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martedì 6 febbraio 2018

Il vescovo sospende il ritiro gay, ma il prete va bene così



Il ritiro di Torino per gay fedeli non si farà: è sospeso. Così recita la nota stampa recapitata alle redazioni ieri pomeriggio firmata direttamente dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia. Il vescovo di Torino sembra ristabilire un minimo di buon senso dopo che un suo sacerdote incaricato per la pastorale per gli omosessuali aveva annunciato il ritiro spirituale in convento per insegnare la fedeltà agli omosessuali.
Anche la Nuova BQ se ne era occupata e aveva auspicato il ritiro del corso di esercizi spirituali, ma si era anche chiesta se don Carrega sarebbe stato corretto dal suo vescovo per le posizioni chiaramente omoeretiche che la sua pastorale porta avanti da tempo in diocesi.
Questo però non è avvenuto ed è il caso appena di chiedersi se il prelato abbia voluto dare un colpo al cerchio e uno alla botte. A giudicare dalla fama acquisita dal sacerdote don Gianluca Carrega, che ha avuto persino l’attenzione mediatica ieri delle Iene, sembra proprio di sì: da un lato mettere buono il clero torinese che nei giorni scorsi si era sperticato in suppliche al vescovo chiedendo di intervenire, dall’altro una stima espressa verso l’operato di don Carrega nei confronti del quale non verranno prese misure per le “bestialità” pronunciate. Infatti resterà al suo posto e con lui resteranno al suo posto i vertici ecclesiastici che lo sponsorizzano.
Insomma: un conto è la dottrina, un altro è la pastorale. Non sembra interessare qui quanto il cardinale Carlo Caffarra diceva a proposito: una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è più pastorale, è solo più ignorante.
Nosiglia ha infatti espresso apprezzamento per “il servizio pastorale di accompagnamento spirituale, biblico e di preghiera per persone omossessuali credenti che si incontrano con un sacerdote e riflettono insieme, a partire dalla Parola di Dio, sul loro stato di vita e le scelte in materia di sessualità” e lo ha collegato a “quanto l’esortazione apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco afferma e invita a compiere”. Così lo scopo del percorso spirituale “vuole dunque aiutare le persone omosessuali a comprendere e realizzare pienamente il progetto di Dio su ciascuno di loro”.
Il contentino alla dottrina arriva quando dice che “ciò non significa approvare comportamenti o unioni omosessuali che restano per la Chiesa scelte moralmente inaccettabili: perché tali scelte sono lontane dall’esprimere quel progetto di unità fra l’uomo e la donna espresso dalla volontà di Dio Creatore come donazione reciproca e feconda”. Infatti – chiarisce il vescovo – “il percorso che la Diocesi ha intrapreso non intende in alcun modo legittimare le unioni civili o addirittura il matrimonio omosessuale”.
Però resta quel più che chiaro apprezzamento dell’operato di confronti di don Carrega espresso in coda al comunicato nel momento in cui annuncia che il corso viene sospeso per opportunità. Si badi bene: sospeso non vuol dire annullato e opportunità non significa altri ostacoli di natura teologico-dottrinale. Infatti Nosiglia addossa la colpa, guarda caso quando si è in difficoltà, ai giornali. E solo a questi.
“Alcune pubblicazioni hanno fornito, in questi giorni, interpretazioni diverse – spesso superficiali, a volte tendenziose – che rendono necessario chiarire le caratteristiche e i limiti del lavoro in questo ambito pastorale. Poiché si tratta di persone in ricerca, che vivono situazioni delicate e anche dolorose, è essenziale che anche l’informazione che viene pubblicata corrisponda alla verità e a una retta comprensione di quanto viene proposto, con spirito di profonda carità evangelica e in fedeltà all’insegnamento della Chiesa in materia”.
Qui il vescovo non si sbilancia e non è chiaro. A chi si riferisce? Al quotidiano La Stampa che ha dato fuoco alle polveri annunciando il ritiro spirituale e la completa adesione della diocesi o pensava invece ad altri giornali – tra cui la Nuova BQ - che invece hanno messo in luce l’irrazionalità di un corso che pretende di insegnare la fedeltà a un vizio giudicato tale dalla legge divina? A quali giornali si riferiva per giustificare la necessità di un adeguato discernimento per poter svolgere serenamente quanto disposto dall’ufficio?
Eppure il Magistero della Chiesa il discernimento sull’omosessualità lo ha già chiaro da tempo: ed è fatto di perfetta continenza, preghiera, penitenza, vita sacramentale e disinteressata amicizia. Questa è la strada ribadita anche nel 1986 dalla nota pastorale della Congregazione per la Dottrina della fede dall’allora prefetto Ratzinger. Una nota che negli anni ha dato i suoi frutti e che ha fatto nascere esperienze come Courage e l’associazione Lot di Luca Di Tolve che nei confronti dell’omosessualità non vivono il complesso dello sdoganamento facile, ma dell’attenzione totale all’uomo in quanto tale.
E’ l’ambiguità di fondo del comunicato del vescovo a non convincere: non condanna l’iniziativa di don Carrega né prende le distanze, si limita a giudicarla non opportuna alla luce del clamore mediatico, ma non secondo quanto Dottrina e Scrittura dicono da più di 2000 anni. In compenso ritiene di dover pubblicamente esprimere apprezzamento per il suo operato senza condannare una sola delle affermazioni del sacerdote in contrasto con la dottrina ecclesiastica.
Nosiglia dice che l’omosessualità è moralmente inaccettabile, poi però dà il via libera a tutte le iniziative di un suo sacerdote che sostiene – senza costrutto però – l’esatto opposto.
A questo punto verrebbe da chiedere che cosa Nosiglia apprezzi dell’operato di don Carrega. Forse l’affermazione che la Chiesa dovrebbe chiedere scusa ai gay per come li ha trattati in questi anni? O loda la lettura in chiave Lgbt del passo evangelico dei discepoli di Emmaus? Oppure apprezza la necessità di fare una riflessione sull’affettività dell’amore omosessuale? Qual è in buona sostanza il motivo dell’apprezzamento tale da non muovergli neppure un’accusa per quanto sostenuto?
Eppure di episodi ce ne sarebbero perché don Carrega è considerato uno dei più attivi in Italia nello sdoganamento della pastorale Lgbt in chiave variante naturale della sessualità: benedice le unioni civili con una disnvoltura pari alla Cirinnà, parla di amore gay come destinatario di unicità ed esclusività, non accorgendosi che in questo modo approva pubblicamente un peccato, stravolge in chiave Lgbt le Scritture. Possibile che Nosiglia non sia riuscito a trovare un solo passaggio in cui prendere le distanze? Recentemente il vescovo si è anche cimentato nel balletto di un noto inno della gay culture, qualcuno lo ha informato di che cosa faceva?
L’impressione è che il vescovo, per il solito quieto vivere tipico di un clero che non vuole crearsi troppi problemi – e con le Iene alle calcagna c’è da capirlo –, abbia prodotto il solito compromesso per non scontentare nessuno: di qua la dottrina, di là la pastorale. Così è se vi pare. E fate il vostro gioco.

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