Si sa che nelle varie realtà della Chiesa italiana la questione “gender” è intesa e vissuta in modo diverso. In caso contrario tutte le diocesi e tutti i movimenti ed associazioni avrebbero aderito alla manifestazione del 20 giugno in piazza San Giovanni e tutti sosterrebbero le Sentinelle in Piedi, mentre invece ci sono molti parroci e diocesi che se ne dissociano e le vedono come il fumo negli occhi.
In molti ambienti cattolici la questione del “gender” non ha diritto di accesso, perché si teme possa dividere. Tutto questo è noto e non stupisce. Quello che continua a stupire è piuttosto che l’esistenza del problema sia misconosciuto, minimizzato o addirittura negato. Che gli allarmi vengano considerati allarmismo. Che le preoccupazioni di genitori, insegnanti e cittadini siano eccessi e che la loro mobilitazione non sia rispettosa.
È quanto mi sembra che emerga da una nota dell’Ufficio scuola della diocesi di Padova, diramata il 18 agosto scorso (clicca qui). In alcune parrocchie si sono fatte delle serate sul gender e all’Ufficio scuola sono giunte richieste di chiarimento da parte di vari fedeli. Per questo motivo, l’Ufficio scuola ha diramato la nota suddetta che dice tre cose: a) il gender non è
un’ideologia ma un insieme di teorie anche diverse tra loro di cui non è corretto fare ogni erba un fascio, non è il nemico da combattere ma un interlocutore con cui dialogare e discernere, informandosi correttamente e formandosi alla logica di Cristo; b) l’articolo 16 della legge sulla buona scuola non ha niente a che fare col gender e quindi è pretestuoso contestare su queste basi la legge stessa raccogliendo firme per la sua abrogazione; c) il ministro Giannini ha emanato delle circolari che possono rassicurare i genitori. Infine, la nota diffida dall'organizzare incontri senza avere informato il Vescovo e, per quanto riguarda le tematiche connesse con l’educazione, l’Ufficio Scuola.
Dopo questa nota sarà molto difficile che un parroco si azzardi ad organizzare una serata sul gender o, se lo farà, dovrà organizzarla in modo equilibrato, stando bene attento che tra i relatori ci sia anche chi difende questa ideologia. I fedeli padovani che sono stati alla manifestazione di Roma penseranno di aver fatto qualcosa di sbagliato. Chi ha partecipato alle veglie delle Sentinelle in Piedi si sentirà sconfessato. Quanti si aspettano dalla diocesi un indirizzo si sentiranno delusi perché l’unico invito trasmesso dalla nota è quello di dialogare.
A leggere la prima parte della nota, sembra che per l’Ufficio scuola della diocesi di Padova l’ideologia gender sia un’invenzione. Esisterebbero solo varie teorie in discussione su libri e su riviste di cui la stessa nota fa qualche esempio. Però Papa Francesco dice che esiste. Però Benedetto XVI ha detto che esiste. Ambedue hanno messo bene in guardia e ne hanno indicato l’estrema pericolosità. L’Ufficio scuola di altre diocesi ha licenziato documenti sul gender in cui si evidenziano i pericoli e si indicano le vie per contrastarlo. Sono stati tutti vittime di allucinazione?
L’Ufficio scuola della diocesi di Padova sa che dal 1994 l’ideologia del gender viene portata avanti sistematicamente da tutti gli organismi internazionali? E che per i prossimi 30 anni sarà collegata agli Obiettivi del Millennio, ossia equiparata ai diritti umani? Che è finanziata dalle grandi fondazioni americane? Ha mai letto gli studi di Marguerite Peeters? Oppure le Linee guida dell’OMS-Europa, o quelle del Ministero italiano per le pari opportunità? Sa che ci sono case editrici che stampano solo libretti gender? Che le biblioteche dei comuni ne sono piene? Che nei corsi di educazione sessuale si insegna cosa è un “pompino” e si fanno vedere filmati di omosessualità?
