Il Presepe raffigura quanto di più innocuo e inoffensivo ci sia al mondo: una madre col suo neonato. Il tutto, per giunta, circondato da pecorelle, gli animali più inermi che esistano e diventati il simbolo stesso della creatura indifesa. «Non temete», avevano infatti detto gli angeli ai pastori di Betlemme che, giustamente, si erano spaventati all’irrompere del loro fulgore notturno. Ma quasi subito su quel pacifico Neonato si era scatenato l’inferno in terra, costringendolo alla fuga: addirittura, per essere certi di non mancarlo, erano stati sterminati tutti i bimbetti della zona.
Il vecchio Simeone l’aveva predetto a sua madre, quando l’aveva chiamato «segno di contraddizione», perché quel Bambino avrebbe spaccato non solo la storia in due (gli anni si contano avanti Cristo e dopo), ma anche l’umanità, che si sarebbe divisa: per Lui o contro. Oggi, quelli “contro” manifestano una tenacia bellica che rasenta, e talvolta supera, l’ossessione. Verrebbe da dire che la loro cocciutaggine sarebbe degna di miglior causa, ma a ben rifletterci non c’è causa migliore di questa. Per loro. Basta vedere con quale instancabile insonnia presentano denunce, mozioni, proposte, istanze, tutte tese a spazzare via quel che resta del cristianesimo. Sconfitti una volta, si ripresentano l’indomani, e poi di nuovo, senza sosta e requie, e più li respingi e più tornano alla carica come fanno le mosche. Forse, come dice Gesù nel Vangelo, hanno assunto «per padre il diavolo», uno dei cui antichi nomi è, appunto, Signore delle Mosche, e uno dei cui metodi è, appunto, l’ossessione?
Non c’è modo di saperlo, dal momento che l’ultima cosa che farebbero è farsi intervistare da padre Amorth. Perché ho
detto questo? Mi è venuto in mente quando ho letto su zenit.org la seguente notizia: il tribunale di Montpellier il 16 luglio u.s. ha assolto il sindaco di Béziers, Robert Ménard. E di quale reato era accusato? Tenetevi: per Natale aveva fatto il presepe nell’ingresso del Comune. Immediatamente i talebani della Ligue des droits de l’homme (quattro gatti, come da noi, ma assatanati, come da noi) l’avevano denunciato per oltraggio all’art. 28 della Legge 9 dicembre 1905 che da centodieci anni fonda la famosa laïcité, orgoglio e vanto della Francia repubblicana. Detta legge risale all’allora primo ministro Émile Combes (1835-1921). Costui, dopo aver studiato in seminario, insegnato nelle scuole cattoliche e scritto saggi sulla filosofia di sant’Agostino, era passato alla massoneria e fatto una rapida carriera politica improntata alla lotta senza quartiere al “confessionalismo” (cioè, alla Chiesa).
I giudici di Montpellier, dando ragione al sindaco, hanno fatto presente che l’art. 28 della legge del 1905 vieta solo oggetti che «simboleggiano la rivendicazione di opinioni religiose», mentre il presepio, più modestamente, rientra nelle «manifestazioni culturali tipiche delle feste natalizie». I giudici, insomma, hanno cercato di glissare, sorvolando sul fatto che le «feste natalizie» sono originate da un Evento preciso, il quale è religioso. Di una religione che, in venti secoli, ha talmente plasmato tutto da essere diventata anche “cultura”. Infatti, il sindaco natalizio ha subito rincarato la dose annunciando sul suo profilo twitter un presepe ancora più grandioso per il prossimo Natale, perché si tratta, sì, di un «elemento culturale», ma «di una civiltà che porta un nome: la civiltà francese ed europea».
Ovviamente, le mosche si sono imbufalite e, come loro consuetudine, hanno presentato appello alla Corte di secondo grado, che è quella di Marsiglia. In effetti, l’anno scorso il tribunale amministrativo di Nantes aveva vietato la presenza di presepi nei luoghi pubblici, provocando una protesta studentesca che si era autodenominata Touche pas à ma crèche («Giù le mani dal presepe») e si era espansa con presepi viventi mordi-e-fuggi organizzati apposta in luoghi pubblici. Singolarmente, le località di Béziers e Nantes hanno alle spalle una storia di lotta pro e contro Cristo: la prima fu pesantemente coinvolta nella crociata medievale contro i catari albigesi; la seconda vide la definitiva sconfitta della Vandea Militare a opera delle armate giacobine. Oggi la guerra a Cristo si è spostata nelle aule di tribunale, perché i “diritti dell’uomo” non hanno più a disposizione le ghigliottine (per ora). Ma l’ossessione non l’hanno persa. Dice il Vangelo che non la perderanno mai.
