DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DIACONI PERMANENTI DEGLI STATI UNITI
AI DIACONI PERMANENTI DEGLI STATI UNITI
«Ford Auditorium» (Detroit)
Sabato, 19 settembre 1987
Sabato, 19 settembre 1987
Cari fratelli nel servizio di nostro Signore,
care mogli e collaboratori di questi uomini ordinati al diaconato permanente.
care mogli e collaboratori di questi uomini ordinati al diaconato permanente.
1. Vi saluto nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo, in cui, come san Paolo ci dice, Dio ci ha scelto, redento e adottato come suoi figli (cf. Ef 1, 3ss.). Con san Paolo e con voi, oggi, lodo il nostro Padre celeste per questi meravigliosi doni di grazia.
È una gioia particolare per me incontrarmi con voi, perché rappresentate un segno grande e visibile dell’opera dello Spirito Santo all’alba del Concilio Vaticano II che provvide alla restaurazione del diaconato permanente nella Chiesa. La saggezza di quel provvedimento è evidente oggi nella vostra numerosa presenza e nella ricchezza dei vostri ministeri. Con tutta la Chiesa, ringrazio Dio per la chiamata che avete ricevuto e per la vostra generosa risposta. Per la maggioranza di voi che siete sposati, questa risposta è stata resa possibile dall’amore, dal sostegno e dalla collaborazione delle vostre mogli. È di grande incoraggiamento sapere che negli Stati Uniti nell’ultimo ventennio sono stati consacrati circa ottomila diaconi permanenti al servizio del Vangelo.
È soprattutto la vocazione al servizio che desidero celebrare con voi oggi. Parlando dei diaconi, il
Concilio Vaticano disse che “sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio (diaconia) della liturgia, della parola e della carità sono al servizio del popolo di Dio” (Lumen Gentium, 29). Riflettendo ulteriormente su questa definizione, il mio predecessore Paolo VI era d’accordo col Concilio che il diaconato permanente dovesse essere restaurato . . . “perché fosse . . . animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire” (Pauli VI, Ad Pascendum, Introduzione). Queste parole richiamano l’antica tradizione della Chiesa espressa dai primi Padri come Ignazio di Antiochia, che dice che i diaconi sono “ministri dei misteri di Gesù Cristo . . . ministri della Chiesa di Dio” (S. Ignatii Antiocheni, Ad Trallianos, II, 3). Voi, cari fratelli, appartenete alla vita della Chiesa che ha visto diaconi santi, come Lorenzo, e prima di lui Stefano e i suoi compagni che gli Atti degli apostoli considerano “pieni di Spirito e di saggezza” (At 6, 3).
Concilio Vaticano disse che “sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio (diaconia) della liturgia, della parola e della carità sono al servizio del popolo di Dio” (Lumen Gentium, 29). Riflettendo ulteriormente su questa definizione, il mio predecessore Paolo VI era d’accordo col Concilio che il diaconato permanente dovesse essere restaurato . . . “perché fosse . . . animatore del servizio, ossia della diaconia della chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire” (Pauli VI, Ad Pascendum, Introduzione). Queste parole richiamano l’antica tradizione della Chiesa espressa dai primi Padri come Ignazio di Antiochia, che dice che i diaconi sono “ministri dei misteri di Gesù Cristo . . . ministri della Chiesa di Dio” (S. Ignatii Antiocheni, Ad Trallianos, II, 3). Voi, cari fratelli, appartenete alla vita della Chiesa che ha visto diaconi santi, come Lorenzo, e prima di lui Stefano e i suoi compagni che gli Atti degli apostoli considerano “pieni di Spirito e di saggezza” (At 6, 3).
Questa è l’essenza del diaconato al quale voi siete stati chiamati: essere un servo dei misteri di Cristo, e al contempo essere un servo dei vostri fratelli e sorelle. Il fatto che queste due dimensioni sono inscindibilmente unite in un’unica realtà, mostra l’importante natura del ministero che vi spetta con l’ordinazione.
