «integrazione rispettosa e collaborativa», ossia che i migranti hanno dei diritti ma anche dei doveri da rispettare.
I vescovi ricordano anche che gli Stati «sono i primi responsabili della vita sociale ed economica dei loro popoli» e mentre aiutano chi è nel bisogno devono anche pensare che questo non può essere fatto a tutti i costi, ma devono essere soppesate le conseguenze per la vita dei popoli ospitanti. É abbastanza raro che degli ecclesiastici si esprimano con questa concretezza e non si limitino a fare grandi annunci di una carità astratta. Anche sulle cause delle migrazioni, i vescovi della
Riad a guardia dei diritti che non riconosce
di Valentina Colombo 24-09-2015
Nei giorni scorsi il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha chiamato Faisal bin Hassan Trad, l’ambasciatore saudita all’ONU, a presiedere un comitato di diplomatici incaricato a scegliere i candidati a ruolo di “esperti delle Nazioni Unite” da inviare in quei Paesi dove l’ONU ritiene che i Diritti Umani vengano violati.
Incredulità, stupore, rabbia sono i sentimenti che sono circolati nell’ambito ristretto delle ONG che si occupano di diritti umani, prima tra tutte Amnesty International. Incredulità, stupore, delusione, rabbia e disperazione i sentimenti espressi e urlati da chi come Ensaf Haidar - moglie del blogger saudita Raif Badawi condannato a mille frustate, a dieci anni di reclusione e a dieci anni di divieto di abbandonare il paese e a un’ammenda di oltre 250.000 euro – lotta giorno e notte per ottenere il rilascio del coniuge e padre dei suoi piccoli figli, reo di avere avviato un sito di pensatori liberali e di avere espresso le proprie idee in libertà. “E’ un semaforo verde da parte della comunità internazionale a portare a termine la flagellazione di Raif!”, questa è stata la prima reazione di Ensaf, minuscola donna dalla forza e dalla determinazione inesauribile che da quando il marito è stato arrestato non ha mai smesso di lottare. Giorni fa è stata lanciata in Germania la Fondazione Raif Badawi per aiutare tutti i liberi pensatori nelle condizioni di Raif. Il caso del blogger saudita è seguito da governi, da ONG per i diritti umani, cantanti di fama internazionale. Ma l’incredibile mobilitazione non ha ottenuto nulla se non l’arresto della flagellazione.
L’attribuzione all’Arabia Saudita del recente ruolo per gestire nomine di esperti che potrebbero, anzi dovrebbero, recarsi
Incredulità, stupore, rabbia sono i sentimenti che sono circolati nell’ambito ristretto delle ONG che si occupano di diritti umani, prima tra tutte Amnesty International. Incredulità, stupore, delusione, rabbia e disperazione i sentimenti espressi e urlati da chi come Ensaf Haidar - moglie del blogger saudita Raif Badawi condannato a mille frustate, a dieci anni di reclusione e a dieci anni di divieto di abbandonare il paese e a un’ammenda di oltre 250.000 euro – lotta giorno e notte per ottenere il rilascio del coniuge e padre dei suoi piccoli figli, reo di avere avviato un sito di pensatori liberali e di avere espresso le proprie idee in libertà. “E’ un semaforo verde da parte della comunità internazionale a portare a termine la flagellazione di Raif!”, questa è stata la prima reazione di Ensaf, minuscola donna dalla forza e dalla determinazione inesauribile che da quando il marito è stato arrestato non ha mai smesso di lottare. Giorni fa è stata lanciata in Germania la Fondazione Raif Badawi per aiutare tutti i liberi pensatori nelle condizioni di Raif. Il caso del blogger saudita è seguito da governi, da ONG per i diritti umani, cantanti di fama internazionale. Ma l’incredibile mobilitazione non ha ottenuto nulla se non l’arresto della flagellazione.
L’attribuzione all’Arabia Saudita del recente ruolo per gestire nomine di esperti che potrebbero, anzi dovrebbero, recarsi
martedì 22 settembre 2015
Bratislava invasa: ieri decine di migliaia di persone alla Marcia per la Vita
Secondo le stime degli organizzatori, domenica 20 settembre a Bratislava hanno partecipato circa 80mila persone (tra le 70 mila e 85 mila) alla Marcia Nazionale Per la Vita (Pochod Za Život). Questi i dati diffusi in occasione della conferenza stampa a conclusione dell’evento che, ha detto il coordinatore Marek Michalcik, ha replicato il grande successo – lui lo ha chiamato “miracolo” – della precedente marcia Per la Vita che si è tenuta a Košice due anni fa. L’evento è stato principalmente organizzato dalla Conferenza episcopale slovacca, con l’aiuto di 1.000 volontari.
I partecipanti si sono riuniti sulla Piazza SNP della capitale, da dove è partita la marcia, che vi ha fatto ritorno un paio d’ore più tardi, dopo aver fatto un largo giro in città. L’organizzazione prevedeva la partecipazione di 50mila persone.
L’evento ha lo scopo di promuovere la protezione della vita umana dal concepimento alla morte naturale e l’istituzione del matrimonio come unione di un uomo e una donna. La grande partecipazione di pubblico dà il senso di come questa questione – i temi relativi a vita, aborto, matrimonio ed eutanasia – sono molto sentiti tra i cittadini e necessitano di essere trattati con la dovuta attenzione.
Rallegramenti per il successo dell’iniziativa sono pervenuti dai vescovi slovacchi, e il vescovo ausiliare di Bratislava Jozef Halko, secondo Tasr, ha espresso «gioia e gratitudine per il fatto che questo evento ha dimostrato che è molto grande la comunità di coloro che professano la vita e la gioia della vita».
L’organizzazione della manifestazione ha in cantiere una proposta di modifica legislativa in materia di protezione della vita e di aiuto alle donne in gravidanza in situazione di crisi. L’obiettivo è arrivare a proteggere in modo egualitario la vita di «tutte le persone senza distinzione, anche i bambini non ancora nati».
I partecipanti si sono riuniti sulla Piazza SNP della capitale, da dove è partita la marcia, che vi ha fatto ritorno un paio d’ore più tardi, dopo aver fatto un largo giro in città. L’organizzazione prevedeva la partecipazione di 50mila persone.
L’evento ha lo scopo di promuovere la protezione della vita umana dal concepimento alla morte naturale e l’istituzione del matrimonio come unione di un uomo e una donna. La grande partecipazione di pubblico dà il senso di come questa questione – i temi relativi a vita, aborto, matrimonio ed eutanasia – sono molto sentiti tra i cittadini e necessitano di essere trattati con la dovuta attenzione.
Rallegramenti per il successo dell’iniziativa sono pervenuti dai vescovi slovacchi, e il vescovo ausiliare di Bratislava Jozef Halko, secondo Tasr, ha espresso «gioia e gratitudine per il fatto che questo evento ha dimostrato che è molto grande la comunità di coloro che professano la vita e la gioia della vita».
L’organizzazione della manifestazione ha in cantiere una proposta di modifica legislativa in materia di protezione della vita e di aiuto alle donne in gravidanza in situazione di crisi. L’obiettivo è arrivare a proteggere in modo egualitario la vita di «tutte le persone senza distinzione, anche i bambini non ancora nati».
