Una santa da capogiro. Parte della sua vita si svolge come fuori dal mondo, in lunghe e ripetute estasi, con momenti e atti quasi “intraducibili” oggi: come lo scambio del suo cuore con quello di Gesù, le stigmate invisibili, i colloqui con la Santissima Trinità... Scene vertiginose di familiarità divino-umana; dopo le quali, però, lei ritorna tranquilla e laboriosa monaca, riassorbita nella quotidianità delle incombenze.
Appartiene alla casata de’ Pazzi, potenti (e violenti) per generazioni in Firenze, e ancora autorevoli alla sua epoca. Battezzata con il nome di Caterina, a 16 anni entra nel monastero carmelitano di Santa Maria degli Angeli in Firenze e come novizia prende il nome di Maria Maddalena.
Nel maggio 1584 soffre di una misteriosa malattia che le impedisce di stare coricata. Al momento di pronunciare i voti, devono portarla davanti all’altare nel suo letto, dove "dì e notte sta sempre a sedere". Ed ecco poi quelle estasi, che si succederanno per molti anni. Le descrivono cinque volumi di manoscritti, opera di consorelle che registravano gesti e parole sue in quelle ore. (Parole sorprendenti: nelle estasi, lei usava un linguaggio colto, “specialistico”, di gran lunga superiore al livello della sua istruzione). Questi resoconti, che lei legge e corregge, e che acuti teologi perlustrano in punto di dottrina, contengono – espresso in mille modi e visioni e voci – l’invito appassionato a ricambiare l’amore di Cristo per l’uomo, testimoniato dalla Passione.
Nel maggio 1584 soffre di una misteriosa malattia che le impedisce di stare coricata. Al momento di pronunciare i voti, devono portarla davanti all’altare nel suo letto, dove "dì e notte sta sempre a sedere". Ed ecco poi quelle estasi, che si succederanno per molti anni. Le descrivono cinque volumi di manoscritti, opera di consorelle che registravano gesti e parole sue in quelle ore. (Parole sorprendenti: nelle estasi, lei usava un linguaggio colto, “specialistico”, di gran lunga superiore al livello della sua istruzione). Questi resoconti, che lei legge e corregge, e che acuti teologi perlustrano in punto di dottrina, contengono – espresso in mille modi e visioni e voci – l’invito appassionato a ricambiare l’amore di Cristo per l’uomo, testimoniato dalla Passione.
Più tardi le voci dall’alto le chiedono di promuovere la “rinnovazione della Chiesa” (iniziata dal Concilio di Trento con i suoi decreti), esortando e ammonendo le sue gerarchie. Maria Maddalena esita, teme di ingannarsi. Preferirebbe offrire la vita per l’evangelizzazione, segue con gioia l’opera dei missionari in Giappone... Voci autorevoli la rassicurano, e allora lei scrive a papa Sisto V, ai cardinali della Curia; e tre lettere manda ad Alessandro de’ Medici, arcivescovo di Firenze, che poi incontra in monastero. "Questa figliola ha veramente parlato in persona dello Spirito Santo", dirà lui. Maria Maddalena gli annuncia pure che presto lo faranno Papa, ma che non durerà molto (e così gli ha predetto anche Filippo Neri). Infatti, Alessandro viene eletto il 10 maggio 1605 con il nome di Leone XI, e soltanto 26 giorni dopo è già morto.
Per suor Maria Maddalena finisce il tempo delle estasi e incomincia quello delle malattie. Del “nudo soffrire”, come lei dice, che durerà fino alla sua morte, già accompagnata da voci di miracoli, che porteranno nel 1611 l’apertura del processo canonico per la sua beatificazione, a pochi anni dalla morte avvenuta nel 1607. Papa Clemente IX, il 22 aprile del 1669, la canonizzerà. Le spoglie di santa Maria Maddalena de’ Pazzi ora riposano nell’omonimo monastero, a Firenze. (Autore: Domenico Agasso)
Il 25 maggio del 2007 si è celebrato il quarto centenario della morte di santa Maria Maddalena (1566-1607), carmelitana fiorentina, maestra di vita spirituale. Tale era la fama della sua santità diffusa nel popolo e nel clero che, prestissimo, nel 1611, iniziarono i processi per la beatificazione. L’8 maggio 1626 fu proclamata beata da Urbano VIII e, il 28 aprile del 1669, canonizzata da Clemente IX.
