Questo articolo è stato pubblicato sul sito www.rossoporpora.org curato da Giuseppe Rusconi. Lo riproponiamo ai nostri lettori.
Scorrendo i titoli dei giornali dopo la recente conferenza-stampa al termine del Consiglio permanente, sembrerebbe che la Conferenza episcopale italiana sia decisa a contrastare seriamente la diffusione dell’ideologia del gender e i tentativi di istituire de facto un “matrimonio omosessuale” con tutte le conseguenze connesse in materia ad esempio di adozione. É certo questa l’intenzione – espressa con molta chiarezza e insistenza - del presidente e anche della maggioranza del Consiglio permanente, ma purtroppo non di qualcun altro che è in posizione-chiave. Abbiamo cercato di ragionare su quanto emerso durante la conferenza-stampa (alquanto vivace) di venerdì 27 marzo, convocata come di consueto al termine dei lavori del Consiglio permanente della Cei. E ne abbiamo tratto alcune riflessioni che si sperano stimolanti per chi ci legge.
Nell’ultimo “parlamentino” della Cei si sono affrontati, e non in misura marginale, due temi antropologici particolarmente attuali anche nella società italiana: la diffusione sempre più preoccupante dell’indottrinamento dell’ideologia del gender nella scuola pubblica statale e i contenuti del disegno di legge Cirinnà, riguardante de facto il riconoscimento del cosiddetto matrimonio gay e connessi (adozioni comprese), attualmente in esame presso la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica. Dai titoli di stampa, radio e Tv il segretario generale della Cei (che ha introdotto l’incontro e poi abbozzato delle risposte alle domande dei giornalisti) è parso scatenato contro l’indottrinamento gender. Diversi titoli suonavano così: “Galantino, teoria del gender: “La Chiesa farà la sua parte”; e nei resoconti trovavano ampio riscontro le dure dichiarazioni di principio – del resto non nuove sulla sua bocca (vedi quelle di fine gennaio sul ‘gender’ come “polpetta avvelenata”, al termine del precedente Consiglio permanente). In realtà le cose non stanno proprio così.
Andiamo con calma. Quali, secondo lo statuto della Cei (art. 31) i compiti del segretario generale? «Il Segretario generale
svolge le sue funzioni in tutte le attività della Conferenza, promuovendone lo sviluppo e il coordinamento secondo gli orientamenti dell’Assemblea generale, del Consiglio episcopale permanente e della Presidenza» (seguono diversi punti in dettaglio). Sulla pericolosità dell’indottrinamento dell’ideologia gender e sulla necessità di agire insiste da tempo, in particolare nelle sue prolusioni, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Qualche esempio. 15 febbraio 2014: «É in atto una strategia persecutoria, un attacco per destrutturare la persona e quindi destrutturare la società, mettendola in balia di chi è più forte e ha tutto l’interesse a che la gente sia smarrita». 24 marzo 2014: «Si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”? I genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? (…) I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga» 23 marzo 2015: «Una manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella governance mondiale che va oltre i governi eletti e che spesso rimanda ad organizzazioni non governative che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare. Vogliamo questo per i nostri bambini, ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? (…) Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. E’ necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini».
Nel comunicato-stampa sui lavori dell’ultimo Consiglio permanente (23-25 marzo) si legge, a proposito della parte “antropologica” qui sopra citata della prolusione del Presidente: «L’attenzione e la convinta adesione dei vescovi sono andate anche all’educazione, con l’avvertenza a contrastare l’ideologia del gender». La pericolosità dell’indottrinamento gender è denunciata – va ricordato - ormai frequentemente anche dalla Chiesa universale, con papa Francesco. Il quale il 16 gennaio 2015, durante l’Incontro di Manila con le famiglie, ha detto: «Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia (…) Come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica». E tre giorni dopo, nel volo di ritorno da Manila, ha rimandato all’indottrinamento perseguito dalle dittature del secolo scorso, ad esempio attraverso lo strumento della Gioventù hitleriana.