"C'è un genocidio di cristiani". Tocca agli Usa avvisare la Ue
L'Europa che si preoccupa di gelati e antibiotici non trova il coraggio di spendere una parola per le stragi quotidiane dei jihadisti dell'Isis
L'Europa che si preoccupa di gelati e antibiotici non trova il coraggio di spendere una parola per le stragi quotidiane dei jihadisti dell'Isis
Fausto Biloslavo - Mar, 22/09/2015
Il 9 settembre è stata depositata al Congresso americano una proposta di risoluzione bipartisan, che denuncia a chiare lettere il genocidio dei cristiani per mano dei tagliagole delle bandiere nere.
Il Papa ne dovrebbe parlare con lo speaker della Camera Usa, John Boehner, durante la sua visita a Washington. Dall'altra parte dell'Oceano, al parlamento di Strasburgo, non si è neppure riusciti a raccogliere le firme necessarie per una giornata sulla persecuzione dei cristiani, nonostante i convinti e ripetuti tentativi dell'eurodeputata della Lega, Mara Bizzotto.
La risoluzione numero 75 chiede al Congresso degli Stati Uniti, di denunciare che i responsabili «delle atrocità contro i cristiani e altre minoranze (…) tra cui gli yazidi, i turcomanni ed i curdi bersagliati specificatamente per motivi etnici e religiosi commettono crimini di guerra, contro l'umanità e genocidio».
La risoluzione è stata presentata dal repubblicano Jeff Fortenberry del Nebraska e dalla democratica Anna Eshoo della California. «I cristiani e le altre minoranze etniche e religiose sono state assassinate, soggiogate, costrette ad emigrare e hanno sofferto gravi danni fisici e psicologici, tra cui la riduzione in schiavitù e abusi sessuali, inflitti in modo intenzionale e calcolato», si legge nella risoluzione che dovrà venir votata dal Congresso.
«Queste atrocità sono perpetrate con il preciso intento di realizzare l'eliminazione e l'esodo forzato
La risoluzione numero 75 chiede al Congresso degli Stati Uniti, di denunciare che i responsabili «delle atrocità contro i cristiani e altre minoranze (…) tra cui gli yazidi, i turcomanni ed i curdi bersagliati specificatamente per motivi etnici e religiosi commettono crimini di guerra, contro l'umanità e genocidio».
La risoluzione è stata presentata dal repubblicano Jeff Fortenberry del Nebraska e dalla democratica Anna Eshoo della California. «I cristiani e le altre minoranze etniche e religiose sono state assassinate, soggiogate, costrette ad emigrare e hanno sofferto gravi danni fisici e psicologici, tra cui la riduzione in schiavitù e abusi sessuali, inflitti in modo intenzionale e calcolato», si legge nella risoluzione che dovrà venir votata dal Congresso.
«Queste atrocità sono perpetrate con il preciso intento di realizzare l'eliminazione e l'esodo forzato
L'islam "dialoga" per riconquistare la Sicilia
di Valentina Colombo 22-09-2015
Può un convegno “islamo-cristiano” dal titolo “La cultura dell’accoglienza nell’islam e nel cristianesimo”, tenutosi a Palermo il 19 settembre scorso e a cui – secondo fonti locali – hanno partecipato poco più di una trentina di persone, dimostrare reti, connessioni e affiliazioni ideologiche a livello internazionale? La risposta viene fornita dai nomi dei relatori musulmani che la locandina dell’evento presenta come segue: l’onorevole Abu Zaid Al Idrisi, membro del Parlamento marocchino; Abdelhafid Kheit, presidente della Comunità Islamica di Sicilia; la dottoressa Khadija Moufid, presidente del Centro studi e ricerche sulla famiglia Marocco e infine il dottor Sante Ciccarello, rappresentante di Islamic Relief Worldwide UK.
Abu Zaid Al-Idrisi è uno degli uomini di punta del Partito della Giustizia e dello Sviluppo marocchino, ideologicamente affiliato al movimento dei Fratelli musulmani, che vanta tra le proprie fila il primo ministro Ben Kirane e che nelle recenti elezioni locali ha riportato un buon successo. Al-Idrisi è un personaggio di caratura internazionale invitato a eventi dell’associazionismo islamico affiliato alla Fratellanza in Europa, quale ad esempio la recente Rencontre Annuelle des Musulmans del Nord della Francia a Lille. L’estate scorsa è stato uno dei partecipanti dell’ultima flotilla della “libertà” diretta a Gaza unitamente a altri personaggi illustri quali l’ex presidente tunisino Moncef Marzouki. Tra l’altro una delle imbarcazioni della flottiglia era salpata proprio da Palermo.
Abdelhafid Kheit, di origine algerina, è presidente della Comunità islamica di Sicilia, dal 1997 imam della moschea di
Abu Zaid Al-Idrisi è uno degli uomini di punta del Partito della Giustizia e dello Sviluppo marocchino, ideologicamente affiliato al movimento dei Fratelli musulmani, che vanta tra le proprie fila il primo ministro Ben Kirane e che nelle recenti elezioni locali ha riportato un buon successo. Al-Idrisi è un personaggio di caratura internazionale invitato a eventi dell’associazionismo islamico affiliato alla Fratellanza in Europa, quale ad esempio la recente Rencontre Annuelle des Musulmans del Nord della Francia a Lille. L’estate scorsa è stato uno dei partecipanti dell’ultima flotilla della “libertà” diretta a Gaza unitamente a altri personaggi illustri quali l’ex presidente tunisino Moncef Marzouki. Tra l’altro una delle imbarcazioni della flottiglia era salpata proprio da Palermo.
Abdelhafid Kheit, di origine algerina, è presidente della Comunità islamica di Sicilia, dal 1997 imam della moschea di
sabato 19 settembre 2015
Sorpresa: anche un cardinale stacca la spina
di Tommaso Scandroglio 19-09-2015
C’è un male con parvenza di cattolicità. In altre parole, si prende una condotta iniqua come l’aborto, la fecondazione artificiale, la contraccezione, le convivenze, il “matrimonio” gay, è la si spaccia come buona. Basta presentarla dietro le fumose cortine dei principi evangelicamente ispirati e parole come “pietà”, “libertà”, “accoglienza” diventano passepartout per aprire porte che danno solo sull’Inferno. Un’altra porta simile è stata aperta giovedì scorso in Senato. Presso la Sala Zuccari si è svolto l’incontro “I doveri della medicina, i diritti del paziente”, evento organizzato dal “Cortile dei Gentili”, la Fondazione che – come si legge nel suo statuto - mira alla «promozione del dialogo tra credenti e non credenti», ente voluto dal Pontificio Consiglio della Cultura (presidente il cardinale Gianfranco Ravasi), il quale Pontificio Consiglio nomina i consiglieri della stessa Fondazione.
