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venerdì 25 maggio 2018

Amore mio, che altro posso fare?
Quale altra occupazione può avere un uomo valido su questa terra, fuorché di sposarvi?
Che alternativa c'è al matrimonio, eccetto il sonno?
Non certo la libertà.
A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in Irlanda,
bisogna sposiate un Uomo, cioè a dire Me.
La terza ed ultima ipotesi sarebbe che sposaste voi stessa
e viveste con voi, voi, voi sola:
cioè a dire in quella compagnia che mai è soddisfatta e non soddisfa mai.

Gilbert Keith Chesterton, Le avventure di un uomo vivo

Amore mio, che altro posso fare?
Quale altra occupazione può avere un uomo valido su questa terra, fuorché di sposarvi?
Che alternativa c'è al matrimonio, eccetto il sonno?
Non certo la libertà.
A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in Irlanda,
bisogna sposiate un Uomo, cioè a dire Me.
La terza ed ultima ipotesi sarebbe che sposaste voi stessa
e viveste con voi, voi, voi sola:
cioè a dire in quella compagnia che mai è soddisfatta e non soddisfa mai.

Gilbert Keith Chesterton, Le avventure di un uomo vivo
PROMESSI ALL'UNICO SPOSO CAPACE DI VINCERE CON L'AMORE LA DUREZZA DEL CUORE  

