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martedì 25 agosto 2015

Le hanno tolto Dio, la famiglia e le hanno regalato la «libertà». In morte di Ilaria Boemi

Le hanno tolto Dio, la famiglia e le hanno regalato la «libertà». In morte di Ilaria BoemiHa riempito il suo profilo Facebook di proprie foto, la bambina morta a Messina sulla spiaggia. Primi piani dei suoi piercing, la perlina infitta sulla lingua, delle sue pettinature: a cresta, a rasatura alta… tutti per convincersi di esistere, povera sciocca bambina.

“Guardatemi, sono qui, sono interessante! Sono dark!”. No poverina, a nessuno interessavi. Le foto che hai postato sono tutti “selfie”, perché chi volevi ti fotografasse, né bella né brutta com'eri? Troppo palesemente fuori posto, ancora bambina, in quel travestimento da dura, con gli occhi infantili che non riuscivano a nascondere lo spavento di essere abbandonata in questo mondo. Eri standard, eri una dei tanti, delle nullità da discoteca. Non hai interessato nemmeno i tuoi “amici” dark, che appena sei caduta in spiaggia se ne sono scappati, e per tre giorni non hanno detto nulla, tremanti come vermi – vermi quali sono, quali sono stati educati a divenire: sballo, egoismo, narcisismo, sensualismo, trasgressione, in una parola, “Libertà”.

Eri una di quelle piccole schiave di queste “Libertà” che ti hanno insegnato i sistemi di persuasione
mediatica. La libertà di fare sesso ancor prima di poter provare piacere, perché lo fanno tutte e così si deve fare altrimenti “Il gruppo ti esclude”. La libertà di stare nel gruppo – che è il branco schiavizzatore per eccellenza, luogo in cui le piccole, insignificanti sprovvedute come te, povero topino grigio, sono schiacciate e dominate da esseri ignobili della vostra stessa età, è la catena dove si esercitano le più insopportabili, umilianti angherie… e voi le accettate, ragazzine “liberate”, fate i pompini, prendete la droga, fate tutto quello che vi dice il bulletto o la gang dei farabuttelli senza onore, perché altrimenti “vi escludono”; e voi non sapete dove andare. Non avete risorse, né mentali, né morali, per sopportare la solitudine.
Gridate aiuto: ma – disgraziate ignare nullità – su Facebook, inferno di derisioni ed insulti, un luogo di giudizi spietati che feriscono e uccidono, dove centinaia di migliaia di insignificanti topini come te si propongono come “interessanti” perché “amo Lady Gaga  Solar Sonika, Fabri Fibra, Rancore & dj Myke.”  Passioni insignificanti per finzioni insignificanti.

Bisognava che qualcuno ti guidasse. Qualcuno ti disciplinasse, sapesse darti una direzione, un orgoglio di non buttarsi via perché papà e mamma ti amano, sei importante per loro; che ti vietasse quelle che un tempo i genitori chiamavano “le cattive compagnie”. Prendendosi magari i tuoi urli, le tue ribellioni, le tue insopportabili scenate di sprovveduta che è piena di paura di vivere. Un mestiere da genitori.

A proposito, dove erano i tuoi genitori? Per tre giorni, i giornali non hanno detto nulla. la polizia trova un corpicino sulla spiaggia, un corpicino di nessuno – un piccione morto, un topino grigio – e non riesce subito a sapere chi è. Ci mette qualche giorno, la polizia, a risalire agli amici scappati, che s’erano rintanati in casa senza dire nulla in famiglia. Risalgono alla spacciatrice dalle descrizioni dei dark, duri ormai ridotti a topastri tremanti, che spifferano ed accusano subito: “Noi? No. La droga l’ha passata una coi ricci viola…”. Una che i genitori avevano denunciato per droga, che avevano cacciato di casa.

Ma i tuoi genitori, topino, dove sono? Ti hanno cercata? Erano in angoscia per te? Leggo dai giornali che i tuoi negano di aver avuto verso di te incomprensioni o scontri – per forza, ti hanno lasciato fare tutto quello che volevi – e come “prova” del clima disteso, “uno dei tre fratelli nati dalle precedenti convivenze del padre, mostra il motorino appena regalato alla ragazza”.

Ah ecco. Il “padre” ha avuto “precedenti convivenze”, più d’una. E sicuramente le “madri”, plurime, hanno avuto anch’esse le “loro esperienze”. Hanno bevuto a grandi sorsi la libertà magnificata dai media e raccomandata dalla pubblicità. A Messina, nelle periferie orribili del sottoproletariato inutile, di quelli che un tempo si chiamavano “poveri” o umili non si fanno mancare la libertà sessuale, la trasgressione… si sono emancipati anche loro.

Insomma hanno perduto Dio, il Dio a cui credevano bene o male i nonni; ed hanno perduto tutto.

Come tutto il popolo italiano, che rigettato Dio, non è più nulla e sta affondando nel nulla del suo degrado. Ma in quei quartieri, in quel Meridione, è peggio: perché non avevano altro che sperare in Dio. E adesso, sperano nella libertà sessuale.

Sono diventati schiavi, anche loro, della libertà.

Certo papà e mamme non potevano insegnarti niente, povero topino. Né imporsi a darti una disciplina che loro mai hanno saputo cosa fosse, né ingiungerti di non frequentare cattive compagnie, ché loro non fanno che frequentarle. Ti avevano regalato il motorino, cosa volevi di più. Così andavi in giro e non rompevi, ché loro dovevano “vivere la loro vita”.

Ti hanno lasciato cambiare scuola due volte, il fatto che tu ti entusiasmassi e poi deludessi di ogni “scoperta” non li ha potuti indursi a pestare il pugno sul tavolo a cena (quale cena, poi? Coi tre fratelli nati da precedenti convivenze?) Ti lasciavano tutta la tua libertà, che era come la loro: vuota, portante al nulla, al callo sull’anima per non sentire l’insensatezza di tutto ciò. Tu per un attimo – non avevi ancora il callo – nei hai avuto il sentore: che tutto fosse sbagliato. Il giorno 21 aprile, sul tuo profilo Facebook, hai scritto: «Il buio è più denso ed io non riesco a trovarci un senso».

Infatti avevi ragione, povero topo morto sulla spiaggia. Non ha un senso una vita così. Ci voleva qualcuno – qualcuno che tu amassi, che stimassi abbastanza da sopportarne le prediche, e anche i divieti – che ti parlasse del senso della vita. Della purezza di cui avevi sete senza saperlo, del non darsi, del non buttarsi via con le cattive compagnie; che ti aiutasse a tenere la barra della vita. Il senso della vita, a sedici anni, con l’età mentale e l’aspetto di tredicenne, non si trova da soli. Si è ancora troppo insignificanti, ancora senza alcuna esperienza di vita (se non quelle già spaventose che ti hanno fatto fare). Ti hanno lasciata libera, col motorino.

Così, sei morta. Uno straccetto sporco e bagnato dalla risacca, un piccione con le piume inzuppate e arruffate. Difficile saperne il nome, persino. Chi eri?

Un nessuno. Nessuno ti amava, ti cercava, ti impediva di farti male. Una piccola vita ancora insignificante.

Sei morta di libertà.

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