2. Quali sono i misteri di Cristo dei quali voi siete ministri? Una descrizione approfondita ci è data da
san Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato poc’anzi. Il mistero centrale è questo: il piano di gloria di Dio Padre è quello di far sì che tutte le cose in cielo come in terra diventino una cosa sola sotto la guida di Cristo, il suo Figlio diletto. È per questo che i battezzati sono predestinati, scelti, redenti e assegnati con lo Spirito Santo. Questo piano di Dio è al centro della vostra vita e la vita del mondo.
san Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato poc’anzi. Il mistero centrale è questo: il piano di gloria di Dio Padre è quello di far sì che tutte le cose in cielo come in terra diventino una cosa sola sotto la guida di Cristo, il suo Figlio diletto. È per questo che i battezzati sono predestinati, scelti, redenti e assegnati con lo Spirito Santo. Questo piano di Dio è al centro della vostra vita e la vita del mondo.
Al contempo, se il servizio a questo piano di redenzione è la missione di tutti i battezzati, qual è la specifica dimensione del vostro servizio di diaconi? Il Concilio Vaticano II spiega che la grazia sacramentale conferita attraverso l’imposizione delle mani vi rende capaci di prestare il vostro servizio della parola, dell’altare e della carità con una speciale efficacia (cf. Ad Gentes, 16). Il servizio del diacono è il servizio della Chiesa sacramentalizzato. Il vostro non è soltanto uno dei tanti ministeri, ma deve realmente essere, come lo definì Paolo VI, una “forza motrice” per la diaconia della Chiesa. Con la vostra ordinazione siete resi simili a Cristo nel suo ruolo di servizio. Voi dovete anche essere segni viventi del servizio, alla sua Chiesa.
3. Se consideriamo la profonda natura spirituale di questa diaconia, allora possiamo apprezzare meglio l’interrelazione fra le tre aree del ministero tradizionalmente associate con il diaconato cioè il ministero della parola, il ministero dell’altare, il ministero della carità. A seconda delle circostanze una o l’altra di queste può assumere particolare importanza nel lavoro individuale di un diacono, ma questi tre ministeri sono inseparabilmente uniti nel servizio del piano redentore di Dio. È così perché la parola di Dio ci conduce inevitabilmente all’adorazione eucaristica di Dio sull’altare; a sua volta, questa adorazione ci conduce a un nuovo modo di vivere che si esprime in atti di carità.
Questa carità è sia amore di Dio che amore del prossimo. Come la prima Lettera di Giovanni ci insegna: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede . . . chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1 Gv 4, 20-21). Per la stessa ragione, gli atti di carità che non sono radicati nella parola di Dio e nella adorazione non possono portare frutti duraturi. “Senza di me”, Gesù dice, “non potete far nulla” (Gv 15, 5). Il ministero della carità è confermato in ogni pagina del Vangelo; richiede una costante e radicale conversione del cuore. Abbiamo un valido esempio di ciò nel Vangelo di Matteo proclamato prima. Ci viene detto: “Non offrite resistenza all’offesa”. Ci viene ordinato: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. Tutto ciò è una parte essenziale del ministero della carità.
4. Certamente il mondo odierno non manca di occasioni per tale ministero, sia nella forma dei più semplici atti di carità che nella più eroica testimonianza alle esigenze radicali del Vangelo. Intorno a noi molti nostri fratelli e sorelle vivono nell’indigenza spirituale o materiale, o in entrambe. Così molti popoli del mondo sono oppressi dall’ingiustizia e dalla privazione dei fondamentali loro diritti umani. Altri ancora sono turbati e soffrono per la perdita della fede in Dio o sono tentati di rinunciare alla speranza.