Il dialogo, dunque. Ben venga il dialogo se è finalizzato non a trovare un punto di compromesso sulla verità, bensì a persuadere il non credente a convertirsi. Il dialogo è mezzo, non fine. Ma giovedì scorso, come spesso capita quando ci si mette a dialogare, è accaduto l’opposto. I credenti hanno ceduto un altro pezzo della sana dottrina ai laicisti e sono emigrati –
Il dialogo, dunque. Ben venga il dialogo se è finalizzato non a trovare un punto di compromesso sulla verità, bensì a persuadere il non credente a convertirsi. Il dialogo è mezzo, non fine. Ma giovedì scorso, come spesso capita quando ci si mette a dialogare, è accaduto l’opposto. I credenti hanno ceduto un altro pezzo della sana dottrina ai laicisti e sono emigrati –
Perseverare nella terra buona della Chiesa
"Poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città" Gesù mette in chiaro le cose. Insieme alla folla si può "ascoltare" la sua Parola, ma ciò non significa avere fede. Fateci caso, negli esempi che fa Gesù, emerge un tempo successivo all'ascolto, quello nel quale esso dovrebbe penetrare nella terra, mettervi radici e crescere libero. Tra il momento dell'ascolto e quello in cui appare la fede adulta di chi "crede" e dà frutto, vi è un "dopo", un tempo decisivo. Non basta dunque ascoltare la Parola di Dio per avere fede. Non è sufficiente ascoltarla durante la messa della domenica, nei gruppi di ascolto, nelle conferenze e nei corsi biblici. E' necessario un tempo di crescita nella fede perché, "dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, si custodisca per produrre frutto con perseveranza". Attenzione, non ci confondiamo: Gesù identifica il seme con coloro che "ascoltano", non i vari tipi di terreno. Ciò significa che, a prescindere della situazione nella quale essi si trovano, la Parola entra e si fa carne con loro. Non importa se si trovano in peccato, se non si sono preparati ad ascoltare. La
venerdì 18 settembre 2015
La Chiesa, nuova Eva amata gratuitamente, segue lo Sposo donando se stessa per testimoniare al mondo il perdono di Dio
Nel brano di oggi risplende l'esito della corte spietata dello Sposo per la Sposa che lo aveva tradito sedotta da sette demoni, la pienezza della concupiscenza. Per farla capitolare e strapparla a tante lusinghe e menzogne Gesù ha usato ciò che lo rende unico: il perdono dei peccati. Chi ne ha fatto esperienza non può più resistere a Gesù, perché il suo perdono non solo estirpa il peccato, ma depone nel cuore la sua stessa vita, che, ricevuta gratuitamente, muove "naturalmente" il cuore alla gratitudine che si fa sempre sequela e offerta della propria vita. Chi ha sperimentato l'amore di Dio rivelato in Cristo, quello che nessuno ha mai avuto per lui, non ha bisogno di appelli, di comitati, di convegni, di spot pubblicitari. Seguire Gesù senza riservare nulla a se stessi è il frutto naturale della sua vita nuova: le membra una volta offerte al peccato, risuscitate dal suo amore, ne divengono strumenti privilegiati. E' la storia delle donne del Vangelo di oggi: seguono per gratitudine lo Sposo che, per strapparle all'amante, le aveva guarite da spiriti cattivi e da infermità ammalandosi della loro stessa morte. Per questo erano lì, insieme a Pietro, anch'egli cercato e perdonato sulle sponde del lago di Galilea. La Chiesa è la comunità dei "graziati", la Sposa che, liberata dal giogo del peccato, ha abbandonato la casa di suo Padre per seguire lo Sposo più bello. Come recita il Cantico dei Cantici, dare in cambio di questo amore tutti i beni della terra sarebbe disprezzarlo; è gratuito, possiamo solo lasciare che ci seduca. Per salvare l'umanità, Gesù ha
giovedì 17 settembre 2015
Scuola, il ministro Giannini ci vuole tutti in galera. Ma se questo non è "gender" dimmi tu cos'è
di Tommaso Scandroglio 17-09-2015
Se ti azzardi a dire che nella “Buona scuola” (la legge 107/2015) c’è la teoria di genere passerai guai legali. Lo promette il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Ieri a Radio 24 lo ha detto chiaro e tondo: c’è «una responsabilità irrinunciabile a passare a strumenti legali» contro questa «truffa culturale. Chi ha parlato e continua a parlare di teoria "gender" in relazione al progetto educativo del governo di Renzi sulla scuola compie una truffa culturale. Ci tuteleremo con gli strumenti a nostra disposizione, anche per vie legali. Ove si continuasse ad incriminare la legge studieremo quali strumenti adottare».
E buona notte alla libertà di espressione. Tra i giuristi ci si interroga poi sul reato che si andrebbe a compiere: non calunnia, né diffamazione, forse procurato allarme, come chi telefona ad una scuola e dice che ha messo una bomba ma poi si scopre che era tutto uno scherzo. Insomma la Giannini vuole dietro le sbarre chi osa “incriminare” – questo il verbo da lei usato – questa legge. Chiamasi pensiero unico.
La Giannini è così stanca di vedere attaccata la sua legge su questo punto che ieri ha emanato una circolare che è arrivata a tutti i dirigenti scolastici in cui «si ribadisce che […] tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né ‘ideologie gender’ né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo». Il ministro è stato costretto ad emanare questa circolare perché – si legge nella stessa – «pervengono al MIUR numerose richieste di chiarimenti, sia da parte di dirigenti scolastici e docenti che di genitori, riguardo una presunta possibilità di inserimento all’interno dei Piani dell’Offerta Formativa delle scuole della cosiddetta ‘Teoria del Gender’».
Ma nella Buona scuola si prevede l’insegnamento della teoria di gender sì o no? Prima di tutto chiariamo cosa è questa
Se ti azzardi a dire che nella “Buona scuola” (la legge 107/2015) c’è la teoria di genere passerai guai legali. Lo promette il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Ieri a Radio 24 lo ha detto chiaro e tondo: c’è «una responsabilità irrinunciabile a passare a strumenti legali» contro questa «truffa culturale. Chi ha parlato e continua a parlare di teoria "gender" in relazione al progetto educativo del governo di Renzi sulla scuola compie una truffa culturale. Ci tuteleremo con gli strumenti a nostra disposizione, anche per vie legali. Ove si continuasse ad incriminare la legge studieremo quali strumenti adottare».
E buona notte alla libertà di espressione. Tra i giuristi ci si interroga poi sul reato che si andrebbe a compiere: non calunnia, né diffamazione, forse procurato allarme, come chi telefona ad una scuola e dice che ha messo una bomba ma poi si scopre che era tutto uno scherzo. Insomma la Giannini vuole dietro le sbarre chi osa “incriminare” – questo il verbo da lei usato – questa legge. Chiamasi pensiero unico.
La Giannini è così stanca di vedere attaccata la sua legge su questo punto che ieri ha emanato una circolare che è arrivata a tutti i dirigenti scolastici in cui «si ribadisce che […] tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né ‘ideologie gender’ né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo». Il ministro è stato costretto ad emanare questa circolare perché – si legge nella stessa – «pervengono al MIUR numerose richieste di chiarimenti, sia da parte di dirigenti scolastici e docenti che di genitori, riguardo una presunta possibilità di inserimento all’interno dei Piani dell’Offerta Formativa delle scuole della cosiddetta ‘Teoria del Gender’».
Ma nella Buona scuola si prevede l’insegnamento della teoria di gender sì o no? Prima di tutto chiariamo cosa è questa
mercoledì 16 settembre 2015
La propaganda e i gruppi di pressione LGBT sono una frode demoniaca. Lo dice il card. Robert Sarah
Il cardinale Robert Sarah, nato in Guinea nel 1945 e oggi prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha appena pubblicato un grandioso libro-intervista con Nicolas Diat; un libro che pur parlando nella massima carità e con profonda misericordia non fa sconti indebiti alla verità, non scende a compromessi, non transige nemmeno per un secondo. Lo si capisce sin da quel titolo che campeggia sulla copertina come una bandiera, Dio o niente. Conversazione sulla fede.