Eppure, per l’Ufficio scuola della diocesi di Padova il gender è solo un insieme di teorie da discutere. Così i cattolici altro non devono fare che organizzare convegni. C’è il livello della discussione delle teorie – come fanno giustamente le riviste specializzate – ma c’è anche il livello della protesta o della mobilitazione contro qualcosa di sbagliato. Stupisce la frase della nota: “bisogna confrontarsi con chi propugna modelli interpretativi dell'umano diversi da quelli che il Vangelo propone”. Ad un convegno accademico va bene, ma se nella scuola di mio figlio di undici anni gli insegnano l’uso del preservativo devo forse aprire una discussione? E con chi e su cosa mi devo confrontare?
Lasciando da parte l’argomento molto complicato del comma 16 articolo 1 della “buona scuola”, non si capisce da dove nasca la grande fiducia dell’Ufficio scuola della Diocesi di Padova nei confronti delle circolari del ministro Giannini. Le norme che il ministro ha ribadito nella famosa circolare diramata dopo l’approvazione della legge sulla “buona scuola”, erano già vigenti prima. Ma questo non ha impedito a innumerevoli dirigenti scolastici, insegnanti e cooperative Lgbt che hanno in essere convenzioni su progetti di educazione sessuale, di non tenerne conto e di fare di nascosto dei genitori.
Il centro della nota padovana è in ogni caso il seguente passaggio: “La questione del gender non può essere ridotta alla ideologia gender. La prima porta in sé alcune istanze che meritano di essere seriamente considerate”. Forse bisognava scrivere: la questione dell’identità sessuale maschile e femminile non può essere ridotta all’ideologia gender, e saremmo stati d’accordo. Ma la parola gender ormai non significa più quello che significava quarant’anni fa, al tempo degli “studi di genere”. Allora essa era sinonimo di sesso, di identità sessuale naturale maschile e femminile, ora non più. La nota cita l’articolo della Giaccardi su “Avvenire” del 31 luglio scorso: una apertura inaccettabile al gender che trascura cosa esso sia oggi (qui e qui gli articoli de La Nuova BQ al proposito).
Alla fine, cosa rimane impresso di una nota come questa dell’Ufficio scuola della diocesi di Padova? Che chi si è mobilitato contro il gender ha sbagliato, che non c’è da allarmarsi, che il ministro Giannini sorveglia adeguatamente, che bisogna dialogare e confrontarsi e che il gender è solo una serie di teorie da discutere. In pratica, la nota apre al gender. Complimenti.
In molti ambienti cattolici la questione del “gender” non ha diritto di accesso, perché si teme possa dividere. Tutto questo è noto e non stupisce. Quello che continua a stupire è piuttosto che l’esistenza del problema sia misconosciuto, minimizzato o addirittura negato. Che gli allarmi vengano considerati allarmismo. Che le preoccupazioni di genitori, insegnanti e cittadini siano eccessi e che la loro mobilitazione non sia rispettosa.
È quanto mi sembra che emerga da una nota dell’Ufficio scuola della diocesi di Padova, diramata il 18 agosto scorso (clicca qui). In alcune parrocchie si sono fatte delle serate sul gender e all’Ufficio scuola sono giunte richieste di chiarimento da parte di vari fedeli. Per questo motivo, l’Ufficio scuola ha diramato la nota suddetta che dice tre cose: a) il gender non è
un’ideologia ma un insieme di teorie anche diverse tra loro di cui non è corretto fare ogni erba un fascio, non è il nemico da combattere ma un interlocutore con cui dialogare e discernere, informandosi correttamente e formandosi alla logica di Cristo; b) l’articolo 16 della legge sulla buona scuola non ha niente a che fare col gender e quindi è pretestuoso contestare su queste basi la legge stessa raccogliendo firme per la sua abrogazione; c) il ministro Giannini ha emanato delle circolari che possono rassicurare i genitori. Infine, la nota diffida dall'organizzare incontri senza avere informato il Vescovo e, per quanto riguarda le tematiche connesse con l’educazione, l’Ufficio Scuola.
Dopo questa nota sarà molto difficile che un parroco si azzardi ad organizzare una serata sul gender o, se lo farà, dovrà organizzarla in modo equilibrato, stando bene attento che tra i relatori ci sia anche chi difende questa ideologia. I fedeli padovani che sono stati alla manifestazione di Roma penseranno di aver fatto qualcosa di sbagliato. Chi ha partecipato alle veglie delle Sentinelle in Piedi si sentirà sconfessato. Quanti si aspettano dalla diocesi un indirizzo si sentiranno delusi perché l’unico invito trasmesso dalla nota è quello di dialogare.