Importanti studiosi asseriscono che «Maria Maddalena de’ Pazzi con Angela da Foligno e Caterina da Siena è, fra le italiane, la scrittrice spirituale più conosciuta»1. Molti testimoni autorevoli del cattolicesimo ne hanno stimato la testimonianza e la parola. Venerabili come Diomira del Verbo Incarnato (Margherita Allegri, 1651-1677) delle Suore Stabilite nella Carità (Filippine di Firenze), beati come Ippolito Galantini (†1619) o santi come Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) 2 e Teresa di Lisieux (1873-1897)3 , nutrirono una significativa venerazione per la mistica di Firenze.
Paolo VI amava rileggere le sue opere, mentre don Divo Barsotti, nella sua ultima visita alle monache di Careggi, con intensi accenti autobiografici, non temeva di dichiarare: «Santa Maria Maddalena vive la sua missione d’amore per noi… Per questo vorrei affidare me stesso e tutta la comunità di San Sergio a santa Maria Maddalena… Lei è stata l’amica, l’aiuto, la luce del mio cammino. La ringraziamo tanto di questo. Non avrei mai pensato che ci fosse data quaggiù un’esperienza viva e profonda, specialmente divina»4 .
Purtroppo, una devozione poco illuminata e cultori improvvidi della sua testimonianza hanno divulgato con testi e immagini la visione barocca della santa (ossia una particolare interpretazione del suo vissuto, indulgente sui fatti straordinari) trascurando le sue parole. Esse, forti e incisive, sono capaci di imprimersi a fuoco nei suoi ascoltatori in una stringente richiesta di rinnovamento ecclesiale. Forse per questo, i testi autentici della carmelitana sono da pochi frequentati anche in questo centenario. Con quali rischi si intuisce.
Nella santità cristiana esistono modelli differenti di santità. Generalmente più “facili” e comprese sono le missioni caratterizzate dal servizio della carità e della misericordia. Più complessa è l’accoglienza di doni profetici, caratterizzati non tanto “dall’annunzio del futuro”, quanto da autentico magistero spirituale, nell’ascolto della Parola, autenticato dalla coerenza della vita.
Nella santità cristiana esistono modelli differenti di santità. Generalmente più “facili” e comprese sono le missioni caratterizzate dal servizio della carità e della misericordia. Più complessa è l’accoglienza di doni profetici, caratterizzati non tanto “dall’annunzio del futuro”, quanto da autentico magistero spirituale, nell’ascolto della Parola, autenticato dalla coerenza della vita.
Una vita nascosta
La biografia di santa Maria Maddalena è caratterizzata da pochi eventi. In una delle famiglie più in vista della nobiltà fiorentina, da Maria Buondelmonti e da Camillo di Geri de’ Pazzi, nacque il 2 aprile 1566 la secondogenita Caterina. In due periodi (dal 1574 al 1578 e dal 1580 al 1581) fu educanda in San Giovannino dalle Cavalieresse di Malta. Forse ancora troppo giovane, scelse di diventare monaca carmelitana, entrando a Santa Maria degli Angeli a sedici anni (27 novembre 1582), a breve distanza dalla fine del Concilio di Trento (1545-1563).
I primi cinque anni di vita monastica sono i più noti della biografia maddaleniana. “Astrazioni”, “rapimenti”, drammatizzazioni di episodi evangelici, si intrecciavano con la vita ordinaria della giovane carmelitana. In realtà, sotto queste etichette si raggruppa una varietà di fenomeni assai diversificati fondati sulla meditazione orante sulla Parola. Nel grande carmelo di Santa Maria degli Angeli (il più antico dell’Ordine), ricco quasi di ottanta monache nel periodo in cui vi visse Maddalena, diverse erano di alto profilo spirituale, dalla madre Evangelista del Giocondo a Pacifica del Tovaglia, amica e tra le principali “segretarie” della santa.
Per circa vent’anni ella fu impegnata silenziosamente nell’intreccio di preghiera e lavoro proprio della vita monastica. Già vicaria per l’accoglienza delle giovani che venivano in foresteria (1586-1589), fu coinvolta, a vario titolo, nella formazione delle giovani dal 1589, per diventare sottopriora dal 1604. Ammalatasi, passò gli ultimi tre anni travagliata nel corpo e nello spirito, spegnendosi il 25 maggio 1607, a quarantunanni.
«Se Dio è comunicativo».
Il carmelo di Santa Maria degli Angeli era legato da diversi anni ai circoli femminili savonaroliani. In esso circolavano da tempo testimonianze e fonti manoscritte su donne celebri e stimate come le domenicane santa Caterina de’ Ricci da Prato (1522-1590) e la beata Maria Bartolomea de’ Bagnesi (1514-1577), il cui corpo è venerato ancora oggi nel carmelo fiorentino. Il suo confessore divenne, dal 1563, lo stesso governatore del monastero.