In Italia lo pubblica l’editore senese Cantagalli, buon amico de Il Timone, così come buon amico de Il Timone è l’editore statunitense Ignatius Press di San Francisco che alla nostra redazione ha inviato - in anticipo sull’edizione italiana - copia del libro in versione inglese, God or Nothing: A Conversation on Faith, affinché i nostri lettori avessero subito possibilità di conoscere direttamente la grande e ricca proposta di rinnovamento nella tradizione che viene oggi dalla Chiesa Cattolica africana a fronte dei gravi antagonismi che scuotono il mondo contemporaneo, un rinnovamento autentico su cui anche quell’editore di Oltreoceano sta “scommettendo” molto.
In Italia lo pubblica l’editore senese Cantagalli, buon amico de Il Timone, così come buon amico de Il Timone è l’editore statunitense Ignatius Press di San Francisco che alla nostra redazione ha inviato - in anticipo sull’edizione italiana - copia del libro in versione inglese, God or Nothing: A Conversation on Faith, affinché i nostri lettori avessero subito possibilità di conoscere direttamente la grande e ricca proposta di rinnovamento nella tradizione che viene oggi dalla Chiesa Cattolica africana a fronte dei gravi antagonismi che scuotono il mondo contemporaneo, un rinnovamento autentico su cui anche quell’editore di Oltreoceano sta “scommettendo” molto.
Per gentile concessione di Cantagalli proponiamo dunque un brano assai significativo di Dio o niente.
del card. Robert Sarah
A rischio di scioccare, penso che il colonialismo occidentale prosegua oggi in Africa e in Asia con maggiore forza e perversione con l’imposizione violenta di una falsa morale e di valori menzogneri. Non nego che la civiltà europea abbia potuto apportare grandi benefici, in particolare con i suoi missionari che sono stati spesso grandi santi. Ha diffuso dappertutto la parola del Vangelo e anche le belle espressioni culturali plasmate dal cristianesimo.
È con ragione che Benedetto XVI sottolinea, nel suo ultimo discorso di auguri natalizi alla Curia, che
Il presepe non è reato. Sconfitta (per ora) la laicité
di Rino Cammilleri 16-09-2015
Il Presepe raffigura quanto di più innocuo e inoffensivo ci sia al mondo: una madre col suo neonato. Il tutto, per giunta, circondato da pecorelle, gli animali più inermi che esistano e diventati il simbolo stesso della creatura indifesa. «Non temete», avevano infatti detto gli angeli ai pastori di Betlemme che, giustamente, si erano spaventati all’irrompere del loro fulgore notturno. Ma quasi subito su quel pacifico Neonato si era scatenato l’inferno in terra, costringendolo alla fuga: addirittura, per essere certi di non mancarlo, erano stati sterminati tutti i bimbetti della zona.
Il vecchio Simeone l’aveva predetto a sua madre, quando l’aveva chiamato «segno di contraddizione», perché quel Bambino avrebbe spaccato non solo la storia in due (gli anni si contano avanti Cristo e dopo), ma anche l’umanità, che si sarebbe divisa: per Lui o contro. Oggi, quelli “contro” manifestano una tenacia bellica che rasenta, e talvolta supera, l’ossessione. Verrebbe da dire che la loro cocciutaggine sarebbe degna di miglior causa, ma a ben rifletterci non c’è causa migliore di questa. Per loro. Basta vedere con quale instancabile insonnia presentano denunce, mozioni, proposte, istanze, tutte tese a spazzare via quel che resta del cristianesimo. Sconfitti una volta, si ripresentano l’indomani, e poi di nuovo, senza sosta e requie, e più li respingi e più tornano alla carica come fanno le mosche. Forse, come dice Gesù nel Vangelo, hanno assunto «per padre il diavolo», uno dei cui antichi nomi è, appunto, Signore delle Mosche, e uno dei cui metodi è, appunto, l’ossessione?
Non c’è modo di saperlo, dal momento che l’ultima cosa che farebbero è farsi intervistare da padre Amorth. Perché ho
Il vecchio Simeone l’aveva predetto a sua madre, quando l’aveva chiamato «segno di contraddizione», perché quel Bambino avrebbe spaccato non solo la storia in due (gli anni si contano avanti Cristo e dopo), ma anche l’umanità, che si sarebbe divisa: per Lui o contro. Oggi, quelli “contro” manifestano una tenacia bellica che rasenta, e talvolta supera, l’ossessione. Verrebbe da dire che la loro cocciutaggine sarebbe degna di miglior causa, ma a ben rifletterci non c’è causa migliore di questa. Per loro. Basta vedere con quale instancabile insonnia presentano denunce, mozioni, proposte, istanze, tutte tese a spazzare via quel che resta del cristianesimo. Sconfitti una volta, si ripresentano l’indomani, e poi di nuovo, senza sosta e requie, e più li respingi e più tornano alla carica come fanno le mosche. Forse, come dice Gesù nel Vangelo, hanno assunto «per padre il diavolo», uno dei cui antichi nomi è, appunto, Signore delle Mosche, e uno dei cui metodi è, appunto, l’ossessione?
Non c’è modo di saperlo, dal momento che l’ultima cosa che farebbero è farsi intervistare da padre Amorth. Perché ho
Vallini ai catechisti: “Aiutateci a combattere il gender”
Al Convegno Pastorale Diocesano 2015, il cardinale Vicario di Roma ha tenuto la relazione conclusiva, il cui tema fondamentale è la centralità dei genitori, affrontando anche il tema dell’immigrazione
Roma, Gianluca Badii
Si è tenuta ieri nella Basilica di San Giovanni la seconda tappa del Convegno Pastorale Diocesano 2015, dal titolo Noi genitori testimoni della bellezza della vita vi trasmettiamo quello che abbiamo ricevuto, alla presenza del Cardinal Vicario Agostino Vallini e di Mons. Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Roma.
Tema principale dell’incontro, rivolto particolarmente ai catechisti e agli operatori pastorali della Diocesi, è stata la relazione conclusiva del Convegno, scritta e presentata dal Cardinale stesso.
Nel segno di un’iniziazione cristiana intesa non come preparazione ai sacramenti, ma come avvio ad una vita cristiana attraverso la grazia dei sacramenti, si è ribadita l’importanza del coinvolgimento dei genitori di ragazzi e fanciulli, nonostante proprio questo coinvolgimento risulti, come ha dichiarato il cardinal Vallini “l’anello debole della nostra pastorale”.
Leitmotiv della relazione è stato infatti “la centralità dei genitori è la carta vincente”.
Partendo da questa considerazione, la relazione getta le basi e le linee guida per una nuova pastorale,
Tema principale dell’incontro, rivolto particolarmente ai catechisti e agli operatori pastorali della Diocesi, è stata la relazione conclusiva del Convegno, scritta e presentata dal Cardinale stesso.
Nel segno di un’iniziazione cristiana intesa non come preparazione ai sacramenti, ma come avvio ad una vita cristiana attraverso la grazia dei sacramenti, si è ribadita l’importanza del coinvolgimento dei genitori di ragazzi e fanciulli, nonostante proprio questo coinvolgimento risulti, come ha dichiarato il cardinal Vallini “l’anello debole della nostra pastorale”.
Leitmotiv della relazione è stato infatti “la centralità dei genitori è la carta vincente”.
