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domenica 25 febbraio 2018


Perché la violenza sociale di oggi nasce dall'aborto



Da ogni lato del parlamento un tacito accordo: “Nessuno tocchi la 194”. Sono in gioco interessi più forti: la scuola cattolica, l’8 per mille, ICI, o IMU sulle proprietà della Chiesa! Da questo dilagare di omicidi disumani e inescusabili, nasce più che da qualsiasi altra causa il dilagare delle violenze piccole e grandi.
Caro direttore,

condivido l’analisi di Marco Lepore riguardo le cause che generano violenza nella nostra società. Ma non posso tacere circa la causa che è la madre di tutte le violenze perpetrate nel nostro tempo, sia per la sua natura che nega la legge naturale stessa inscritta nel cuore di ogni donna, sia per il numero impressionante di casi nel nostro Stato: sei milioni di aborti legalizzati in Italia dalla legge 194 di 40 anni fa.
Madre Teresa ci scrisse nel ’92: “Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo grembo, distruggere la carne della sua carne, vita della sua vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi?”. Per lei i concepiti sono i più piccoli, i più poveri, i più indifesi: “Dateli a me!” – implorava. Non siamo più in uno Stato di diritto, viviamo in uno Stato ingiusto perché “una legge ingiusta fa uno stato ingiusto” (Ghandi), uno Stato che permette l’impunibilità dell’uccisione del più piccolo, l’invisibile figlio dell’uomo, il cittadino di domani, che ha così negato la speranza e il futuro di intere generazioni: un genocidio nascosto.
Viviamo in una Italia dove tristemente le famiglie si sfasciano per la incapacità di accettare sofferenze piccole o grandi, i limiti dell’altro, ma soprattutto perché il “verme” della morte vive nel cuore di tante madri, padri, fratelli, sorelle che hanno negato il diritto alla vita di un membro della loro famiglia. È triste considerare che a sottoscrivere la “194”, 40 anni fa, furono politici sedicenti cristiani.
È tristissimo oggi vedere i frutti mortiferi di una legge che, per la pusillanimità di molti parlamentari ed ecclesiastici sedicenti cattolici, nessuno ha più osato, dopo il referendum, ridiscutere quella legge infame alla luce dei risultati deleteri per la società e la famiglia. Anzi, non esiste in Italia la registrazione delle conseguenze dell’aborto, sia fisiche, ma soprattutto psichiche e sociali sulla donna e la sua famiglia.
Da ogni lato del parlamento un tacito accordo: “Nessuno tocchi la 194”. Sono in gioco interessi ben più forti: la scuola cattolica, l’8 per mille, ICI, o IMU che dir si voglia sulle proprietà della Chiesa! Da questo dilagare di omicidi irragionevoli, disumani, inescusabili, nasce più che da qualsiasi altra causa il dilagare delle violenze piccole e grandi. Se possiamo impunemente, anzi asetticamente, togliere la vita al nascituro, come non potremo addirittura ridere e gloriarci di far cadere a terra il vecchio inerme togliendogli il bastone?
Martedì scorso abbiamo festeggiato il giorno natale di Giacinta. La piccola santa di Fatima, dopo aver visto con raccapriccio l’inferno, non smise fino alla morte di offrire sacrifici per le anime dei peccatori. Dal cielo guarda il nostro povero mondo e vede con dolore (non so in che modo si possa vivere il dolore in cielo) l’inferno nel mondo. La Vergine Santa chiese ripetutamente, attraverso Lucia, la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato, perché i suoi errori non dilagassero in tutto il mondo. Non tutti hanno preso sul serio la proposta della S. Vergine. Oggi lo vediamo: in Europa Dio è morto.
L’uomo del XXI secolo non deve obbedienza a nessuna legge morale, né a quella naturale scritta nella retta coscienza, né tantomeno alla legge di Dio perché Egli non esiste.
In altre parole, da noi sono maturati tutti i frutti venefici del comunismo che, insieme ad un capitalismo sfrenato, si manifestano in tutta la loro potenza distruttiva della società. I 50 anni dal ’68, poi, ci hanno regalato gli slogan libertari: nessuna legge, nessun divieto, nessuna autorità, né in famiglia né nello Stato: libertà …. di uccidere. “L’utero è mio e lo gestisco io”.

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