La Chiesa, rispecchiandosi in Maria,
è chiamata a mostrare agli uomini Gesù,
nient’altro che Gesù.
Egli infatti è il Tutto
e la Chiesa non esiste che per rimanere unita a Lui
e farLo conoscere al mondo.
Benedetto XVI
LA LUCE DELLA PAROLA CI ILLUMINA COME LA STELLA SUI RE MAGI CONDUCENDOCI NEL CAMMINO VERSO LA VERITA' CHE SI FA CARNE IN CRISTO OFFERTO PER NOI NELLA CHIESA DOVE CI COLMA CON LA GIOIA CHE NON HA FINE
Tra tanti uomini solo i Magi hanno visto la “sua” stella. Secondo l’originale greco “magoi” potevano essere stati, astrologi, astronomi, incantatori e maghi, sapienti dunque secondo il mondo o perfino degli imbonitori. La tradizione popolare basata sulla letteratura apocrifa li ha poi dotati di dignità regale e dato loro i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Eppure, nonostante il sapere e il potere, hanno lasciato l’uno e l’altro per mettersi in cammino come Abramo, senza sapere dove erano diretti e Chi avrebbero incontrato. Semplicemente cercavano un altro Re, certo più importante e sapiente, e che potesse insegnare loro qualcosa di sconosciuto; altrimenti chi glielo avrebbe fatto fare? L’inquietudine e l’insoddisfazione per una vita ricca e sapiente che non li saziava e non li colmava di gioia, aveva dischiuso i loro occhi sullo “spuntare” di quella nuova stella così diversa dalle tante che avevano scrutato. L’unica stella capace di illuminare la radice delle sofferenze e destare il loro cuore alla speranza: la stella della Parola, la luce che, nella tradizione rabbinica e dei targum, ha presieduto alla creazione, all’esodo, e che avrebbe segnato l’avvento del Messia. La luce della Torah al cui splendore cammineranno i popoli pagani verso la stalla di Betlemme, profezia della Chiesa dove incontrarLa fatta carne in Gesù per noi e in noi. La “sua” stella, perché è l’unica che opera ciò che annuncia, come hanno sperimentato i Magi. Cercavano un Re, hanno trovato un Servo fatto bambino. Cercavano una sapienza e un potere più grandi, li hanno trovati crocifissi. Dinanzi a Lui hanno compreso che quel viaggio compiuto alla luce della stella li aveva fatti scendere dall’inganno sin dentro la Verità: per questo si inginocchiano deponendo, come in segno di resa, ai piedi del Bambino tutto ciò a cui si erano appoggiati illudendosi di esserne i possessori: l’oro della divinità, l’incenso della regalità e la mirra dell’umanità con la sua sapienza. Avevano compreso di non essere dio, e che senza l’incontro con quel Bambino nel quale era apparso Dio, il loro potere era stato vano e incapace di renderli uomini davvero sapienti. Come ogni gentile (pagano) che non ha ancora ascoltato l’annuncio del Vangelo. Come tu ed io oggi, di cui i Magi sono immagine e profezia; noi che cerchiamo e non troviamo la felicità e la realizzazione nella sapienza che ci insegnano a scuola e sui media, nel potere, nell’onore, nel successo e nell’essere amati e rispettati. Siamo insoddisfatti perché la storia ci ha presentato dolori, delusioni, frustrazioni? Non ci piacciamo e non accettiamo chi ci è accanto? Detestiamo la nostra e l’altrui debolezza? Perfetto, è giunto il "kairos", il tempo favorevole per puntare il cielo oscurato dalla menzogna del demonio e scorgere l’unica stella capace di brillare più di quelle effimere della sapienza mondana e quelle illusorie del potere. L’unica stella che ha il potere vero, quello sul buio di un sepolcro e che dischiude la gioia autentica della risurrezione di Cristo che nessuno potrà toglierci. Ascoltiamo e apriamoci oggi alla predicazione della Chiesa, l’unica stella che ci è data per illuminare la nostra realtà di peccato e indicarci il cammino di conversione incontro all’unico Salvatore. Gesù ci attende nella stalla, la comunità cristiana dove Maria ci accoglie nella misericordia e ci gesta per darci alla luce, attraverso i sacramenti, intimamente uniti a suo Figlio, custoditi dall'obbedienza silenziosa di Giuseppe incarnato nei pastori e nei catechisti. Apriamo dunque gli scrigni della nostra realtà, deponiamo dinanzi a Lui le nostre esistenze, senza escludere nulla, anche i nostri peccati. Non temiamo! Consegnato a Cristo, tutto di noi diviene prezioso e capace di rendergli onore, perfino le debolezze e le cadute. Perché la sua Gloria che risplende nella Chiesa è l’uomo vivente (S. Ireneo) abbracciato, perdonato e ricreato come figlio di Dio partecipe della sua natura, che come un re regna sugli idoli e la sapienza di questo mondo, e colmo dello Spirito vivificante del Signore risorto può offrire nell’amore la sua carne per fratelli e nemici.