Partendo da questa considerazione, la relazione getta le basi e le linee guida per una nuova pastorale,
Una mattina nell'eremo del Papa emerito
di Vittorio Messori 16-09-2015
Il mattino di mercoledì 9 settembre, alla Porta Sant’Anna del Vaticano, sono salito su un’auto condotta da un graduato della Guardia Svizzera che, districandosi tra i viali dei celebri giardini mi ha portato al Monastero detto di Maria Mater Ecclesiae. Come si sa, è questo il luogo scelto dal Papa Emerito per vivere tra preghiera e studio dopo la clamorosa rinuncia. Una delle quattro Memores Domini (la famiglia religiosa ispirata da don Giussani) che accudiscono Benedetto XVI, mi ha accolto e mi ha fatto accomodare in un salotto al primo piano, ma dal quale si vede in modo completo il Cupolone incombente. Pochi minuti dopo, eccomi in ascensore ed ecco un Benedetto XVI, solo, sorridente, sulla soglia del suo studio.
La mia collaborazione professionale prima e l’amicizia poi con Joseph Ratzinger risale ai primi anni Ottanta quando, insieme, preparammo quel Rapporto sulla fede che mise a rumore la Chiesa intera. Da allora, ci vedemmo piuttosto spesso. Ma, divenuto Papa, rispettai i suoi impegni opprimenti, non chiesi udienze e non lo incontrai che una sola volta quando fu lui stesso che volle rivedermi dopo la pubblicazione di Perché credo, il libro che avevo appena scritto con Andrea Tornielli. Rispettai poi anche il suo ritiro ma, ovviamente, mi ha fatto piacere l’invito, giuntomi attraverso il suo Segretario, ad andarlo a trovare per rivederci e parlare tra noi, in confidenza. Da quando quell’invito mi è giunto, ho subito pensato che fosse mio dovere di non metterlo in imbarazzo con domande da giornalista indiscreto, come i suoi rapporti col suo successore o come i motivi ”veri” della sua rinuncia. Sono dunque pregati di astenersi i soliti complottologi e dietrologi che pensassero che dietro questo nostro incontro ci fosse chi sa che.
Mentre mi inchinavo per baciargli la mano (come vuole una tradizione che rispetto, soprattutto da quando si cerca di
Il mattino di mercoledì 9 settembre, alla Porta Sant’Anna del Vaticano, sono salito su un’auto condotta da un graduato della Guardia Svizzera che, districandosi tra i viali dei celebri giardini mi ha portato al Monastero detto di Maria Mater Ecclesiae. Come si sa, è questo il luogo scelto dal Papa Emerito per vivere tra preghiera e studio dopo la clamorosa rinuncia. Una delle quattro Memores Domini (la famiglia religiosa ispirata da don Giussani) che accudiscono Benedetto XVI, mi ha accolto e mi ha fatto accomodare in un salotto al primo piano, ma dal quale si vede in modo completo il Cupolone incombente. Pochi minuti dopo, eccomi in ascensore ed ecco un Benedetto XVI, solo, sorridente, sulla soglia del suo studio.
La mia collaborazione professionale prima e l’amicizia poi con Joseph Ratzinger risale ai primi anni Ottanta quando, insieme, preparammo quel Rapporto sulla fede che mise a rumore la Chiesa intera. Da allora, ci vedemmo piuttosto spesso. Ma, divenuto Papa, rispettai i suoi impegni opprimenti, non chiesi udienze e non lo incontrai che una sola volta quando fu lui stesso che volle rivedermi dopo la pubblicazione di Perché credo, il libro che avevo appena scritto con Andrea Tornielli. Rispettai poi anche il suo ritiro ma, ovviamente, mi ha fatto piacere l’invito, giuntomi attraverso il suo Segretario, ad andarlo a trovare per rivederci e parlare tra noi, in confidenza. Da quando quell’invito mi è giunto, ho subito pensato che fosse mio dovere di non metterlo in imbarazzo con domande da giornalista indiscreto, come i suoi rapporti col suo successore o come i motivi ”veri” della sua rinuncia. Sono dunque pregati di astenersi i soliti complottologi e dietrologi che pensassero che dietro questo nostro incontro ci fosse chi sa che.
Mentre mi inchinavo per baciargli la mano (come vuole una tradizione che rispetto, soprattutto da quando si cerca di
lunedì 14 settembre 2015
I sauditi usano i Fratelli Musulmani per entrare in Europa
di Valentina Colombo 14-09-2015
Nell’ottobre 2011 viene fondato a Vienna il Centro Internazionale Re Abdullah bin Abdulaziz per il Dialogo Interreligioso e Interculturale (KAICIID) che nasce dalla cooperazione tra Arabia Saudita, Austria e Spagna. “Fondatore osservatore” è la Santa Sede.
Basterebbero queste informazioni per porsi e porre per lo meno qualche interrogativo. Come è possibile che un centro sponsorizzato dall’Arabia Saudita possa promuovere il “dialogo interreligioso e interculturale”? Un centro davanti al quale da ormai un anno, ogni venerdì attivisti per i diritti umani manifestano per ottenere la liberazione del blogger saudita Raif Badawi, condannato a mille frustate e a dieci anni di carcere, per avere fondato un sito di pensatori liberali? Come è possibile che i governi austriaco e spagnolo, ma soprattutto la Santa Sede, possano accettare l’ipocrisia di uno Stato dove i diritti umani vengono regolarmente calpestati, dove i non musulmani non possono esercitare liberamente il loro credo e dove si applica il diritto penale islamico nella sua interpretazione più rigida?
Purtroppo anche le ultime iniziative del Centro non solo fanno aumentare i dubbi sulle vere finalità dell’istituzione, ma soprattutto confermano l’ipocrisia dello Stato saudita. Il 7 marzo 2014 l’Arabia Saudita metteva ufficialmente al bando l’organizzazione dei Fratelli musulmani, probabilmente per compiacere il regime di El Sisi di cui era diventata uno dei principali sostenitori. Tuttavia nessuna misura particolare viene attuata per reprimere o limitare le attività della Fratellanza nel Regno. Nel febbraio 2015 Nihad Awad, direttore del Council on American-Islamic Relations (CAIR) ideologicamente
Basterebbero queste informazioni per porsi e porre per lo meno qualche interrogativo. Come è possibile che un centro sponsorizzato dall’Arabia Saudita possa promuovere il “dialogo interreligioso e interculturale”? Un centro davanti al quale da ormai un anno, ogni venerdì attivisti per i diritti umani manifestano per ottenere la liberazione del blogger saudita Raif Badawi, condannato a mille frustate e a dieci anni di carcere, per avere fondato un sito di pensatori liberali? Come è possibile che i governi austriaco e spagnolo, ma soprattutto la Santa Sede, possano accettare l’ipocrisia di uno Stato dove i diritti umani vengono regolarmente calpestati, dove i non musulmani non possono esercitare liberamente il loro credo e dove si applica il diritto penale islamico nella sua interpretazione più rigida?
Purtroppo anche le ultime iniziative del Centro non solo fanno aumentare i dubbi sulle vere finalità dell’istituzione, ma soprattutto confermano l’ipocrisia dello Stato saudita. Il 7 marzo 2014 l’Arabia Saudita metteva ufficialmente al bando l’organizzazione dei Fratelli musulmani, probabilmente per compiacere il regime di El Sisi di cui era diventata uno dei principali sostenitori. Tuttavia nessuna misura particolare viene attuata per reprimere o limitare le attività della Fratellanza nel Regno. Nel febbraio 2015 Nihad Awad, direttore del Council on American-Islamic Relations (CAIR) ideologicamente
Enzo Bianchi: «Maria non può essere il riferimento per la promozione della donna nella Chiesa». Ah sì?
