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martedì 1 dicembre 2015

La grande parola “libertà” che l’islam non ha. E l’unico nostro problema serio


dicembre 1, 2015 Luigi Amicone

papa-giovanni-paolo-ii-tor-vergata-ansaDiceva Caterina da Siena: «Non accontentatevi delle piccole cose. Dio le vuole grandi. Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia»


Pubblichiamo l’editoriale di Luigi Amicone contenuto nel numero di Tempi in edicola



Tor Vergata, domenica 20 agosto, anno 2000, Santa Messa di chiusura della XV Giornata mondiale della Gioventù. Corre l’Anno Santo e nella sua omelia Giovanni Paolo II cita Caterina da Siena, figlia del tintore di panni Jacopo Benincasa, nata nel 1347 e morta come Gesù a soli 33 anni. «Non accontentatevi delle piccole cose. Dio le vuole grandi. Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia».
È inutile girarci attorno, l’unica risposta a chi attacca e terrorizza la nostra vita è la personalità cristiana. Personalità come Caterina patrona d’Italia e d’Europa, ragazza incendiata dalla fede che riuscì a convincere un Papa prima a rientrare a Roma dalla prigione dorata di Avignone. Poi, quando
sbarcato a Genova i cardinali tentarono di fargli cambiare idea, a convincere lo stesso Papa a proseguire nel suo viaggio, «affidandosi a Cristo», senza timore dei “terroristi” al soldo della potenza imperiale dell’epoca, la Francia, scatenati per impedire al Sommo Pontefice il ritorno a San Pietro.
Cupolone che tutto il mondo ci invidia e sul quale tutti i poteri del mondo vorrebbero piantare la loro bandiera nera. Sia quella di Allah. Sia quella dello spleen di Baudelaire. Della noia moderna e dell’accidia postmoderna. Bandiera “social” (alla maniera che se avesse visto la Madonna forse non avrebbe detto “social” come l’ha detta Renzi al convegno digitale di sabato scorso). E bandiera dei “puri” (alla maniera del Magistrato-Giornalista Collettivo che interseca il Califfato: entrambi vogliono un mondo di “Mani Pulite”, con o senza mani).
Dunque, di quali cose grandi e di quale fuoco parla Caterina? Anzitutto, «libertà, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta». Non è cosa imparata dai Lumi. Tantomeno da quei trichechi di Charlie Hebdo. Oggi, questa libertà, che è “sì cara”, la traduciamo in “licenza”. E così, a riprova che la licenza rende schiavi, la vita ci viene a noia e accidia. E così ci viene tolta.
C’è poco da girarci attorno, davanti all’azzeramento dell’essere umano (tra l’altro presupposto nel messaggio musulmano di “sottomissione” a un Creatore di infinita libertà ma senza volto di umanità), noi abbiamo conosciuto l’Incarnazione: il Dio uomo. Volto e ragione. Cioè la libertà. Dice Agostino che «Dio ha creato l’uomo per introdurre nel mondo la facoltà di dare inizio, la libertà». E aggiunge la vera laica Hannah Arendt: «Gesù è la libertà dalla vendetta che imprigiona chi fa e chi soffre nell’automatismo implacabile del processo dell’azione, che non ha in sé alcuna tendenza a finire».
Possiamo ricorrere a tutti i registri del patetico che il “social” e il “puro” possono immaginare. Dalla laicità repubblicana allo psicologo. Dagli abbracci ai baci. Ma l’unico modo umano di esistere e di resistere è essere quello che dobbiamo essere. «Non accontentatevi delle piccole cose». È il problema del nostro Battesimo. L’unico problema serio. «Chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?».

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