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martedì 28 aprile 2015

La nuova Resistenza si chiama difesa della famiglia

25-04-2015
Sentinelle sotto scorta a BolognaCaro direttore, 
condivido con Lei e con la Nuova Bussola i fatti e le impressioni a caldo della testimonianza di piazza che ho vissuto domenica a Bologna con le Sentinelle In Piedi.
La veglia è quasi conclusa quando mi si avvicina un ufficiale delle forze dell’ordine in borghese, mi indica di lasciare la piazza tramite una via laterale in cui verremo scortati. Ci dicono che ci faranno defluire a piccoli gruppi per motivi di sicurezza, e ci viene consigliato di nascondere il libro perché non si veda, una volta in strada, che siamo stati a vegliare con le Sentinelle In Piedi. “Ma come?” – chiedo spontaneamente – “mi devo vergognare come fossi un ladro?”, subito giunge la risposta: “Qui non è questione di vergogna ma di preservare l’incolumità di chi ha vegliato”.
Obbedisco, ma resto allibita e profondamente toccata. Il dispiegamento di forze dell’ordine è davvero imponente, ma comprensibile dopo quello che è accaduto lo scorso 5 ottobre, non so se siano davvero 100 gli uomini impegnati, come sento dire, non so se siano davvero 800 i contestatori che hanno urlato insulti contro di noi per tutta la veglia, e che non hanno permesso a molti di noi di entrare, non li vedo e non posso contarli. Però sento le loro volgarità, le meschinità che ripetono rabbiosi di fronte a quello che per loro deve essere un insospettabile silenzio.
Provo amarezza, perché quegli slogan sviliscono per primi loro stessi, e anche rabbia, nei confronti di chi non capisce l’attacco frontale che stiamo subendo. Non so se i nostri contestatori siano militanti dei centri sociali, anarchici, o solo ragazzini strumentalizzati dalle lobby Lgbt. Quello che so è che ho toccato con mano quanto la dittatura del pensiero unico prenda forma giorno dopo giorno sotto i nostri occhi e ai danni delle nostre vite: il ddl Scalfarotto è ancora fermo al Senato, eppure non serve che venga approvato perché già oggi, in Italia, non è più possibile affermare pubblicamente liberamente che ciascuno di noi ha un progetto iscritto nella propria natura che ci vuole maschi e femmine, e che la famiglia è fondata sull'unione stabile e fedele tra un uomo e una donna, e che i bambini hanno diritto a una mamma e un papà.
Èpossibile farlo al chiuso delle nostre case, di qualche salone o sala congressi, in oratorio, ma comunque chiuso, nel privato, perché se lo facciamo in piazza, prendendoci uno spazio pubblico, testimoniando davanti a tutti, occorre che le forze dell’ordine ci difendano dalle aggressioni.
Ora io mi chiedo, direttore, con le parole usate dal portavoce ieri: “Di fronte a tutto questo, davvero vogliamo stare a guardare? C'è ancora qualcuno disposto a battersi per la verità e il bene comune? Qualcuno disposto a rischiare, a metterci la faccia per sottrarsi alla menzogna?”. O, aggiungo io, vogliamo tornare nelle catacombe? C’è ancora qualcuno che ha a cuore la libertà d’espressione, che cerca la verità, c’è ancora qualcuno che non è disposto a veder violentata la democrazia? Se sì, è questo il momento di farsi vedere e sentire, pubblicamente.
Lucia Minelli

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