Vi sono domande che non cercano risposte ma sono pistole puntate. Come quella posta a Gesù da alcuni farisei sulla liceità del divorzio. Conoscevano bene che lMosè (la Torah) proibisce il divorzio, per questo usano la questione del ripudio come una trappola per mettere alla prova Gesù, coglierlo in fallo con una dichiarazione contro la Legge e contro di loro, e poterlo così denunciare come eretico. Spesso anche noi, discutiamo pur sapendo bene dove sia la verità, e domandiamo, parliamo, ci scaldiamo solo per far crollare i nostri interlocutori, e viaggiare sicuri nelle nostre decisioni. Ma Gesù conosceva il cuore dei farisei, come conosce il nostro; sa che, come loro, è affetto da sklerokardìal'indurimento del cuore che, secondo la cultura semitica, indica l'universo interiore dell’uomo compresa la facoltà intellettuale. Nel Nuovo Testamento la sklerocardìa “denota l’ostinata insensibilità umana agli annunci della volontà salvifica di Dio che domanda di essere accolta nel ‘cuore’, nel centro della sua vita personale” (Kittel). E' dunque un irrigidimento simile a quello delle arterie che provoca l'arteriosclerosi, un rinchiudersi superbo nelle proprie posizioni che impedisce il flusso della Grazia. Sklerokardìa è un termine rarissimo nel Nuovo Testamento, usato solo nel brano di oggi, nel parallelo di Matteo, e nel finale di Marco, quando Gesù, apparendo risorto ai discepoli, li rimprovera per la loro incredulità e durezza di cuore. La sklerokardìa nasce dunque dalla mancanza di fede. Per svelare a quei farisei il loro cuore, come già aveva fatto con satana nel deserto, Gesù risponde con la Scrittura, chiedendo loro che cosa Mosè avesse "ordinato". Deuteronomio 24,1-4, l'unico passo della Torah che tratta del divorzio, parla del caso di un uomo che ha ripudiato la moglie e vuole sposarla di nuovo, dopo che ella è stata sposa di un altro uomo. Per questo i farisei devono rispondere che Mosè non ha dato nessun "ordine" in materia, ma solo un "permesso" come un'eccezione per un caso molto particolare. Ebbene risponde Gesù, anche in questo eccezionale e rarissimo, Mosè ha permesso il ripudio solo a causa della durezza del cuore. Che è come dire che il divorzio si decide in un cuore indurito nella superbia. Non è una questione di liceità o meno, perché chi è affetto da sklerokardìa non può avvicinarsi umilmente a Dio per chiedere luce sulla sua volontà nella propria situazione matrimoniale, ma cercheranno di usare Lui stesso per confermare le proprie posizioni pregiudiziali, proprio come stavano facendo quei farisei con Gesù. Che però non si lascia irretire dalla loro malizia, e con amore, per guarire il loro cuore, gli annuncia di nuovo la chiamata originale nella quale sono stati creati. Perché il matrimonio, tale come traspare dalle parole di Gesù, è la Buona Notizia dell'amore nel quale Dio, "al principio", ha creato l'uomo maschio e femmina perché fossero una sola carne che nessuno avrebbe dovuto mai separare. Ma il peccato d'orgoglio di Adamo ed Eva ha rotto l'equilibrio d'amore pensato da Dio. La loro incredulità, la durezza del loro cuore dinanzi al potere e all'autorità di Dio ha rotto il progetto di Dio. La stessa durezza di cuore che percorre tutta la storia di Israele è come cristallizzata nelle parole dei farisei, nella quale possiamo scoprire la nostra. Per parlare del rapporto tra Dio e l'uomo, la Scrittura usa immagini nuziali nelle quali Dio, come uno Sposo, ha sempre avuto misericordia della sua sposa, il Popolo di Israele, anche quando ne è stato tradito. Davanti agli occhi dei farisei Gesù poneva anche una storia di secoli, storia di misericordia dalla quale attingere per comprendere il mistero del matrimonio. Ma, per la durezza del cuore, la storia sino a quel giorno non era bastata, come non basta per noi. Era necessario qualcosa di più, l'amore sino alla fine di Cristo. La croce infatti è il letto d'amore dove Dio, nel suo Figlio, ha sposato tutti noi, il Legno dove ci ha fatti carne della sua carne. Il "principio" nel quale Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, trova il compimento nella croce del Figlio. Per questo la fede nella Parola della Croce dove risplende l'amore infinito di Dio è il fondamento di ogni matrimonio. Non si tratta di carattere, affinità o farfalle nella pancia. Si tratta della fede di chi ha sperimentato l'amore di Dio capace di sciogliere un cuore indurito e vincere l'incredulità. Adamo è caduto in un sonno profondo mentre Dio estraeva dal suo petto una costola per formare Eva, profetizzando così il sonno di Cristo sulla Croce, la ferita del suo costato e la creazione della sua sposa immacolata, la Chiesa. L'amore nuziale è questa opera divina, e il suo compimento è il risveglio di Adamo con l'incontro pieno di stupore dinanzi a quella parte di sé per la quale era nato, per la quale aveva ricevuto quel corpo, e quella costola che ha dovuto offrire nel sonno del sacrificio. Il piacere esultante di Adamo dinanzi a quella donna, a quell'altro io che era quel tu così bello, l'unico essere simile a lui capace di richiudere la ferita che gli era occorsa nel petto. Solo Eva era destinata a quell'anfratto che lo percuoteva e lo faceva sentire mancante, mendicante e incompleto: "Ciò che gli era stato rubato, gli è stato reso, trasfigurato dalla bellezza" (Giacomo di Saroug). Era lei la sua pienezza, lei e solo lei, e per questo, diveniva gioia, piacere, stupore. Attraverso di lei sorgeva in Adamo la speranza di conoscere la fonte di tutto quello straripamento di pace, quel senso di pienezza e di soddisfazione, la fonte inestinguibile di ogni amore, di quell'amore che, lui lo sentiva, era l'unico che dava senso a tutto, alla sua esistenza e al Paradiso nel quale era stato posto. Eva era la porta che gli dischiudeva il mistero del "Principio", l'origine ferma e certa della sua stessa vita. Il principio di ogni amore è quindi dentro un sonno fecondo, e nell'incedere sicuro di Dio che accompagna Eva al suo sposo, a quell'unico uomo per il quale e dal quale era stata tratta. Eva era un dono, ecco il segreto, il dono scaturito dal suo sonno, il frutto della Croce e della risurrezione del Signore. Eva, la sposa, l'unico approdo perché il sonno non torni, malvagio questa volta, a strappare quell'allegria piena: "Amore mio, che altro posso fare? Quale altra occupazione può avere un uomo valido su questa terra, fuorché di sposarvi? Che alternativa c'è al matrimonio, eccetto il sonno?" (Gilbert Keith Chesterton). 

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