Enzo Bianchi, da «La Chiesa del futuro», intervista di Silvia Ronchey su Repubblica, 9 settembre 2015:
«Nella chiesa c'è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa; l'idea, insinuata per moda, che la Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l'uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
«Nella chiesa c'è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa; l'idea, insinuata per moda, che la Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l'uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
Papa Francesco, dal discorso ai partecipanti al III Ritiro mondiali per sacerdoti, in San Giovanni Laterano, 12 giugno 2015:
«Il genio femminile è una grazia, la Chiesa è donna e Maria è molto più importante degli apostoli».
San Giovanni Paolo II, dalla «Lettera del Papa alle donne», 29 giugno 1995:
«La Chiesa vede in Maria la massima espressione del “genio femminile” e trova in Lei una fonte di incessante ispirazione. Maria si è definita “serva del Signore” (Lc 1, 38). È per obbedienza alla Parola
«La Chiesa vede in Maria la massima espressione del “genio femminile” e trova in Lei una fonte di incessante ispirazione. Maria si è definita “serva del Signore” (Lc 1, 38). È per obbedienza alla Parola
Enzo Bianchi, l'«umanista ateo» getta la maschera
di Antonio Livi 14-09-2015
L’intervista apparsa su la Repubblica il 9 settembre scorso sarebbe ripetitiva e insignificante se non fosse anche il riassunto del vasto progetto politico-religioso di Enzo Bianchi ("La Chiesa del futuro", a cura di Silvia Ronchey, il cui testo è stato tolto dal sito del Monastero di Bose e di Repubblica, ndr). Il “piccolo riformatore” piemontese ha affisso le sue “tesi” alla porta, non di una chiesetta della Germania cinquecentesca ma di un quotidiano romano la cui sede è a pochi passi dalla basilica di San Pietro.
Tutto è chiaramente simbolico: il giornale che lo intervista proprio perché parli male del cristianesimo e bene dell’islam (le domande sembrano proprio redatte da chi deve rispondere) è lo stesso giornale dove il suo fondatore, Eugenio Scalfari, ha lodato papa Francesco per avergli dato ragione in tutto, e in particolare sul rifiuto di Dio come creatore del mondo e come autore della legge morale naturale. Erano altri tempi quando La Repubblica usciva con un articolo in prima pagina intitolato «Il Papa contro le donne» (si trattava di una delle reiterate condanne dell’aborto da parte di san Giovanni Paolo II). Quel papa era da criticare ferocemente, e con lui tutta la tradizione dogmatica e morale della Chiesa cattolica. Il papa attuale invece va elogiato perché – dice esplicitamente Scalfari e dice implicitamente anche Bianchi – ha iniziato un’opera di demolizione della Chiesa come depositaria della verità rivelata da Cristo, per trasformarla in uno dei tanti movimenti “spirituali” che contribuiscono al “nuovo ordine mondiale”, che mira all’annullamento delle differenze tra le religioni e ultimamente all’annullamento della religione stessa.
Perché questo progetto mondialista si presenta talvolta come espressione del più genuino senso religioso, ma i suoi
Tutto è chiaramente simbolico: il giornale che lo intervista proprio perché parli male del cristianesimo e bene dell’islam (le domande sembrano proprio redatte da chi deve rispondere) è lo stesso giornale dove il suo fondatore, Eugenio Scalfari, ha lodato papa Francesco per avergli dato ragione in tutto, e in particolare sul rifiuto di Dio come creatore del mondo e come autore della legge morale naturale. Erano altri tempi quando La Repubblica usciva con un articolo in prima pagina intitolato «Il Papa contro le donne» (si trattava di una delle reiterate condanne dell’aborto da parte di san Giovanni Paolo II). Quel papa era da criticare ferocemente, e con lui tutta la tradizione dogmatica e morale della Chiesa cattolica. Il papa attuale invece va elogiato perché – dice esplicitamente Scalfari e dice implicitamente anche Bianchi – ha iniziato un’opera di demolizione della Chiesa come depositaria della verità rivelata da Cristo, per trasformarla in uno dei tanti movimenti “spirituali” che contribuiscono al “nuovo ordine mondiale”, che mira all’annullamento delle differenze tra le religioni e ultimamente all’annullamento della religione stessa.
Perché questo progetto mondialista si presenta talvolta come espressione del più genuino senso religioso, ma i suoi
domenica 13 settembre 2015
Discorso di Giovanni Paolo II ai diaconi permanenti degli Stati Uniti
VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DIACONI PERMANENTI DEGLI STATI UNITI
AI DIACONI PERMANENTI DEGLI STATI UNITI
«Ford Auditorium» (Detroit)
Sabato, 19 settembre 1987
Sabato, 19 settembre 1987
Cari fratelli nel servizio di nostro Signore,
care mogli e collaboratori di questi uomini ordinati al diaconato permanente.
care mogli e collaboratori di questi uomini ordinati al diaconato permanente.
1. Vi saluto nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo, in cui, come san Paolo ci dice, Dio ci ha scelto, redento e adottato come suoi figli (cf. Ef 1, 3ss.). Con san Paolo e con voi, oggi, lodo il nostro Padre celeste per questi meravigliosi doni di grazia.
È una gioia particolare per me incontrarmi con voi, perché rappresentate un segno grande e visibile dell’opera dello Spirito Santo all’alba del Concilio Vaticano II che provvide alla restaurazione del diaconato permanente nella Chiesa. La saggezza di quel provvedimento è evidente oggi nella vostra numerosa presenza e nella ricchezza dei vostri ministeri. Con tutta la Chiesa, ringrazio Dio per la chiamata che avete ricevuto e per la vostra generosa risposta. Per la maggioranza di voi che siete sposati, questa risposta è stata resa possibile dall’amore, dal sostegno e dalla collaborazione delle vostre mogli. È di grande incoraggiamento sapere che negli Stati Uniti nell’ultimo ventennio sono stati consacrati circa ottomila diaconi permanenti al servizio del Vangelo.
È soprattutto la vocazione al servizio che desidero celebrare con voi oggi. Parlando dei diaconi, il
sabato 12 settembre 2015
La scandalosa Sapienza della Croce: Gesù che soffre e viene rifiutato per risorgere
Takamatsu, Don Antonello Iapicca
Gesù convoca questa Domenica la folla insieme ai suoi discepoli, le sue parole sono per tutti, anche per gli indecisi, anche per chi gli s oppone. “Se qualcuno vuole venire dietro a me”, e obbliga tutti a guardarsi dentro e a scoprire le carte, e decidere se davvero lo vogliamo seguire. Gesù scuote la nostra libertà come in uno scrutinio: quel “se” si impone alle nostre abitudini, si incunea dentro le nostre acquisizioni fatte di riti quotidiani, ripetuti stancamente.Lavoro, casa, svaghi, studio, la nostra esistenza segue un ritmo, un incedere, segue qualcosa, qualcuno, ma chi? Chi, che cosa ho deciso di seguire? Forse è una questione che non ci siamo mai posti, abbiamo ricevuto una scelta fatta da altri, spalmando la vita su una fetta di mode e abitudini che ci garantiscono un galleggiare neanche male tra le onde dei giorni.
