di Camillo Langone | 05 Dicembre 2015
San Francesco, la parola tradizione piace molto ai traditori. Quando qualcuno definisce il tuo presepe “tradizione” significa che al tuo presepe non crede più. Poi pretende che il presepe lo difenda, ad esempio dalla barbarie coranica, nonostante sia il primo a non crederci, nonostante lo abbia piazzato in coda all’albero, al grassone con le renne, al panettone, e calpesti il Bambino andando a fare spesa la domenica. “Non importa se ci credi” canta Luciana Littizzetto, il volto della nostra estinzione, in “Eccolo qua il Natale”, il video delle masse atee e antiestetiche che bramano il dicembre per mettersi in testa il berretto rosso, floscio e patetico come un preservativo dopo l’uso. San Francesco, sembra che al tuo presepe credano davvero solo i suoi nemici, i presidi presepicidi: per loro non è affatto tradizione museificata e morta, per loro è acqua santa che scotta e quando lo vedono cominciano a dare in smanie come indemoniati davanti all’aspersorio. San Francesco, la grandezza della tua invenzione è provata dalla sua crescente necessità: il presepe nel 1223 era una poetica biblia pauperum, nel 2015 è ancora di più, è segno di contraddizione ed esorcismo.
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