Si è fatto cenno al rilievo della Scrittura. Una testimone precisava durante il processo canonico: «Mi sovienne in particolare che ella ogni sabbato, pigliando il libro dell’evangelii, dall’evangelio che correva la domenica seguente pigliava due o tre punti a sua elettione e sopra quelli si essercitava nella meditatione per tutta la settimana, nella quale meditatione consumava due ore in circa la mattina et una la sera» (Sum 57). Da tale familiarità, maturata in contesti francescani e domenicani, scaturì la sua personale comprensione di Dio come Dio comunicativo.
L’effusione sovrabbondante dello Spirito, accolta particolarmente nella Pentecoste del 1585, condusse la giovane carmelitana per le vie austere di un deserto costituito dalla fatica della creatura e della Chiesa nel far spazio a tale grazia e nella necessità di crescere nella misericordia di un Dio che è «svisceratissimo Padre», Verbo donatore di un «bacio di pace» e Spirito, fuoco trasformante5. Di sicuro, al di là di troppi sentimentalismi, inopinatamente assolutizzati dai suoi devoti, è la centralità della Trinità nella vita spirituale e nella vita ecclesiale il dono più grande che ella può offrire al nostro tempo.
Così, dall’incontro col Dio comunione, santa Maria Maddalena fu arricchita non solo da una gioia profonda, ma anche da una graduale presa di coscienza dell’inadeguatezza con cui tanti uomini e donne, anche esternamente cristiani e talvolta, quel che è peggio, religiosi e preti, rispondono all’offerta del Figlio e del suo Spirito. Amare Cristo, per santa Maria Maddalena, non significò soffermarsi solo affettivamente sulla considerazione delle sue piaghe fisiche, ma maturare un amore appassionato per il corpo ferito e lacerato di Cristo che è la Chiesa. Accogliere Cristo, comportò per lei, ad esempio, aprire gli occhi sulle sue attese disilluse riguardo a una vita religiosa povera di rapporti fraterni, benché ricca di riti.
Amare Cristo e la sua Chiesa, malgrado la mediocrità – ella diceva la «maledetta tiepidità» – di tanti battezzati e «christi» (sacerdoti), fu certo per lei «Inferno e Paradiso insieme». E si comprende, allora, come l’unico dono dello Spirito la “costrinse”, come santa Caterina e il Savonarola, a un’opera stimata ma di fatto inascoltata di «renovatione della Chiesa».
Ciò nonostante, sia attraverso gli incontri interpersonali che le lettere dettate (ma non sempre inviate) anche al Papa e ai cardinali, ella rispose per la sua parte alla missione ricevuta, richiamando tutti a una vita personale ed ecclesiale fondata sulla nudità dell’Evangelo.
Si è fatto cenno al rilievo della Scrittura. Una testimone precisava durante il processo canonico: «Mi sovienne in particolare che ella ogni sabbato, pigliando il libro dell’evangelii, dall’evangelio che correva la domenica seguente pigliava due o tre punti a sua elettione e sopra quelli si essercitava nella meditatione per tutta la settimana, nella quale meditatione consumava due ore in circa la mattina et una la sera» (Sum 57). Da tale familiarità, maturata in contesti francescani e domenicani, scaturì la sua personale comprensione di Dio come Dio comunicativo.
L’effusione sovrabbondante dello Spirito, accolta particolarmente nella Pentecoste del 1585, condusse la giovane carmelitana per le vie austere di un deserto costituito dalla fatica della creatura e della Chiesa nel far spazio a tale grazia e nella necessità di crescere nella misericordia di un Dio che è «svisceratissimo Padre», Verbo donatore di un «bacio di pace» e Spirito, fuoco trasformante5. Di sicuro, al di là di troppi sentimentalismi, inopinatamente assolutizzati dai suoi devoti, è la centralità della Trinità nella vita spirituale e nella vita ecclesiale il dono più grande che ella può offrire al nostro tempo.
Così, dall’incontro col Dio comunione, santa Maria Maddalena fu arricchita non solo da una gioia profonda, ma anche da una graduale presa di coscienza dell’inadeguatezza con cui tanti uomini e donne, anche esternamente cristiani e talvolta, quel che è peggio, religiosi e preti, rispondono all’offerta del Figlio e del suo Spirito. Amare Cristo, per santa Maria Maddalena, non significò soffermarsi solo affettivamente sulla considerazione delle sue piaghe fisiche, ma maturare un amore appassionato per il corpo ferito e lacerato di Cristo che è la Chiesa. Accogliere Cristo, comportò per lei, ad esempio, aprire gli occhi sulle sue attese disilluse riguardo a una vita religiosa povera di rapporti fraterni, benché ricca di riti.
