αποφθεγμα Apoftegma
L'immagine vera dell'uomo
è quella del mendicante appoggiato ad un angolo della strada
che tende la mano e aspetta,
senza pretendere nulla.
Don Luigi Giussani
Gesù conosce il nostro cuore affamato d'amore, sa che veniamo da lontano e senza un incontro reale con la sua compassione verremmo meno di fronte alle sofferenze. Per questo paradossalmente ci attira nel deserto dove non c'è vita. Tre giorni seguendolo come mendicanti nel suo tempo disteso nella tomba, la nostra che ha fatto sua. Perché camminare dietro a Lui significa, innanzi tutto, scoprire i peccati che hanno generato in noi la morte che ci affama, per sperimentare di essere amati così come siamo. Il deserto infatti, è anche il luogo dove la Chiesa ci conduce per proteggerci dal demonio e nutrirci con la vita di Gesù. Separati dal mondo, attraverso la predicazione che illumina i fatti e le relazioni, Gesù ci chiede "Quanti pani avete?" per farci scoprire che non abbiamo vita e amore per sfamare gli altri. E svelare la mancanza di fede che inaridisce e affama il nostro cuore: "E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?". Ma Cristo vuole proprio la nostra debolezza per colmarla della sua forza, l'incredulità per moltiplicare in noi la fede, il nostro cinismo, per rendere la nostra vita piena, bella, gioiosa. Il miracolo comincia nel suo sguardo di compassione che ci chiede i nostri "sette" peccati che rendono il pane inservibile a sfamare perché dove è abbondato il peccato sovrabbondi la Grazia. Abbiamo per caso incontrato qualcuno che abbia avuto bisogno della nostra indigenza? Nessuno vero? Nessuno di fronte al quale potere essere davvero noi stessi. Questo è possibile solo nella Chiesa dove, davanti a Cristo, sperimentiamo come "la più bella preghiera che i mendicanti possano rivolgerGli è di mettere sotto i suoi occhi le loro piaghe e i loro bisogni" (S. Francesco di Sales). In essa ci attendono le acque del battesimo (i sacramenti) nelle quali possiamo immergerci completamente nudi perché lì ci attende lo Sposo, nudo sulla Croce per rivestirci della sua Gloria. E' il mistero della nostra dignità, del valore di ogni frammento della nostra vita anche se sporcato dal peccato. Perché la Parola illumina i nostri fallimenti non per condannarci, ma per farci "trarre profitto dai nostri peccati" consegnandoli a Cristo umilmente, seduti per terra (humus) immagine della nostra realtà dove riposare dall'ipocrisia saziandoci del suo amore distribuito dagli apostoli. Nelle liturgie infatti, Gesù prende in mano il pane insufficiente e il pesce morto che siamo e li trasforma nel pane della sua carne capace di offrirsi gratuitamente sulla croce, e nel pesce simbolo della vita pescata nella morte che possiamo donare perché inesauribile. E' il miracolo che fa della Chiesa il Sacramento di Salvezza (Concilio Vaticano II) per il mondo annunciando il perdono dei peccati con le piaghe gloriose dei suoi figli. Saziati di Lui essi sono inviati nel mondo quale segno della sovrabbondanza di vita preparata per ogni uomo, come le sette sporte avanzate segno del perdono di ogni peccato trasformato in fonte di Grazia.
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