Il vecchio Simeone l’aveva predetto a sua madre, quando l’aveva chiamato «segno di contraddizione», perché quel Bambino avrebbe spaccato non solo la storia in due (gli anni si contano avanti Cristo e dopo), ma anche l’umanità, che si sarebbe divisa: per Lui o contro. Oggi, quelli “contro” manifestano una tenacia bellica che rasenta, e talvolta supera, l’ossessione. Verrebbe da dire che la loro cocciutaggine sarebbe degna di miglior causa, ma a ben rifletterci non c’è causa migliore di questa. Per loro. Basta vedere con quale instancabile insonnia presentano denunce, mozioni, proposte, istanze, tutte tese a spazzare via quel che resta del cristianesimo. Sconfitti una volta, si ripresentano l’indomani, e poi di nuovo, senza sosta e requie, e più li respingi e più tornano alla carica come fanno le mosche. Forse, come dice Gesù nel Vangelo, hanno assunto «per padre il diavolo», uno dei cui antichi nomi è, appunto, Signore delle Mosche, e uno dei cui metodi è, appunto, l’ossessione?
Non c’è modo di saperlo, dal momento che l’ultima cosa che farebbero è farsi intervistare da padre Amorth. Perché ho
detto questo? Mi è venuto in mente quando ho letto su zenit.org la seguente notizia: il tribunale di Montpellier il 16 luglio u.s. ha assolto il sindaco di Béziers, Robert Ménard. E di quale reato era accusato? Tenetevi: per Natale aveva fatto il presepe nell’ingresso del Comune. Immediatamente i talebani della Ligue des droits de l’homme (quattro gatti, come da noi, ma assatanati, come da noi) l’avevano denunciato per oltraggio all’art. 28 della Legge 9 dicembre 1905 che da centodieci anni fonda la famosa laïcité, orgoglio e vanto della Francia repubblicana. Detta legge risale all’allora primo ministro Émile Combes (1835-1921). Costui, dopo aver studiato in seminario, insegnato nelle scuole cattoliche e scritto saggi sulla filosofia di sant’Agostino, era passato alla massoneria e fatto una rapida carriera politica improntata alla lotta senza quartiere al “confessionalismo” (cioè, alla Chiesa).
I giudici di Montpellier, dando ragione al sindaco, hanno fatto presente che l’art. 28 della legge del 1905 vieta solo oggetti che «simboleggiano la rivendicazione di opinioni religiose», mentre il presepio, più modestamente, rientra nelle «manifestazioni culturali tipiche delle feste natalizie». I giudici, insomma, hanno cercato di glissare, sorvolando sul fatto che le «feste natalizie» sono originate da un Evento preciso, il quale è religioso. Di una religione che, in venti secoli, ha talmente plasmato tutto da essere diventata anche “cultura”. Infatti, il sindaco natalizio ha subito rincarato la dose annunciando sul suo profilo twitter un presepe ancora più grandioso per il prossimo Natale, perché si tratta, sì, di un «elemento culturale», ma «di una civiltà che porta un nome: la civiltà francese ed europea».
Ovviamente, le mosche si sono imbufalite e, come loro consuetudine, hanno presentato appello alla Corte di secondo grado, che è quella di Marsiglia. In effetti, l’anno scorso il tribunale amministrativo di Nantes aveva vietato la presenza di presepi nei luoghi pubblici, provocando una protesta studentesca che si era autodenominata Touche pas à ma crèche («Giù le mani dal presepe») e si era espansa con presepi viventi mordi-e-fuggi organizzati apposta in luoghi pubblici. Singolarmente, le località di Béziers e Nantes hanno alle spalle una storia di lotta pro e contro Cristo: la prima fu pesantemente coinvolta nella crociata medievale contro i catari albigesi; la seconda vide la definitiva sconfitta della Vandea Militare a opera delle armate giacobine. Oggi la guerra a Cristo si è spostata nelle aule di tribunale, perché i “diritti dell’uomo” non hanno più a disposizione le ghigliottine (per ora). Ma l’ossessione non l’hanno persa. Dice il Vangelo che non la perderanno mai.
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