Come una vita telecomandata illudendoci di esserne al timone. O abbiamo scelto di seguire Gesù, cercando di essere coerenti, e ci stanchiamo e ci sentiamo sconfitti. O forse no, siamo contenti di quel che abbiamo realizzato, lo attribuiamo al Signore, e siamo in pace
Per questo le parole di Gesù rivolte ai discepoli, a Pietro, e a ciascuno di noi sono insieme una domanda e un rimprovero. Il Vangelo di oggi è stretto in questa morsa perché fuoriesca il pus che giace nascosto nei nostri cuori e nelle nostre menti. Davvero desideri seguirlo? Allora non puoi pensare secondo gli uomini.
La parola greca che nel Vangelo indica il pensiero, assume una gamma di significati che ci aiutano a
Il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest in Ungheria e Presidente del CCEE, ha spiegato che più che un assemblea è un pellegrinaggio per dire "sì" al Signore Gesù
In Terra Santa, l’Assemblea Plenaria della CCEE
Gerusalemme,
È con il canto del Veni Creator Spiritus che l’annuale Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) ha preso avvio, oggi pomeriggio, in Terra Santa presso la Domus Galilaeae, il Centro di formazione del Cammino Neocatecumenale sul Monte delle Beatitudini che sovrasta il Lago di Tiberiade in Galilea.
Fino a mercoledì 16 settembre, gli oltre quaranta vescovi giunti in Galilea, si confronteranno sulle sfide poste alla Chiesa in Europa, compiendo un incontro-pellegrinaggio che li porterà a meditare sulla Persona di Gesù in vari santuari della Galilea fino a Gerusalemme e Betlemme in Palestina.
“Riscoprire la sorgente della nostra identità come popolo di Dio e della nostra missione come successori degli Apostoli, inviati a testimoniare l’incontro con il volto della Misericordia del Padre che è Gesù stesso”, è il motivo con il quale il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest in Ungheria e Presidente del CCEE, spiega la presenza dei vescovi europei in Terra Santa aprendo i lavori dell’Assemblea questo pomeriggio. “Ci incontriamo quindi in pellegrinaggio, per riaffermare il nostro "sì" al Signore
Ordine agli enti cristiani: assumete gay o niente fondi
di Marco Respinti 12-09-2015
Il “caso Kim Davis” (clicca qui), la funzionaria della contea di Rowan, in Kentucky, arrestata per essersi rifiutata «in nome di Dio» di firmare le licenze di matrimonio di due coppie omosessuali, conferma (forse persino prima del previsto) la fondatezza della paure scatenate dalla sentenza con cui il 26 giugno la Corte Suprema federale ha legalizzato le “nozze” Lgbt in tutti gli Stati Uniti. Ovvero che nel Paese nordamericano vige di fatto uno Stato di polizia che nega ai cittadini americani la libertà di coscienza, di espressione, di religione e, la Davis lo sa bene, di movimento, comminando provvedimenti restrittivi a chi dissente dall’ideologia al potere.
Tutto viene dal “golpe bianco” con cui la Corte Suprema ha violato i limiti costituzionali del proprio mandato (legiferando in proprio invece di vegliare sulla costituzionalità delle leggi varate dal Congresso com’è suo compito), ma tutti sanno che, con buona pace della divisione dei poteri e dell’autonomia della magistratura, quell’abuso consegue direttamente alla volontà politica del presidente Barack Obama che sul tema impegna da sempre autorevolezza, carisma, energie. E infatti gli Usa obamiani non si fermano qui; dopo avere ammanettato la Davis, si preparano a obbligare le charity cristiane ad assumere personale Lgbt. La fonte è un insider del governo che ne ha informato un organismo autorevole, il Center for Family and Human Rights (C-Fam), il cui direttore, l’altrettanto autorevole Austin Ruse, ne ha dato notizia sin da maggio (clicca qui).
Gli organismi religiosi che assistono poveri e bisognosi anche grazie ai finanziamenti pubblici saranno costretti ad accettare le domande d’impiego avanzate pure da gay, lesbiche, trans e bisex (a cui l’ultima moda aggiunge gl’“indecisi” e gl’ “intersessuali”) altrimenti si vedranno negare dallo Stato federale i fondi con cui svolgono quelle attività assistenziali che sono parte ineliminabile della loro vocazione e della loro mission. Un ricatto, cioè, che minaccia di colpire al cuore enti no-profit, Chiese e intere famiglie religiose sul filo di un triplice paradosso beffardo. Primo, lo Stato federale (centrale) negherà alle charity quei contributi che vengono dalle tasse degli americani senza né informarne né chiederne il permesso agli stessi contribuenti. Una parte (verosimilmente considerevole) dei quali non solo non è d’accordo, ma le tasse le paga anche perché cosciente del fatto che contribuiscono a realizzare la vocazione e la mission di enti no-profit, Chiese ed intere famiglie religiose. Dunque, a fare del bene pubblico a chi sul serio ne ha bisogno.
Secondo, lo Stato federale (centrale) vieterà in questo modo a organizzazioni private che impiegano per il bene comune fondi pubblici (cioè quote di partecipazione dei cittadini all’amministrazione del Paese) di svolgere quelle attività assistenziali che lo Stato non può, non vuole, non è capace o comunque non svolge in prima persona, con aggravato danno (anche economico) certamente dei bisognosi, ma altrettanto sicuramente dell’intera macchina federale. Terzo, lo Stato federale (centrale) costringerà una parte (verosimilmente considerevole) dei propri cittadini ad agire contro la propria morale, la propria coscienza e la propria fede (tutelate costituzionalmente dal primo articolo del “Bill of Rights”) come solo i regimi totalitari hanno fatto e fanno.
La nuova misura di Obama è del resto l’estensione al settore del “privato religioso” di quanto vale da già più di un anno per il settore statale. Nel settore statale, infatti, l’Ordine Esecutivo 13672 (clicca qui) firmato da Obama il 21 luglio 2014, impedisce ai datori di lavoro federali di discriminare gli assunti e i richiedenti lavoro in base all’identità di genere, ampliando la portata dell’Ordine Esecutivo 11246 che, firmato il 24 settembre 1965 del presidente Lyndon B. Johnson (1908-1973), impedisce le discriminazioni di razza, colore, religione, sesso od origine, a sua volta già estesa dall’Ordine Esecutivo 11478 (8 agosto 1969) del presidente Richard Nixon (1913-1994) per includere disabilità ed età, nonché dal presidente Bill Clinton con l’Ordine Esecutivo 13087 (28 maggio 1998) per comprendere pure l’orientamento sessuale (il passo avanti sta nel dare legittimità formale e riconoscimento legislativo all’ideologica pretesa di distinguere il genere di una persona dalle sue caratteristiche sessuali).
Ma adesso l’unica eccezione, quella garantita dall’Ordine Esecutivo 13279 (…) con cui il presidente GeorgeW. Bush Jr. ha permesso ai datori di lavoro appartenenti a organizzazioni religiose di assumere personale confacente, viene aggirata di soppiatto benché di per sé l’Ordine 13672 di Obama reciti espressamente che, «in base al Primo Emendamento alla Costituzione federale, agli enti religiosi è permesso assumere ministri come più giudicano opportuno». Il modo per farlo è un colpo di teatro escogitato dagli avvocati del Dipartimento di Stato per i quali la questione non è materia legale, ma semplice questione di linea politica. Così essendo, non c’è allora bisogno di un Ordine Esecutivo del presidente (che è un atto formale avente valore di legge e che deve trovare la propria legittimazione nella Costituzione), ma è sufficiente un ordine… “ordinario” del capo dell’esecutivo.