Ebbene, come intende reagire il segretario generale della Cei agli stimoli forti del cardinale presidente (suo superiore diretto) e del Consiglio permanente all’azione, con il Papa (il quale l'ha nominato) che non risparmia certo l’invito a resistere? Nell’introduzione della conferenza-stampa di venerdì, il predetto segretario generale ha solo citato di sfuggita, tra gli altri argomenti trattati nel Consiglio permanente, quello dell’ideologia gender, considerata inaccettabile. Sollecitato da noi già con la prima domanda a dire che cosa la Cei aveva e avrebbe fatto concretamente in materia, il Segretario ha subito puntualizzato – con evidente e già ben conosciuto fastidio per il movimentismo spontaneo della società civile – che non si sarebbe trattato di promuovere o appoggiare «mobilitazioni di piazza» e di «condurre battaglie ideologiche». Guai a parlare di mobilitazione, piazza, battaglia… nel dizionario del segretario generale della Cei devono essere considerate parolacce, delle peggiori (tuttavia ci pare di ricordare che un certo Paolo di Tarso ha scritto: «Ho combattuto la buona battaglia»).
Il segretario generale è stato categorico: «La Chiesa intende fare e sta facendo la sua parte» contro l’indottrinamento. «Concretamente come, monsignor Galantino? Con giornate di sensibilizzazione, magari una lettera pastorale?» «Con la formazione culturale. Non in maniera ideologica, ma con la testa, in modo razionale». Perché «la semplificazione è veramente una brutta bestia. Alla fine finisce col far affrontare temi seri, gravidi di conseguenze, in maniera poveramente e disperatamente ideologica». Insomma, abbiamo capito: per reagire concretamente all’attivismo concretissimo dei fautori del gender bisogna far cultura, così da formare le coscienze. «Certo, monsignor Galantino, è vero che una coscienza ben formata è importante, ma perché lo sia ci vuole del tempo. Lei pensa di contrastare l’indottrinamento con i convegni culturali di settore? Lo sa quale grande impatto sull’opinione pubblica hanno tali convegni? C’è invece da affrontare un problema tanto urgente quanto importante, qui e subito!».
Niente da fare. Per monsignor Galantino c’è da perseguire la formazione culturale, per sua natura a lungo termine. Intanto i fautori dell’indottrinamento svolgono un’azione costante, capillare, invasiva. La nota lobby ha a disposizione i grandi mass-media, le trasmissioni faziose e i dibattiti televisivi squilibrati, certe sentenze della magistratura, l’Europa di Bruxelles e di Strasburgo, diverse Ong di malmeritata buona fama, una bella schiera di politici agguerriti che puntano a far approvare leggi liberticide e contro la famiglia, associazioni di genere che – con la complicità più o meno involontaria della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Istruzione – si infiltrano in ogni sorta di corsi scolastici, meglio se già dall’asilo. Tutto ciò, però, al di là delle dichiarazioni di principio, sembra non allarmare veramente il segretario generale della Cei. Che si rifugia nello stimolo al lavoro culturale, certo necessario ma di tempi biblici, ignorando de facto la volontà di agire subito espressa dal suo presidente e del Consiglio permanente. «Sappiate, genitori, che noi pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini», così aveva detto il cardinale Bagnasco. Ma non aveva fatto i conti con il suo segretario generale.
Secondo tema, quello del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili. Anche qui, il segretario generale della Cei ha fatto subito dichiarazioni di principio contro il testo, «una forzatura ideologica, (…) un tentativo, ancora una volta, di equiparare realtà che di fatto sono diverse tra loro» matrimonio e unioni tra persone dello stesso sesso. Richiesto di entrare un po’ più nei dettagli, ha risposto: «Ci sono alcuni particolari che non convincono». Quali particolari?, si chiede dalla sala. Nebbia fitta per il segretario generale. Confrontiamo tale dichiarazione con altre due sullo stesso argomento. Dapprima con un corsivo non firmato di Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana (26 marzo): «Era difficile concentrare in un solo testo di legge una sfilza così ampia di contraddizioni giuridiche e di incongruenze antropologiche come quelle raccolte dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà nel disegno di legge che la Commissione Giustizia di Palazzo Madama ha adottato come testo base sulle unioni civili». Ultima dichiarazione, quella di un’eurodeputata Pd della cosiddetta “ala cattolica” (vedi voti recenti in favore delle risoluzioni della nota lobby a Strasburgo, a firma Tarabella e Panzieri): «C’è l’esigenza di rivedere alcune ambiguità e forzature che finiscono col configurare non già delle unioni civili, ma condizioni che richiamano la disciplina matrimoniale».