Amare Cristo e la sua Chiesa, malgrado la mediocrità – ella diceva la «maledetta tiepidità» – di tanti battezzati e «christi» (sacerdoti), fu certo per lei «Inferno e Paradiso insieme». E si comprende, allora, come l’unico dono dello Spirito la “costrinse”, come santa Caterina e il Savonarola, a un’opera stimata ma di fatto inascoltata di «renovatione della Chiesa».
Ciò nonostante, sia attraverso gli incontri interpersonali che le lettere dettate (ma non sempre inviate) anche al Papa e ai cardinali, ella rispose per la sua parte alla missione ricevuta, richiamando tutti a una vita personale ed ecclesiale fondata sulla nudità dell’Evangelo.
«Per essere sposa e non serva»
La mistica maddaleniana, alla scuola di Caterina da Siena, è mistica ecclesiale che chiama alla conversione l’intero popolo di Dio, non per “rimproverarlo”, come taluni sostengono, ma perché dinanzi allo Spirito che bussa, qualcuno «si apra a esso dono».
Bella la testimonianza (ritrovata in originale) che nel 1° maggio del 1595 rendeva la priora Evangelista: «Io suor Vangelista, a honore dell’eterno Padre. Io ricordo come suor Maria Maddalena oggi questo dì primo di maggio 1595 ha promesso a Dio di volere essergli sposa e non ancilla per maggior suo honore e perché si compiaccia in lei e maggior aiuto del suo donativo, ha promesso di camminare nuda col suo Dio e udire solo la sua voce e di quelli che tengono il luogo suo e quando fussi dubbiosa di cosa alcuna vuole prendere consiglio prima dal nudo Cristo e dalla più nuda anima che scorgeranno gli occhi sua e da sua superiori»6 .
Sembra, infatti, stando ai testi e non ai commenti, che il cuore dell’esperienza maddaleniana non si concentrasse sulla sofferenza (generata anche dai problemi di salute e da un’ascesi poco equilibrata), ma consistesse nell’approfondimento teologale di un’alleanza sponsale con il Signore, ricca di un “amore puro”, lei amava dire «morto», ossia di sposa. Di questo amore pasquale, radicato nel sangue divinizzante dell’Eucaristia, grazie al soffio dello Spirito, ella visse. Da questa accoglienza scaturì la sua fragile parola di donna, impastata dalla forza dell’Evangelo. Di tutto questo, è umile testimonianza il suo corpo incorrotto, venerato nel carmelo fiorentino di Santa Maria degli Angeli, e custodito dalla presenza orante, ancora oggi, delle sue consorelle.
Bella la testimonianza (ritrovata in originale) che nel 1° maggio del 1595 rendeva la priora Evangelista: «Io suor Vangelista, a honore dell’eterno Padre. Io ricordo come suor Maria Maddalena oggi questo dì primo di maggio 1595 ha promesso a Dio di volere essergli sposa e non ancilla per maggior suo honore e perché si compiaccia in lei e maggior aiuto del suo donativo, ha promesso di camminare nuda col suo Dio e udire solo la sua voce e di quelli che tengono il luogo suo e quando fussi dubbiosa di cosa alcuna vuole prendere consiglio prima dal nudo Cristo e dalla più nuda anima che scorgeranno gli occhi sua e da sua superiori»6 .
Sembra, infatti, stando ai testi e non ai commenti, che il cuore dell’esperienza maddaleniana non si concentrasse sulla sofferenza (generata anche dai problemi di salute e da un’ascesi poco equilibrata), ma consistesse nell’approfondimento teologale di un’alleanza sponsale con il Signore, ricca di un “amore puro”, lei amava dire «morto», ossia di sposa. Di questo amore pasquale, radicato nel sangue divinizzante dell’Eucaristia, grazie al soffio dello Spirito, ella visse. Da questa accoglienza scaturì la sua fragile parola di donna, impastata dalla forza dell’Evangelo. Di tutto questo, è umile testimonianza il suo corpo incorrotto, venerato nel carmelo fiorentino di Santa Maria degli Angeli, e custodito dalla presenza orante, ancora oggi, delle sue consorelle.
Un tesoro nascosto da riscoprire, per la Chiesa fiorentina e per la Chiesa universale. Don Barsotti sperava che un giorno santa Maria Maddalena fosse riconosciuta dottore della Chiesa. I tanti pellegrini che anche da diversi continenti, per vie quasi impensabili, la “incontrano” e si recano presso il suo corpo, fanno riflettere sulla necessità di far risuonare la sua voce e di compiere la sua missione.
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