Siamo ancora tutti sotto l’impressione delle scene drammatiche che sono apparse in televisione ieri mattina, e non per la prima volta in questo periodo. I servizi televisivi concitati, interviste a sindaci disperati per la sorte dei propri paesi, immagini di gente in fuga e in lacrime e di desolanti macerie. Fa particolarmente impressione il fatto che i crolli più estesi riguardino soprattutto le chiese, e si sa che questo dipende da ragioni architettoniche e da inevitabile carenza di manutenzione, per ovvi motivi visto che, specie nel centro sud, ci sono tante chiese e pochi soldi.
Ma tra le immagini di ieri mattina ce n’è una, mi pare, che, oltre al naturale dolore, non può non provocare anche una profonda riflessione. Mi riferisco ovviamente al pressoché totale crollo della basilica di san Benedetto a Norcia.
Il Vangelo ci insegna lo ‘sguardo della fede’ sulla realtà e sugli eventi; e lo sguardo della fede consiste precisamente in questo: leggere gli eventi sempre in una duplice ottica, come fatto e come segno. Dunque, senza alcuna facile strumentalizzazione che sarebbe indiscutibilmente fuori luogo in simili circostanze, non possiamo però non vedere la forza tragicamente simbolica ed evocativa di questa immagine.
San Benedetto, i suoi monaci, la rete dei monasteri che seguivano la sua regola, sono stati idealmente e fattualmente le fondamenta su cui poco meno di duemila anni fa si è edificata la civiltà europea, l’Europa greco-romano-cristiana: la basilica che porta il suo nome, nella sua città natale, non può non assurgere a simbolo della storia, del valore stesso di questa nostra civiltà, e il suo crollo appare anche troppo facilmente il simbolo, appunto il ‘segno’ in senso evangelico, del progressivo disfacimento di essa.
È l’Europa della cultura classica e dei valori cristiani che va in pezzi, e non da oggi, e neanche da ieri: da almeno cinque secoli si è attuato un processo disgregativo della civiltà europea, e quindi occidentale, che si è attuato attraverso le grandi tappe rivoluzionarie della storia del nostro continente; e la prima tappa di questo processo, la prima ferita devastante e mai più rimarginata inflitta all’unità del vecchio continente, la rivoluzione che è stata poi madre in certo modo di tutte le seguenti, è la rivolta protestante.
Dunque a simbolo si aggiunge altro simbolo: ieri, 30 ottobre, il crollo della basilica di san Benedetto a Norcia, icona del nostro mondo; oggi, 31 ottobre, il mondo protestante dà l’avvio alle ‘celebrazioni’ del cinquecentesimo anniversario della scintilla che ha generato quella rivolta che è stata di fatto l’inizio della fine dell’Europa costruita dai figli di san Benedetto, fondendo insieme la cultura classica e la verità e l’unità cattolica.
Il ‘segno’ è potente e drammatico. Ma nelle immagini televisive di ieri mattina c’è anche un altro segno, un segno che rincuora la speranza e ci indica la strada. Sulla piazza antistante la basilica, rivolti verso la facciata semidistrutta e contornata dalle macerie, un monaco bendettino, alcune suore e un gruppo di persone erano in ginocchio a recitare il rosario, mentre altri monaci e fedeli correvano a prestare aiuto e conforto alla gente smarrita che via via si radunava in piazza: proprio così, con la sapienza e l’energia dell’ora et labora benedettino è nata l’Europa di 1600 anni fa, e allo stesso modo solo in questo modo potrà rinascere l’Europa di domani
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