In questa festa dell’Epifania esplode la gioia. Giunti al culmine del Tempo di Natale arriviamo anche allo zenit della gioia. Pregustata dai pastori la gioia diventa per i Magi “estremamente grande”. Perché? Fateci caso, essi gioiscono per aver visto di nuovo la stella. Non sono ancora entrati nella casa dove si trovava il Bambino con Giuseppe e Maria. La gioia è dunque precedente all’incontro con Gesù. Come? Vuoi dire che si può sperimentare una gioia grandissima anche senza vedere Gesù? Sì, e no… Per comprendere dobbiamo metterci ancora una volta sotto la Parola perché ci dica la verità. Se non riusciamo a situarci nel vangelo forse ci commuoveremo, ma non ci sposteremo di un centimetro.
Ogni particolare delle liturgie di Avvento e Natale, ogni Parola proclamata, ogni segno, compreso quello del presepe ci mostra l’Incarnazione come l’umiliazione di Dio. Abbiamo avuto in questi giorni dinanzi agli occhi un Dio Bambino, dolce, tenero, ma piccolo, debole, fragile, bisognoso di tutto. Un Dio che, sin dall’inizio, ha scelto l’ultimo posto. Quello che tu ed io non sopportiamo. Sii sincero, credi davvero che un neonato può salvare la tua vita? Al netto del sentimentalismo, intendo. Al netto di risposte da manuale e da catechismo, di quelle che partono in automatico e dicono: certo, l’umiltà, la semplicità, la piccolezza, la povertà, è così che si salva il mondo, non sono mica i potenti, i ricchi, i politici. E bla, bla, bla..
Lo dice e lo ripete sempre anche Papa Francesco, suvvia, che domande fai? Ok, va bene, hai studiato. Leggi anche le parole del Santo Padre… Ripetiamo la domanda in un altro modo: credi davvero, per averlo sperimentato, che il tuo matrimonio può riuscire bene e seminare felicità e vita solo se ti inginocchi dinanzi a tua moglie o a tuo marito, come l’ultimo della casa? Credi davvero che Dio vuol fare della tua vita un prodigio accompagnandoti all’ultimo posto? Lo credi per i tuoi figli, i tuoi parrocchiani, il tuo fidanzato? Ripeto, l’ultimo posto, quello dell’irrilevanza, del rifiuto, insomma, come scriveva San Paolo, il posto riservato al secchio della spazzatura, in balcone o sotto il lavandino della cucina, e che nessuno lo veda. Il posto di un neonato. Si nomina amministratore delegato un neonato? O presidente della boccifili o capoclasse? Gli si danno responsabilità, che so, dei fratelli maggiori, della manutenzione dei termosifoni o della sicurezza americana? Si chiedono consigli a un infante? Lo si consulta devotamente aspettando che dalle sue labbra coli fragrante la sapienza? O forse gli si chiede di che colore desidera il ciuccio, o di che marca preferisce i pannolini? Magari qualcuno ha visto un neonato decidere se la sera preferisce la poppata classica o un buon latte vaccino… Certo, i bambini più piccoli sono e più li si coccola e li si circonda di attenzioni; ma è proprio perché un bambino è l’ultimo di tutti, non può far nulla da solo. Indipendenza? Zero. Autodeterminazione? Non pervenuta.