Domanda facile facile: la dichiarazione del segretario generale della Cei è più vicina alla chiara presa di posizione di Avvenire o alla fumosa contorsione dell’ “ala cattolica” del Partito democratico, il cui segretario è anche presidente del Consiglio? Mica si tratterà, parlando terre à terre, soprattutto di non disturbare il manovratore e le associazioni cattoliche che ruotano nella sua galassia, poco inclini ad apprezzare chi testimonia pubblicamente in difesa della centralità della famiglia e contro l’ideologia gender? Conclusione: in tutta Italia cresce sensibilmente la volontà di semplici cittadini, genitori, docenti, associazioni in maggioranza, ma non necessariamente solo cattoliche (non le citiamo, perché correremmo il rischio di dimenticarne immeritatamente qualcuna) che vogliono impegnarsi contro il dilagare dell’imposizione dell’ideologia gender. Spesso gli incontri si fanno in sale parrocchiali, che si riempiono di persone assetate di informazione. Ci è capitato di assistere recentemente a una serata presso la parrocchia romana di sant’Ippolito a piazza Bologna: occupati tutti i 300 posti a sedere, si sono dovute aggiungere decine di sedie in fila contro le pareti della sala cinematografica.
Un mese e mezzo fa, sempre nella stessa parrocchia, un’altra serata con quasi trecento persone. Così capita anche in diverse parti d’Italia: è un vero patrimonio di speranza. Però nessuno si faccia troppe illusioni su un sostegno vero - che sarebbe organizzativamente preziosissimo - della Conferenza episcopale italiana in quanto tale (fortunatamente in alcune diocesi ci sono singoli vescovi coraggiosi). Il fatto è che nella Cei, a dispetto della volontà del suo presidente e del Consiglio permanente, qualcun altro – cui è demandato un ruolo organizzativo chiave - ha già alzato, de facto, bandiera bianca.
Scorrendo i titoli dei giornali dopo la recente conferenza-stampa al termine del Consiglio permanente, sembrerebbe che la Conferenza episcopale italiana sia decisa a contrastare seriamente la diffusione dell’ideologia del gender e i tentativi di istituire de facto un “matrimonio omosessuale” con tutte le conseguenze connesse in materia ad esempio di adozione. É certo questa l’intenzione – espressa con molta chiarezza e insistenza - del presidente e anche della maggioranza del Consiglio permanente, ma purtroppo non di qualcun altro che è in posizione-chiave. Abbiamo cercato di ragionare su quanto emerso durante la conferenza-stampa (alquanto vivace) di venerdì 27 marzo, convocata come di consueto al termine dei lavori del Consiglio permanente della Cei. E ne abbiamo tratto alcune riflessioni che si sperano stimolanti per chi ci legge.
Nell’ultimo “parlamentino” della Cei si sono affrontati, e non in misura marginale, due temi antropologici particolarmente attuali anche nella società italiana: la diffusione sempre più preoccupante dell’indottrinamento dell’ideologia del gender nella scuola pubblica statale e i contenuti del disegno di legge Cirinnà, riguardante de facto il riconoscimento del cosiddetto matrimonio gay e connessi (adozioni comprese), attualmente in esame presso la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica. Dai titoli di stampa, radio e Tv il segretario generale della Cei (che ha introdotto l’incontro e poi abbozzato delle risposte alle domande dei giornalisti) è parso scatenato contro l’indottrinamento gender. Diversi titoli suonavano così: “Galantino, teoria del gender: “La Chiesa farà la sua parte”; e nei resoconti trovavano ampio riscontro le dure dichiarazioni di principio – del resto non nuove sulla sua bocca (vedi quelle di fine gennaio sul ‘gender’ come “polpetta avvelenata”, al termine del precedente Consiglio permanente). In realtà le cose non stanno proprio così.
