Il sacerdote: sono "gassosi" e scoraggiati, gli manca una figura paterna. Con "I Dieci Comandamenti" proviamo a colmare il vuoto
Saranno circa 900 i giovani italiani che parteciperanno alla Gmg di Panama (22-27 gennaio) con Papa Francesco (La Voce.it, 14 gennaio).
Pensando a questo evento, don Arturo Cattaneo, sacerdote ticinese, nel libro “Inatteso. Testimonianze che pro-vocano i giovani” (La Fontana di Siloe), ha ospitato una interessante riflessione di don Fabio Rosini (Avvenire, 14 gennaio).
Don Fabio parla di come è nata la sua vocazione e di come l’amore di Gesù può far nascere una vocazione, o quanto meno avvicinare un giovane a Cristo.
Genitori e parrocchia
«Le radici della mia fede – spiega – sono dovute ai miei genitori. Da adolescente ho perso la fede, ma quando da giovane il Signore mi riacciuffò, mi ritrovai dentro un humus cristiano dovuto a quello che loro mi avevano fatto vedere con il loro impegno nell’esperienza dell’Équipe Notre Dame e nella parrocchia; quel tesoro che non sapevo di possedere, mi aveva in realtà continuato a guidare più di quanto fossi cosciente».
Io e Gesù Cristo
«Quello che faccio per Gesù Cristo – sottolinea Don Fabio – è nulla rispetto a quello che Gesù Cristo ha fatto e fa per me. Un oceano di generosità che Lui mi usa ogni giorno. La mia sorte fortunata di cristiano è avere un alleato incredibile. Ho Lui al mio fianco. Guardo Cristo Crocifisso e scopro che per Lui valgo più della sua vita».
«Le opere grandi si fanno insieme a Dio, con il suo sostegno, da figli amati. Da soli non faremmo che cose mediocri, fatue, destinate a non durare». Per questo la preghiera «è così importante. Con essa, prima di andare a combattere, ci ri-immergiamo nell’alleanza con Dio».
Giovani oggi scoraggiati
E in virtù di ciò che Don Fabio sentenzia: «Scommetto sui giovani, perché hanno una bellezza interna strepitosa, basta dare loro una chance. Hanno una straordinaria voglia di vivere, ma va concessa loro l’opportunità di esprimersi, dando loro credito. Essi vivono in un mondo ambiguo e scoraggiante. Dobbiamo insegnare loro ad amare e a lasciarsi amare, il che non è facile. Se viene fatto questo, loro volano».
“I Dieci Comandamenti”
E’ proprio con questo spirito che sono nati gli incontri su “I Dieci Comandamenti”. In quel modo, fin dal 1993, «ho cercato di far conoscere ai giovani il volto di Gesù, aiutandoli a discernere la Volontà di Dio, perché sappiano scoprire e prendersi “la parte migliore”, intesa come la propria vocazione».
I Dieci Comandamenti" proviamo a colmare il vuoto
Senza padre
Quando, dopo l’ordinazione sacerdotale, gli è stato chiesto di parlare ai giovani, il sacerdote ammette che «non sapevo come farlo, perché da giovane avevo lasciato il cristianesimo: non sapevo parlare a degli adolescenti che stavano in chiesa, dovevano insegnarmelo loro! Allora ho cominciato a chiedergli: chi sono questi ragazzi con cui devo parlare? E mi sono risposto che erano una generazione senza padre. Ragazzi che avevano visto la paternità solo come il riempimento della casella del ruolo, non come esercizio reale di amore paterno. Di conseguenza non avevano ricevuto i “no” paterni, non avevano il limite, non avevano il confine».
Gassosi e digitali
Tanti ragazzi sostituiscono la paternità con il digitale, i social, la tv. E ne vengono fortemente condizionati. «Una serie televisiva – osserva – può influire sulla mentalità e cambiare ad esempio l’idea del matrimonio, canonizzando in un attimo enormi mutazioni che richiedono ben altra analisi, come il matrimonio gay o simili. Ci troviamo così con ragazzi che hanno un orizzonte culturale evanescente, senza regole, senza limiti, dove non c’è una molecola unita ad un’altra, in stato gassoso, appunto».
Doppio crollo
È un cambio epocale, nel quale sono crollate due istanze formative fondamentali: la famiglia e la formazione ecclesiale che non regge il confronto con il linguaggio del mondo. «Nel “pescare” vocazioni cristiane – evidenzia Rosini – generalmente pensiamo che ci manchino i pesci, ma ciò che manca è proprio l’acqua in cui pescare! Pensiamo che non abbiamo vocazioni perché i giovani non sono generosi. Non è vero, sono generosissimi, se trovano uno spazio per vivere un processo di identificazione».
“Cerca di convincermi…”
Ecco perché, confessa Don Fabio, «pensai di iniziare un processo valorizzante che desse dignità e coraggio ai giovani. Chiesi ad un piccolo gruppo: “Che ne dite se vi spiego i 10 comandamenti con calma?“. I ragazzi erano entusiasti. Dopo pochi mesi erano 30, dopo un anno erano 100, fino ai numeri attuali. Nelle catechesi cerco di spiegare bene ogni cosa, in modo che i ragazzi riflettano. Non do niente per scontato, e quando parlo mi ricordo di quando ero ateo e mi ascolto con il mio “orecchio” estraneo e mi dico: “Cerca di convincermi…” – io resto sempre un po’ il primo scettico da convincere».
Prima fase
Per mezzo di questo primo approccio, afferma Don Fabio, «si promuove nei giovani l’emozione dell’incontro con Gesù Cristo, e questo è un lavoro soprattutto di liberazione da una vernice di estraneità e di noia, che mostri quanto la fede sia più bella di ciò che normalmente si pensa o si descrive!».
Seconda fase
Allora, prosegue, «partendo dal fatto che è meraviglioso seguire il Signore Gesù Cristo, si passa ad una seconda fase che è il come fare per seguirlo. Questa è la fase in cui si cammina con il Vangelo di Giovanni, nell’articolazione dei suoi sette segni, per consentire un’educazione cristiana più personalizzata e fraterna, in piccoli gruppi di giovani accompagnati da una coppia cristiana».
“Il vero terrore…”
Notare bene, dice Rosini, che «per aver credito presso i giovani io non “abbasso il prezzo”, anzi piuttosto direi che lo alzo. Dico spesso: tu non devi aver paura che Dio ti prenda la vita, tu devi aver paura che non te la prenda. Il vero terrore – conclude il sacerdote – è che tu resti come sei, che non impari ad amare mai più di quanto ami oggi, di non andare un millimetro oltre quello che già sei, e non prepararti ad essere uno che farà felice la donna che lo sposerà, di non essere qualcuno il cui figlio dirà: “Ho un padre fantastico”. Questo devi temere. Perché questo vuole fare Gesù Cristo con te e tu potresti dirgli di no».
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