Nel mezzo della condizione umana è una grande fonte di soddisfazione apprendere che tanti diaconi permanenti negli Stati Uniti sono impegnati nel servizio diretto ai bisognosi: agli infermi, agli oppressi e agli afflitti, ai giovani e agli anziani, ai moribondi e ai deboli, ai sordi, ai ciechi e agli invalidi a coloro che hanno conosciuto la sofferenza nei loro matrimoni, ai senza tetto, alle vittime del sopruso economico, ai carcerati, ai profughi, alla gente della strada, ai poveri nelle campagne, alle vittime di discriminazione razziale ed etnica, e a molti altri. Come Cristo ci dice, “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
Al contempo, il Concilio Vaticano II ci ricorda che il ministero della carità al servizio del piano redentore di Dio ci obbliga a esercitare un’influenza positiva per il cambiamento nel mondo in cui viviamo, cioè ad essere un fermento - ad essere l’anima della società umana - cosicché la società possa essere rinnovata da Cristo e trasformata nella famiglia di Dio (cf. Gaudium et Spes, 40ss.). L’ordine temporale include il matrimonio e la famiglia, il mondo della cultura, la vita economica e sociale, il commercio e le professioni, le istituzioni politiche, la solidarietà dei popoli, e i problemi della giustizia e della pace (cf. Apostolicam Actuositatem, 7; Gaudium et Spes, 46ss.). Il compito raramente è facile. La verità su di noi e sul mondo, rivelata nel Vangelo non è sempre quella che il mondo vorrebbe ascoltare. La verità del Vangelo spesso contraddice il pensiero comunemente accettato, come vediamo chiaramente oggi di fronte a mali come il razzismo, la contraccezione, l’aborto e l’eutanasia, per nominarne solo alcuni.
5. Essere membri attivi nella società fa parte della missione battesimale di ogni cristiano, in conformità alle sue condizioni di vita, ma il diacono permanente ha una speciale testimonianza da dare. La grazia sacramentale della sua ordinazione è intesa a rafforzarlo e a rendere fecondi i suoi sforzi, proprio perché la sua occupazione secolare gli consente l’accesso alla sfera temporale in un modo che normalmente non è proprio degli altri membri del clero. Al contempo, il fatto di essere un ministro ordinato della Chiesa conferisce una dimensione speciale ai suoi sforzi agli occhi di coloro con i quali vive e lavora.
Egualmente importante è il contributo che un diacono sposato offre alla trasformazione della vita familiare. Lui e sua moglie, essendo entrati in una comunione di vita, sono chiamati ad aiutarsi e a servirsi l’un l’altro (cf. Gaudium et Spes, 48). La loro collaborazione e unità è così intima nel sacramento del matrimonio, che la Chiesa chiede il debito consenso della moglie prima che il marito possa essere ordinato diacono permanente (CIC, can. 1031 § 2). Come sottolineano gli attuali orientamenti del diaconato permanente negli Stati Uniti, l’arricchimento e l’approfondimento dell’amore sacrificale e reciproco tra marito e moglie costituisce forse il più significativo coinvolgimento della moglie di un diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa (Orientamenti, NCCB, 110). Soprattutto oggi, questo non è un servizio da poco.
In particolare, il diacono e sua moglie devono essere un esempio vivente di fedeltà e indissolubilità nel matrimonio cristiano dinanzi a un mondo che avverte un profondo bisogno di questi segni. Affrontando con spirito di fede le sfide della vita matrimoniale e le esigenze della vita quotidiana, essi rafforzano la vita familiare non solo della comunità ecclesiale ma dell’intera società. Essi mostrano anche come gli obblighi della famiglia, del lavoro e del ministero possano armonizzarsi nel servizio della missione della Chiesa. I diaconi e le loro mogli e figli possono essere di grande incoraggiamento per tutti coloro che sono impegnati a promuovere la vita familiare.
Va ricordato inoltre un altro tipo di famiglia, vale a dire la parrocchia, che è l’ambiente usuale in cui la vasta maggioranza dei diaconi assolve il mandato della propria ordinazione “per aiutare il vescovo e il suo presbiterio”. La parrocchia fornisce un contesto ecclesiale al vostro ministero e serve a ricordare che la vostra opera non si svolge nell’isolamento, ma in comunione col vescovo, i suoi sacerdoti e tutti coloro che in diversa misura condividono il ministero pubblico della Chiesa. I diaconi permanenti hanno l’obbligo di rispettare l’ufficio nel sacerdote e di cooperare consapevolmente e generosamente con lui e con il personale della parrocchia. Il diacono ha anche un diritto di essere accettato e pienamente riconosciuto da loro e da tutti.