Andiamo con calma. Quali, secondo lo statuto della Cei (art. 31) i compiti del segretario generale? «Il Segretario generale
svolge le sue funzioni in tutte le attività della Conferenza, promuovendone lo sviluppo e il coordinamento secondo gli orientamenti dell’Assemblea generale, del Consiglio episcopale permanente e della Presidenza» (seguono diversi punti in dettaglio). Sulla pericolosità dell’indottrinamento dell’ideologia gender e sulla necessità di agire insiste da tempo, in particolare nelle sue prolusioni, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Qualche esempio. 15 febbraio 2014: «É in atto una strategia persecutoria, un attacco per destrutturare la persona e quindi destrutturare la società, mettendola in balia di chi è più forte e ha tutto l’interesse a che la gente sia smarrita». 24 marzo 2014: «Si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”? I genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? (…) I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga» 23 marzo 2015: «Una manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella governance mondiale che va oltre i governi eletti e che spesso rimanda ad organizzazioni non governative che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare. Vogliamo questo per i nostri bambini, ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? (…) Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. E’ necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini».
Nel comunicato-stampa sui lavori dell’ultimo Consiglio permanente (23-25 marzo) si legge, a proposito della parte “antropologica” qui sopra citata della prolusione del Presidente: «L’attenzione e la convinta adesione dei vescovi sono andate anche all’educazione, con l’avvertenza a contrastare l’ideologia del gender». La pericolosità dell’indottrinamento gender è denunciata – va ricordato - ormai frequentemente anche dalla Chiesa universale, con papa Francesco. Il quale il 16 gennaio 2015, durante l’Incontro di Manila con le famiglie, ha detto: «Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia (…) Come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica». E tre giorni dopo, nel volo di ritorno da Manila, ha rimandato all’indottrinamento perseguito dalle dittature del secolo scorso, ad esempio attraverso lo strumento della Gioventù hitleriana.
Ebbene, come intende reagire il segretario generale della Cei agli stimoli forti del cardinale presidente (suo superiore diretto) e del Consiglio permanente all’azione, con il Papa (il quale l'ha nominato) che non risparmia certo l’invito a resistere? Nell’introduzione della conferenza-stampa di venerdì, il predetto segretario generale ha solo citato di sfuggita, tra gli altri argomenti trattati nel Consiglio permanente, quello dell’ideologia gender, considerata inaccettabile. Sollecitato da noi già con la prima domanda a dire che cosa la Cei aveva e avrebbe fatto concretamente in materia, il Segretario ha subito puntualizzato – con evidente e già ben conosciuto fastidio per il movimentismo spontaneo della società civile – che non si sarebbe trattato di promuovere o appoggiare «mobilitazioni di piazza» e di «condurre battaglie ideologiche». Guai a parlare di mobilitazione, piazza, battaglia… nel dizionario del segretario generale della Cei devono essere considerate parolacce, delle peggiori (tuttavia ci pare di ricordare che un certo Paolo di Tarso ha scritto: «Ho combattuto la buona battaglia»).
Il segretario generale è stato categorico: «La Chiesa intende fare e sta facendo la sua parte» contro l’indottrinamento. «Concretamente come, monsignor Galantino? Con giornate di sensibilizzazione, magari una lettera pastorale?» «Con la formazione culturale. Non in maniera ideologica, ma con la testa, in modo razionale». Perché «la semplificazione è veramente una brutta bestia. Alla fine finisce col far affrontare temi seri, gravidi di conseguenze, in maniera poveramente e disperatamente ideologica». Insomma, abbiamo capito: per reagire concretamente all’attivismo concretissimo dei fautori del gender bisogna far cultura, così da formare le coscienze. «Certo, monsignor Galantino, è vero che una coscienza ben formata è importante, ma perché lo sia ci vuole del tempo. Lei pensa di contrastare l’indottrinamento con i convegni culturali di settore? Lo sa quale grande impatto sull’opinione pubblica hanno tali convegni? C’è invece da affrontare un problema tanto urgente quanto importante, qui e subito!».
