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martedì 25 ottobre 2016

Vaticano: Chiesa non vieta cremazione. No a dispersione ceneri o conversione in gioielli
Pubblicata l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Ad resurgendum cum Christo”, circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione

Sunrise over cemetery
Pixabay CC0
Dovrà cambiare idea chi accarezzava l’ipotesi di trasformare le ceneri dei propri familiari in ciondoli, talismani, ricordi commemorativi e collanine, magari cedendo alle proposte di macabre pubblicità come quella che circolava mesi fa per Roma: “Trasformiamo in diamanti le ceneri dei tuoi cari. Questa volta tuo marito non potrà dirti di no”.
L’Istruzione pubblicata oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, dal titolo Ad resurgendum cum Christo, circa la sepoltura dei defunti, mette un bollo a “ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista” della conservazione delle ceneri in caso di cremazione e vieta “quegli atteggiamenti o riti che coinvolgono concezioni errate della morte”.
Pertanto, a chi si professa cattolico non è consentito di trasformare le ceneri in pezzi di gioielleria, o disperderle in aria, terra e acqua, o ancora conservarle in casa in preziosi vasi e urne decorate. La Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché mostra “una maggiore stima verso i defunti”, non vietando però la cremazione – nel caso in cui essa forse necessaria – purché le ceneri vengano conservate in un luogo sacro.
Un’indicazione, questa, che vuole “ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana” ed evitare “la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto”, nonché “pratiche sconvenienti o superstiziose”.
Con questo documento approvato dal Papa – pubblicato oggi, ma con data del 15 agosto, Solennità dell’Assunzione di Maria – l’ex Sant’Uffizio si riallaccia dunque alla precedente Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, che stabiliva di mantenere “fedelmente” la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli, aggiungendo però che la cremazione non è “di per sé contraria alla religione cristiana” e “che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare”. Questo, a condizione che tale scelta non sia voluta “come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa”.
Tale cambiamento della disciplina ecclesiastica è stato recepito, nel 1983, nel Codice di Diritto Canonico e, nel 1990, nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Ma nel frattempo – evidenzia il testo – “la prassi della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa”.
Da qui la necessità della pubblicazione di una nuova Istruzione, “allo scopo – si legge – di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione”.
Partendo dal presupposto di fede della resurrezione del corpo al momento della morte che, con Cristo, “ha un significato positivo”, la Chiesa “raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro”. Anzitutto perché “l’inumazione è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale”; poi perché, seppellire i corpi dei defunti, mette in rilievo “l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia”.
Dunque non sono permessi “atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona”, sia “come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo”, sia “come una tappa nel processo della re–incarnazione” o come “liberazione definitiva della ‘prigione’ del corpo”.
“La sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri – sottolinea l’Istruzione – risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti”, divenuti mediante il Battesimo “tempio dello Spirito Santo”. E “favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana”.
Infatti, annota la Congregazione per la Dottrina della Fede, “mediante la sepoltura dei corpi nei cimiteri, nelle chiese o nelle aree ad esse adibite, la tradizione cristiana ha custodito la comunione tra i vivi e i defunti e si è opposta alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani”.
In ogni caso, “laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione” (scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o presunta del defunto), la Chiesa “non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo”. Quindi “non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi”.
Posto ciò, “la Chiesa, dopo la celebrazione delle esequie, accompagna la scelta della cremazione con apposite indicazioni liturgiche e pastorali, avendo particolare cura di evitare ogni forma di scandalo o di indifferentismo religioso”. Le ceneri del defunto devono però “essere conservate di regola in un luogo sacro”, cioè nel cimitero o, se è il caso, “in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica”.
Non è consentito, pertanto, conservare le ceneri in casa. Solo in caso di “circostanze gravi ed eccezionali dipendenti da condizioni culturali di carattere locale” – evidenzia il testo – l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, può concederne il permesso. Le ceneri, però, “non possono essere divise tra i vari nuclei familiari e vanno sempre assicurati il rispetto e le adeguate condizioni di conservazione”.
Per gli stessi motivi, la Congregazione per la Dottrina della Fede nega la dispersione delle ceneri nell’ambiente o la conversione in oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere “non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione”. Anzi, “nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie, a norma del diritto”.

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