A leggere la prima parte della nota, sembra che per l’Ufficio scuola della diocesi di Padova l’ideologia gender sia un’invenzione. Esisterebbero solo varie teorie in discussione su libri e su riviste di cui la stessa nota fa qualche esempio. Però Papa Francesco dice che esiste. Però Benedetto XVI ha detto che esiste. Ambedue hanno messo bene in guardia e ne hanno indicato l’estrema pericolosità. L’Ufficio scuola di altre diocesi ha licenziato documenti sul gender in cui si evidenziano i pericoli e si indicano le vie per contrastarlo. Sono stati tutti vittime di allucinazione?
L’Ufficio scuola della diocesi di Padova sa che dal 1994 l’ideologia del gender viene portata avanti sistematicamente da tutti gli organismi internazionali? E che per i prossimi 30 anni sarà collegata agli Obiettivi del Millennio, ossia equiparata ai diritti umani? Che è finanziata dalle grandi fondazioni americane? Ha mai letto gli studi di Marguerite Peeters? Oppure le Linee guida dell’OMS-Europa, o quelle del Ministero italiano per le pari opportunità? Sa che ci sono case editrici che stampano solo libretti gender? Che le biblioteche dei comuni ne sono piene? Che nei corsi di educazione sessuale si insegna cosa è un “pompino” e si fanno vedere filmati di omosessualità?
Eppure, per l’Ufficio scuola della diocesi di Padova il gender è solo un insieme di teorie da discutere. Così i cattolici altro non devono fare che organizzare convegni. C’è il livello della discussione delle teorie – come fanno giustamente le riviste specializzate – ma c’è anche il livello della protesta o della mobilitazione contro qualcosa di sbagliato. Stupisce la frase della nota: “bisogna confrontarsi con chi propugna modelli interpretativi dell'umano diversi da quelli che il Vangelo propone”. Ad un convegno accademico va bene, ma se nella scuola di mio figlio di undici anni gli insegnano l’uso del preservativo devo forse aprire una discussione? E con chi e su cosa mi devo confrontare?
Lasciando da parte l’argomento molto complicato del comma 16 articolo 1 della “buona scuola”, non si capisce da dove nasca la grande fiducia dell’Ufficio scuola della Diocesi di Padova nei confronti delle circolari del ministro Giannini. Le norme che il ministro ha ribadito nella famosa circolare diramata dopo l’approvazione della legge sulla “buona scuola”, erano già vigenti prima. Ma questo non ha impedito a innumerevoli dirigenti scolastici, insegnanti e cooperative Lgbt che hanno in essere convenzioni su progetti di educazione sessuale, di non tenerne conto e di fare di nascosto dei genitori.
Il centro della nota padovana è in ogni caso il seguente passaggio: “La questione del gender non può essere ridotta alla ideologia gender. La prima porta in sé alcune istanze che meritano di essere seriamente considerate”. Forse bisognava scrivere: la questione dell’identità sessuale maschile e femminile non può essere ridotta all’ideologia gender, e saremmo stati d’accordo. Ma la parola gender ormai non significa più quello che significava quarant’anni fa, al tempo degli “studi di genere”. Allora essa era sinonimo di sesso, di identità sessuale naturale maschile e femminile, ora non più. La nota cita l’articolo della Giaccardi su “Avvenire” del 31 luglio scorso: una apertura inaccettabile al gender che trascura cosa esso sia oggi (qui e qui gli articoli de La Nuova BQ al proposito).
Alla fine, cosa rimane impresso di una nota come questa dell’Ufficio scuola della diocesi di Padova? Che chi si è mobilitato contro il gender ha sbagliato, che non c’è da allarmarsi, che il ministro Giannini sorveglia adeguatamente, che bisogna dialogare e confrontarsi e che il gender è solo una serie di teorie da discutere. In pratica, la nota apre al gender. Complimenti.
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