Niente da fare. Per monsignor Galantino c’è da perseguire la formazione culturale, per sua natura a lungo termine. Intanto i fautori dell’indottrinamento svolgono un’azione costante, capillare, invasiva. La nota lobby ha a disposizione i grandi mass-media, le trasmissioni faziose e i dibattiti televisivi squilibrati, certe sentenze della magistratura, l’Europa di Bruxelles e di Strasburgo, diverse Ong di malmeritata buona fama, una bella schiera di politici agguerriti che puntano a far approvare leggi liberticide e contro la famiglia, associazioni di genere che – con la complicità più o meno involontaria della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Istruzione – si infiltrano in ogni sorta di corsi scolastici, meglio se già dall’asilo. Tutto ciò, però, al di là delle dichiarazioni di principio, sembra non allarmare veramente il segretario generale della Cei. Che si rifugia nello stimolo al lavoro culturale, certo necessario ma di tempi biblici, ignorando de facto la volontà di agire subito espressa dal suo presidente e del Consiglio permanente. «Sappiate, genitori, che noi pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini», così aveva detto il cardinale Bagnasco. Ma non aveva fatto i conti con il suo segretario generale.
Secondo tema, quello del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili. Anche qui, il segretario generale della Cei ha fatto subito dichiarazioni di principio contro il testo, «una forzatura ideologica, (…) un tentativo, ancora una volta, di equiparare realtà che di fatto sono diverse tra loro» matrimonio e unioni tra persone dello stesso sesso. Richiesto di entrare un po’ più nei dettagli, ha risposto: «Ci sono alcuni particolari che non convincono». Quali particolari?, si chiede dalla sala. Nebbia fitta per il segretario generale. Confrontiamo tale dichiarazione con altre due sullo stesso argomento. Dapprima con un corsivo non firmato di Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana (26 marzo): «Era difficile concentrare in un solo testo di legge una sfilza così ampia di contraddizioni giuridiche e di incongruenze antropologiche come quelle raccolte dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà nel disegno di legge che la Commissione Giustizia di Palazzo Madama ha adottato come testo base sulle unioni civili». Ultima dichiarazione, quella di un’eurodeputata Pd della cosiddetta “ala cattolica” (vedi voti recenti in favore delle risoluzioni della nota lobby a Strasburgo, a firma Tarabella e Panzieri): «C’è l’esigenza di rivedere alcune ambiguità e forzature che finiscono col configurare non già delle unioni civili, ma condizioni che richiamano la disciplina matrimoniale».
Domanda facile facile: la dichiarazione del segretario generale della Cei è più vicina alla chiara presa di posizione di Avvenire o alla fumosa contorsione dell’ “ala cattolica” del Partito democratico, il cui segretario è anche presidente del Consiglio? Mica si tratterà, parlando terre à terre, soprattutto di non disturbare il manovratore e le associazioni cattoliche che ruotano nella sua galassia, poco inclini ad apprezzare chi testimonia pubblicamente in difesa della centralità della famiglia e contro l’ideologia gender? Conclusione: in tutta Italia cresce sensibilmente la volontà di semplici cittadini, genitori, docenti, associazioni in maggioranza, ma non necessariamente solo cattoliche (non le citiamo, perché correremmo il rischio di dimenticarne immeritatamente qualcuna) che vogliono impegnarsi contro il dilagare dell’imposizione dell’ideologia gender. Spesso gli incontri si fanno in sale parrocchiali, che si riempiono di persone assetate di informazione. Ci è capitato di assistere recentemente a una serata presso la parrocchia romana di sant’Ippolito a piazza Bologna: occupati tutti i 300 posti a sedere, si sono dovute aggiungere decine di sedie in fila contro le pareti della sala cinematografica.
Un mese e mezzo fa, sempre nella stessa parrocchia, un’altra serata con quasi trecento persone. Così capita anche in diverse parti d’Italia: è un vero patrimonio di speranza. Però nessuno si faccia troppe illusioni su un sostegno vero - che sarebbe organizzativamente preziosissimo - della Conferenza episcopale italiana in quanto tale (fortunatamente in alcune diocesi ci sono singoli vescovi coraggiosi). Il fatto è che nella Cei, a dispetto della volontà del suo presidente e del Consiglio permanente, qualcun altro – cui è demandato un ruolo organizzativo chiave - ha già alzato, de facto, bandiera bianca.
Nessun commento:
Posta un commento