6. Data la dignità e l’importanza del diaconato permanente, cosa ci si attende da voi? Come cristiani non dovremmo vergognarci di parlare delle qualità di un servitore alle quali tutti i credenti devono aspirare, e specialmente i diaconi, definiti dal rito dell’ordinazione servi di tutti. Un diacono deve distinguersi per fedeltà, integrità e obbedienza, e pertanto la fedeltà a Cristo, l’integrità morale e l’obbedienza al vescovo devono contraddistinguere la vostra vita, come evidenzia il rito dell’ordinazione (cf. anche Paolo VI, Ad Pascendum, Introduzione). In questo rito la Chiesa esprime anche le sue speranze e aspettative per voi quando prega così:
“Ascolta, Padre santo, la nostra preghiera, e nella tua bontà benedici questi tuoi figli che desiderano consacrarsi come ministri della Chiesa al servizio tuo e del popolo cristiano; concedi loro di perseverare nella vocazione, perché intimamente uniti a Cristo sommo sacerdote diventino autentici apostoli del Vangelo. Per Cristo nostro Signore”.
Cari fratelli: questa preghiera vi impegna a una formazione spirituale che dura tutta la vita, cosicché possiate crescere e perseverare nel rendere un servizio che è realmente edificante per il popolo di Dio. Voi che siete mogli di diaconi permanenti, intime collaboratrici nel loro ministero, siete impegnate con loro a crescere nella conoscenza e nell’amore di Gesù Cristo. E ciò naturalmente significa crescita nella preghiera, preghiera personale, preghiera familiare, preghiera liturgica.
Poiché i diaconi sono ministri della parola, il Concilio Vaticano II vi invita a una costante lettura e a uno studio diligente delle sacre Scritture, altrimenti - se siete predicatori - potreste diventar vuoti per non aver ascoltato la parola nel vostro cuore (cf. Dei Verbum, 25). Nella vostra vita di diaconi siete chiamati ad ascoltare, custodire e praticare la parola di Dio, per essere in grado di proclamarla degnamente. Predicare al popolo di Dio è un onore che implica una seria preparazione e un reale impegno alla santità di vita.
Come ministri dell’altare dovete essere immersi nello spirito della liturgia, ed essere convinti soprattutto che essa è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (cf. Sacrosanctum Concilium, 10). Siete chiamati ad assolvere il vostro compito con la dignità e il rispetto che si devono alla liturgia, che il Concilio definisce vigorosamente come “soprattutto l’adorazione della maestà divina” (Sacrosanctum Concilium, 33). Mi unisco a voi nel ringraziare tutti coloro che si dedicano alla vostra formazione, sia prima che dopo la vostra ordinazione, attraverso programmi di formazione spirituale, teologica e liturgica.
7. “Cantate una nuova canzone al Signore! Lasciate che la vostra canzone sia cantata dall’alto delle montagne!” Cantate a lui come servitori, ma cantate anche come amici di Cristo, che ha fatto conoscere a tutti voi ciò che ha udito dal Padre. Non siete voi che avete scelto lui, ma lui che ha scelto voi, per progredire e portare frutti duraturi. Farete ciò amandovi l’un l’altro (cf. Gv 15, 15ss.). Secondo i criteri di questo mondo la servitù è disprezzata, ma nella saggezza e provvidenza di Dio è il mistero attraverso il quale Cristo redime il mondo. E voi siete ministri di quel mistero, araldi di quel Vangelo. Potete essere certi che un giorno udrete il Signore dire a ciascuno di voi: “Ben fatto, buoni e fedeli servitori, entrate nella gioia del vostro Signore” (cf. Mt 25, 21).
Cari fratelli e sorelle: come uno che si sforza di essere “il servo dei servi di Dio”, non posso accomiatarmi senza rivolgermi, insieme a voi, a Maria, che continua a proclamare: “Sono la serva del Signore” (Lc 1, 38). E nell’esempio del suo servizio vediamo il perfetto modello della nostra chiamata al discepolato di nostro Signore Gesù Cristo e al servizio della sua Chiesa.
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