Mettiamo ora questi esempi in ordine e applichiamoli alla nostra vita. Va bene anche quella passata, dove le ingiustizie e le umiliazioni si sono di certo sprecate. Ma sarebbe meglio quella di oggi, perché è oggi che celebriamo l’Epifania. Pensi ancora che quel Bambino sia fonte di gioia e consolazione? Guarda bene, ripensa al mobbing in ufficio, ai permessi negati, alle ferie saltate. Oppure pensa all’ultimo incarico che ti ha dato il Vescovo, tu che pensavi a quella parrocchia in centro dopo tanti anni di periferia, e ti ritrovi in campagna a benedire le mucche. Pensa agli insulti di tua figlia che non ti sopporta: più sei dolce e comprensivo con lei, più ti vomita in faccia rancore o ti seppellisce nella totale indifferenza. Pensa alla solitudine, dopo anni di onorato servizio, figli e nipoti ti hanno bannato dall’agenda. Natale e Pasqua giusto per dovere, ma poi lunghe ore di lunghi giorni di malinconica solitudine. E questo cancro che ti sta facendo neonato? Omogeneizzati e chemio, i capelli radi come quando sei nato, debole, fragile, impaurito, bisognoso di tutto, e l’orgoglio frantumato nell’incontinenza.
E’ gioia tutto questo? Perché il Natale ci annuncia questa gioia, non altre! Dio che si fa uomo per prendere la carne degli ultimi, della spazzatura del mondo. Dei peccatori. Perché diciamolo, e riconosciamolo, all’ultimo posto ci ritroviamo tutti innanzitutto a causa dei nostri peccati. Eravamo stati creati per essere i primi, alla destra di Dio, immagine del suo splendore, somiglianza della sua bellezza. E invece l’inganno del serpente ci ha sbattuti quaggiù, in fondo, sepolti dal dolore e dall’ira, dalla frustrazione e dall’insoddisfazione. Ebbene, esattamente dove siamo è sceso Dio, lo hai visto? Forse no, è impossibile per la nostra carne credere che Dio, il Creatore, l’Altissimo, l’Onnipotente, si sia infilato in questa mia carne ferita, fetida, ribelle, vinta. Per questo continuiamo a rifiutare di umiliarci dinanzi al fratello. Non ci inchiniamo, no! In Chiesa davanti al Bambinello del presepio sì, ma in casa di fronte alla suocera o alla nuora? Nemmeno se mi puntano una pistola alla tempia. Questo significa essere ancora dei pagani, come i Magi! E quindi essere dentro alla Parola di questa Solennità. Se siamo qui ad ascoltare il Vangelo e la predicazione, se andiamo a messa, se ci fermiamo a pregare e nel cuore qualcosa ci dice che così come stiamo vivendo non va bene, allora significa che siamo in cammino come i Magi, anche loro inquieti e insoddisfatti. Altrimenti, così ricchi e sapienti com’erano, chi glielo avrebbe fatto fare di uscire e incamminarsi per un viaggio così precario, seguendo una stella che appare e scompare, senza neanche immaginare la meta.
Avevano visto la stella di un altro Re, uno che doveva aver innescato in loro la speranza di sperimentare finalmente la pienezza che non avevano raggiunto. La “gioia” che il potere e i beni non gli avevano recato. Una stella e un Re, dunque, più importante di loro, tanto da muoversi per “venire ad adorarlo”. Come noi che abbiamo ricevuto un annuncio come una stella brillante di luce nella nostra vita. E abbiamo creduto, e ci siamo messi in cammino nella Chiesa. Ma ora forse abbiamo smesso di ascoltare, o forse è stato Dio stesso a nascondersi, per amore nostro. Sappiamo, come i Magi, di essere vicini alla felicità, ma…. Siamo peccatori, orgogliosi e testardi. Ebbene, oggi di nuovo brilla la stella, proprio sopra il Bambino! C’è ancora misericordia per noi, Dio non si è stancato! Ancora brilla la luce della sua Parola ad annunciarmi che Dio si sta facendo carne in me oggi, ora! E’ questa la fonte della gioia incontenibile. Senza di essa che ridesta il desiderio di convertirci e diventare i figli per cui siamo stati creati, non entreremo mai nella “casa”, nella comunità cristiana per imparare ad inginocchiarci davanti a Dio incarnato nella nostra vita e nei fratelli. Allora coraggio, ascoltiamo il vangelo, camminiamo nella fede e guardiamo in alto, dove splende la stella di Gesù e di ciascuno di noi. E lasciamo che la gioia per la pazienza infinita di Dio ci conduca giorno dopo giorno ai piedi della mangiatoia dove, in ginocchio, accogliere il suo amo
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