Nella faccenda, l’ufficio legale del Dipartimento di Stato (cui fa capo anche la politica estera statunitense) vi è entrato perché il primo ente governativo ad un anno fa allinearsi alle nuove direttive è stato lo Usaid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, e perché la vigilia del Natale 2014 l’amministrazione Obama ha imposto alle charity che operano con bambini profughi negli Stati Uniti l’obbligo di offrire servizi sanitari e riproduttivi che includano la contraccezione e l’aborto, di addestrare il proprio personale all’universo Lgbt, nonché d’identificare i bambini «transgender e intersessuali» non accompagnati. (clicca qui).
Oggi, riferisce sempre Austin Ruse, una seconda fonte interna al governo conferma che la mossa di Obama per distruggere sornionamente anche quest’ultima oasi di libertà di religione e di coscienza è non solo vera, ma forse pure imminente (clicca qui).
Il “caso Kim Davis” (clicca qui), la funzionaria della contea di Rowan, in Kentucky, arrestata per essersi rifiutata «in nome di Dio» di firmare le licenze di matrimonio di due coppie omosessuali, conferma (forse persino prima del previsto) la fondatezza della paure scatenate dalla sentenza con cui il 26 giugno la Corte Suprema federale ha legalizzato le “nozze” Lgbt in tutti gli Stati Uniti. Ovvero che nel Paese nordamericano vige di fatto uno Stato di polizia che nega ai cittadini americani la libertà di coscienza, di espressione, di religione e, la Davis lo sa bene, di movimento, comminando provvedimenti restrittivi a chi dissente dall’ideologia al potere.
Tutto viene dal “golpe bianco” con cui la Corte Suprema ha violato i limiti costituzionali del proprio mandato (legiferando in proprio invece di vegliare sulla costituzionalità delle leggi varate dal Congresso com’è suo compito), ma tutti sanno che, con buona pace della divisione dei poteri e dell’autonomia della magistratura, quell’abuso consegue direttamente alla volontà politica del presidente Barack Obama che sul tema impegna da sempre autorevolezza, carisma, energie. E infatti gli Usa obamiani non si fermano qui; dopo avere ammanettato la Davis, si preparano a obbligare le charity cristiane ad assumere personale Lgbt. La fonte è un insider del governo che ne ha informato un organismo autorevole, il Center for Family and Human Rights (C-Fam), il cui direttore, l’altrettanto autorevole Austin Ruse, ne ha dato notizia sin da maggio (clicca qui).
Gli organismi religiosi che assistono poveri e bisognosi anche grazie ai finanziamenti pubblici saranno costretti ad accettare le domande d’impiego avanzate pure da gay, lesbiche, trans e bisex (a cui l’ultima moda aggiunge gl’“indecisi” e gl’ “intersessuali”) altrimenti si vedranno negare dallo Stato federale i fondi con cui svolgono quelle attività assistenziali che sono parte ineliminabile della loro vocazione e della loro mission. Un ricatto, cioè, che minaccia di colpire al cuore enti no-profit, Chiese e intere famiglie religiose sul filo di un triplice paradosso beffardo. Primo, lo Stato federale (centrale) negherà alle charity quei contributi che vengono dalle tasse degli americani senza né informarne né chiederne il permesso agli stessi contribuenti. Una parte (verosimilmente considerevole) dei quali non solo non è d’accordo, ma le tasse le paga anche perché cosciente del fatto che contribuiscono a realizzare la vocazione e la mission di enti no-profit, Chiese ed intere famiglie religiose. Dunque, a fare del bene pubblico a chi sul serio ne ha bisogno.
Secondo, lo Stato federale (centrale) vieterà in questo modo a organizzazioni private che impiegano per il bene comune fondi pubblici (cioè quote di partecipazione dei cittadini all’amministrazione del Paese) di svolgere quelle attività assistenziali che lo Stato non può, non vuole, non è capace o comunque non svolge in prima persona, con aggravato danno (anche economico) certamente dei bisognosi, ma altrettanto sicuramente dell’intera macchina federale. Terzo, lo Stato federale (centrale) costringerà una parte (verosimilmente considerevole) dei propri cittadini ad agire contro la propria morale, la propria coscienza e la propria fede (tutelate costituzionalmente dal primo articolo del “Bill of Rights”) come solo i regimi totalitari hanno fatto e fanno.
La nuova misura di Obama è del resto l’estensione al settore del “privato religioso” di quanto vale da già più di un anno per il settore statale. Nel settore statale, infatti, l’Ordine Esecutivo 13672 (clicca qui) firmato da Obama il 21 luglio 2014, impedisce ai datori di lavoro federali di discriminare gli assunti e i richiedenti lavoro in base all’identità di genere, ampliando la portata dell’Ordine Esecutivo 11246 che, firmato il 24 settembre 1965 del presidente Lyndon B. Johnson (1908-1973), impedisce le discriminazioni di razza, colore, religione, sesso od origine, a sua volta già estesa dall’Ordine Esecutivo 11478 (8 agosto 1969) del presidente Richard Nixon (1913-1994) per includere disabilità ed età, nonché dal presidente Bill Clinton con l’Ordine Esecutivo 13087 (28 maggio 1998) per comprendere pure l’orientamento sessuale (il passo avanti sta nel dare legittimità formale e riconoscimento legislativo all’ideologica pretesa di distinguere il genere di una persona dalle sue caratteristiche sessuali).
Ma adesso l’unica eccezione, quella garantita dall’Ordine Esecutivo 13279 (…) con cui il presidente GeorgeW. Bush Jr. ha permesso ai datori di lavoro appartenenti a organizzazioni religiose di assumere personale confacente, viene aggirata di soppiatto benché di per sé l’Ordine 13672 di Obama reciti espressamente che, «in base al Primo Emendamento alla Costituzione federale, agli enti religiosi è permesso assumere ministri come più giudicano opportuno». Il modo per farlo è un colpo di teatro escogitato dagli avvocati del Dipartimento di Stato per i quali la questione non è materia legale, ma semplice questione di linea politica. Così essendo, non c’è allora bisogno di un Ordine Esecutivo del presidente (che è un atto formale avente valore di legge e che deve trovare la propria legittimazione nella Costituzione), ma è sufficiente un ordine… “ordinario” del capo dell’esecutivo.
Nella faccenda, l’ufficio legale del Dipartimento di Stato (cui fa capo anche la politica estera statunitense) vi è entrato perché il primo ente governativo ad un anno fa allinearsi alle nuove direttive è stato lo Usaid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, e perché la vigilia del Natale 2014 l’amministrazione Obama ha imposto alle charity che operano con bambini profughi negli Stati Uniti l’obbligo di offrire servizi sanitari e riproduttivi che includano la contraccezione e l’aborto, di addestrare il proprio personale all’universo Lgbt, nonché d’identificare i bambini «transgender e intersessuali» non accompagnati. (clicca qui).
Oggi, riferisce sempre Austin Ruse, una seconda fonte interna al governo conferma che la mossa di Obama per distruggere sornionamente anche quest’ultima oasi di libertà di religione e di coscienza è non solo vera, ma forse pure imminente (clicca qui).
Iscriviti a:
Post (Atom)